Pattuglia - anno I - n. 11-12 - set.-ott. 1942

PERIFERIAESOTICA Epiro, Agoslo - C'è - sul principiare della città, dove disparate capanne si allineano in un budello polveroso, dove, all'ombra degli ultimi platani, si accosciano a terra i mulattieri presso le bestie cariche e assenti - c'è una casupola a sol9 terreno con un orticello a fianco, alberato di magre piante nane. Fra gli alberi, tavolini di ferr-0 male in gambe, qualche sedia spagliata: E al centro di tutto, nella spalancata bocca di una finestra, la enorme tromba rossa a fiorellini bianchi di fantasia, d'un grammofono dell'altro dopoguerra. A qualsiasi ora ci passi davanti, da quella gola instancabile escono cadenze esotiche, musiche d'una languorosità volgare che s'appiccica ai passi per cadenzarne il ritmo, s'invischia ai pensieri per farli brulicare di de- . sidcri che consideravi éuperati e dispersi. I Anche quando il sole pieno sbatte nel mezzogiorno i ragazzini sformati dalla fame contro le siepi sporche di ogni rifiuto del viottolo e butta i gendarmi della dogana di traverso su una panca ciondolona, passa gente per quel budello che è un() degli accessi principali alla città, e da quella bocca laida, sbadigliante senza il pudore d'una mano o d'una tendina, escono quelle musiche altalenanti, piene di brividi, di motivi in sordina, luccicanti, le diresti, di qualche nota luminosa fra una pioggia di note informi, come se brillassero monetine d'argento in una gran cascata di soldoni di rame. Sono quelle note isolate che penetrano, cbe aderiscono fino ad ossessionare. Ti sembra prima che ti portino a. lontani paesi dello spazio e invece ti conducono a remoti paesi dello spirito che la civiltà nostra considera spopolati, sennò non costruirebbe dei codici. Sono invece. i IJ)aesi dei sogni anarchici, nei cui trivi, nelle cui bettole si sbornia di alcole e di fantasmi una folla di nostri simili. La gente non vede l'ora di aver finito di andar su e giù per il budello soffocato nel polverio minuto delle inutili e slracche occupazioni del giorno per sedersi su quelle sedie senza fondo, da cui pendono colle ultime paglie le carni flaccide, o per assieparsi sul limitare di ferro spinato, allargando gli occhi, stringendo a pugno le mani e disegnando sor, risi allucinati nel contorno delle labbra esangui. Organetti di Barberia, carillon, pianole, suonatori all'angolo di una via in un primo porne-. riggio di luglio, mendicanti ciechi con un violino flebile, armoniche roche in certe feste campestri, ciò che è il guardaroba degli oggetti smessi 'della musica, il cesto dei rifiuti delle melodie, l'ultima eco involgarita dei motivetti dj moda che fecero, nascendo, palpitare qualche r-omantico cuore in un parco e scadono a rumoroso contorno dei vocii della strada, delle risse della bettola, delle strida di femmine sguaiate: c'è tutto questo in quella hocca sempre aperta in cui i fiorellini bianchi sul rosso sangue bue del fondo sono come i ricciolini appiccicati su una fronte viziosa spalmata di grassi. Gli adolescenti si fermano al limite del ferro spinato perchè debbono vedere. Debbono impa• rare a vivere. Davanti c'è la bambinaglia senza mutande, con lerci grembiali e bocche che sono rimaste storpiate dal pianto; dietro, loro, gli adolescenti dalle lunghe gambe magre che non stan dentro ai tubi dei calzoni di rigatina - restano a mezzo del polpaccio. quei calzoni frangiati; dietro, loro, le adolescenti dal piccolo petto che punge la camicetta - è stinta dal sole e prov.iene da chissà quale pellegrinaggio dalle case agiate, la camicetta. Hanno, le adolescenti, i capelli unti e del gran rosso sui pomefli. Seduti; fra gli alberi, ci stanno gli anziani che possono, i giovanotti che sperano di potere; ordinano del sidro e si scaldano con quello, come si scalderebbero oon un bicchier d'acqua, tanta é stata la vampa del sole nel giorno, tanto gli fumano dentro vecchie storie d'ardori e di violenze cupe, tanto può quella nenia galeotta in cui sventolano tri: ne, roteano piume, lampeggiano occhi. Gli occhi dei seduti insistono dietro le venustà femminili che passeggiano da un uscio a un altro .dirimpetto, nella polvere rossa della sera S'Ospesa a mezz'aria. Sono prosp'ere, han fianchi fermi, busto in mostra. Si fermano sulle soglie delle case , e si girano. Sanno d'essere al centro della festa,. d'essere la golosità degli uomini seduti, più di quel sidro acido, il motivo che quella nenia svolge e commenta. Gli sguardi insistono, qualche grido fischia nell'aria - non comprendi il senso d'altra lingua e di gergo, ma senti il suono che è quello dappertutto. Arriva· altro sidro, un'orgia di sidro. E il cameriere dai lunghi capelli rivoluzionari, senza giacca e le maniche della camicia abbondanti, tenta ora qualche passo di danza che non se vista mai. È un altro mondo, un mondo in cui sentiamo di essere stati nelle remote esperienze della nostra anima, forse in sogno, forse coi nostri vecchi più lontani. Ma ci umilia dover pensare di esserci stati. Si vorrebbe pensare solo alle trattoriole serene dei nostri suburbi, fra le frasche delle viti in un pomeriggio di domenica, a una ,pensilina sotto i rampicanti e gli ombrelloni multicolori con la ragazza ·che guarda i suoi sogni nelle volute dell'acqua ai suoi piedi - e senti il braccio che trema e lei· dice di no. Pensi a campagne vaste dei tuoi paesi, limrtate da un profilo di colli al pùnto giusto dove comincerebbero ad essere troppo vaste. E il sole rosso del tramonto finisce di cuocere i ~attoni d'un lungo oompanile sicuro di sé contro il cielo di perla. Passano i soldati che vanno in libera uscita, dall'accampamento vicino. Vanno a coppie,. col moschetto penzoloni dalla spalla: Fondazione Ruffilli - Forlì il sole li ha sferzati nel giorno e troppe oose gl'ingombrano il cuore, bruciano gli occhi. Pare che stentino a trovare il passo fra quella gente, fra maschi e femmine e adolescenti ·che imparano. Esitano un po'; poi riprendono a testa alta il cammino perché sanno che non debbono fermarsi, come se ciascuno fosse la ronda dell'altro, •che aiuta a t~ova1-e la strada. Si vuole pensare però che ai soldati anche stassera sia arrivata ila posta dal paese, la lettera della madre o quella cartolina lucida che dice senza perifrasi: amore; che non dolga loro troppo 'togliersi dal mezzo di quel mondo, il mondo primordiale che brulica nel cuore di tutti. Il sole calante getta ombre trasversali sulla folla, sui seduti eh': guardano e assaporano in anticipo g101e che stringono le pu• pille, sui giovani in piedi che incupiscono nell'angustia dell'attesa di una tal festa, sulle venusta che passano in mostra. Ombre trasversali che fanno ammattire la logica, gente aggrottata in un istinto cagnesco, e musica, molta musica, di questa, come nei film di Duvivier. Non mi stupirei se una di queste sere qualcuno, tornando all'accampamento, dicesse che c'è scappato il morto. Magari quella bruna dall'andatura pesante, ma alta di spalle, coi capelli raccolti nella reticella su cui passano e ripassano tre coppie d'occhi. Gli adolescenti imparerebbero anche questo e il grammofono continuerebbe a suonare ]e nenie che vengono dai margini del deserto. A. U. Memoria di WALTDEIR AN P. 1.'tl. XX,\'. AK0.i11, 194:l•XX Ancora una volta ho qui una tua lettera, mio caro War, che mi richiama al doloroso dovere di ricordare ai lettori uno dei nostri che ci ha lascialo, che ha avuto dal destino la sorte di essere coerente a se stesso fino all'ultimo, sorte che non sta a noi di invidiorgli nè di deprecargli. Certo è che Dio sa quello che fa ,e adesso la loro vita risulta ai nostri occhi non troncata, ma compiula; poichè una vita non è uno spazio settantennale di tempo ma qualcos.a che ci permette di raggiungere la rivelazioue dell'assoluto. Ed essi hanno avuto questa rivelazione quando il corpo s'abbandonava stanco nella morte e. lo spirito cominciava a vivere allora. Quesla volta è /)frani che si aggiunge a Montanari e a Bolognesi per dire solo degli intimi della nostra cerchia di amici e di collaboratori. Soltanto adesso che il cerchio magico della nostra adolescenza si dissolve perchè la guerra lo percuote, ci accorgiamo di quello cl,e esso significa per un periodo forse breve ma così intenso della nostra vita. P. stato un episodio di quelli che non si ripetono e che è dato di vivere solo ml ,un certo momento della vita, soltanto quando si è del tulio giovani e le speranze la vincono di gran lunga sulle delusioni, gli entusiasmi sulla fredda prudenza. Per un momento siamo stati un cuore solo; non c'era un capo, una gerarchia rispettata, eppure sapevamo riconoscere a ciascuno il suò, pure in une, estrema franchezza reciproca - sorge,,a qualche - screzio alle volte - eravamo intimamente ammirati, più che di quello che ciascuno faceva, di ciò che lo spingeva a fareJ di quella maturazione che stava avvenettdo e che annunciava i frutti di poi. Ognuno col suo carattere, ognuno con la sua genialità; ognuno si avvia. va ad una diversa strada; che non eravamo nè un cenacolo artistico, nè un gruppo puramente politico. Era una cerchia di amici che si era venuta formando nei contatti tra i Guf e si era legati da un comune amore per ta ver,ità, per le cose giuste, da un grande entusiasmo. e da una fede cieca. Sentivamo cM il vecchio corpo italiano cominciava a fremere e volevamo che il rigoglio lasse completo, che nessun povero di cuore o di spirito potesse fermarlo a mezza strada. Cosl fra di noi c'erano i letterati, gli appassionati del teatro, come ci furono gli studiosi dei problemi sociali e gli org~izz.a• tori, gli appassionati flel lavoro concreto. Dirani era dt' questi ultimi, Il Guf di Ravenna non potrà dimenticarlo nel su.o molto lavoro per la stampa, per il cinema per la propaganda. Era w, dinamico, come diciamo volentieri noi. E mi fiiace di ricordare ora una lunga chiachierata fatta una sera a Roma - alcuni anni fa - passeg• giando lungo via Nazionale in aUesa che aprissero l' Eliseo dove andavamo a concludere una giornata di intenso lavoro fatto con Gatto alla Segreteria dei Guf. Mi disse lutti i suoi progetti, si amareggiò delle dt'flicoltà sorde di troppi camerati pigri o diffidenti, si disse disposto a collaborare per una pid intima compenetrazione di inizioti1,,e fra le due provincie finitime e un po' troppo vivaci di emulazioni di Forll e di Ravenna. Dopo di allora nacque «Via Consolare•; fedele alla promessa, lui fu con noi, Si interessò della diffusione~ scrisse corsivi polemici sul cinema del quale lo interessavano particolarmente i problemi pratici, quelli della proda• zione. Ma pilÌ ancora sostenne noi che tiravamo pùl da vicino la carretta, con le sue lettere concordi, piene di amici• zia; quando ci si incontrava all'unì• versitd era uno festa e ci spingevamo reciprocamente a durare sulle nostre posizioni. Anche per lui era dura la vita contro la piccola ostilitd di certa piazzetta mediocre pronta solo a soJ/e. varsi solo per ammazuire quelli che ne vogliono uscire e cosi crede di difendere l'ordine o l'ortodossia. Lui era di quelli contro i quali più facilmente si solleva quando invece non c'è altro che l'accusa di desideri di carriera, la serena e responsabile ac• cettazione di quel peso di comando che la propria vocazione all'azione, il proprio entusiasmo e la propria maturità impongono. Adesso che ha chiuso, nella ter• ra tra la Libia e l'Egitto, la sua vita, si vede bene come Walter Dirani fos• se di quelli pronti a pagare per le proprie affermazioni, di quelli che per fortuna, non mancano nelle file della gioventù italiana; puri di cuore, semplici di spirito, disposti a perdere la vita pure cli darle un significato che la giustifichi. Sono quei pochi che fan• no dimenticare gli indegni, anche se questi sono molti. E nel no'me di Di• rani riconfermiamo il nostro ottimismo nell'avvenire d'Italia che i morti hanno men'ta.tp e i cf1Vi debbono assicurare. ARMANDO RAVAGLIOU

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