Passato e Presente - anno III - n. 18 - nov.-dic. 1960

ssato resen • 2374 I « 121 >, Sartre e l'Algeria: R. Guiducci 2380 Come guardare al. sottosviluppo: G. Étienne 2395 Personalità economica internazionale: L. Lederer 2410 Testimonianze di Romita e Morandi: L. Maitan 2431 Significati dell'Algeria: P. Gobetti, E. Vitale 2457 Pianificazione nel Ghana: R. Grispo Commenti: Scelte e paradossi nel voto a szntstra - Gli intellettuali che firmano - Lo specchio dell'Africa n. 18. nove:mbre-dieem.bre -1960 Biblioteca Gino Bianco

Sommario COMMENTI Elezioni, P.S./. e pessimismo - Paradossi nel voto a sinistra - Errori politici e scelte morali - Due opinioni sugli intellettuali che firmano - Lo specchio dell'Africa ( di Roberto Guiducci, Carlo Meana, Franco Momigliano, Alessan.dro Pizzorno, Antonio Giolitti, Al1berto ,C.aracciolo). Roberto Gruiducci, I 121, Sartre, e la guerra mondiale in Algeria Gilbert Étienne, Problemi dell'intervento verso i paesi sottosviluppati J. J.. La,dor Lederer, La personalità economica internazionale: il diritto internazionale. nel mondo degli affari . - ' REALTA ITALIANA Livio Maitan, Romita e Morandi: due testimonianze su un biennio cruciale MONDO CONTEMPORANEO Paolo Gobetti, L'Algeria, l'Italia e i. blocchi mondiali Elig-io Vitale, Significato dell'Algeria Renato Grispo, Pianificazione e prospettive di sviluppo nel Ghana SEGNALAZIONI a cura di 'Luciano Vasconi, Francesco Veneziani Il presente fascicolo, di 150 pagine, è in vendita a L. 500 Biblioteca Gino Bianco '

• Commenti ELEZIONI, P.·.S.I. E PESSIMISMO IJ fatto che il PSI abbia,. complessiva-mente, perso una piccola percentuale . di voti o, secondo altre interpretazioni piu analitiche, sia rimasto pressoiché fermo, può essere pro,va sufficiente per giud/care nega·tivo per questo par•tito l'esito della• recente consultazione elettorale? A mio avviso, certamente si, e nulla possono valere le piccole giustificazioni cercate dagli organi direttivi, giusiificazioni che tendono a dimostrare che se il PSI ha perduto, nel suo insieme, la battaglia dettorale, ha però aumentati i voti nelle grandi città dove possono . a,vere un peso maggiore, .in qualche luogo ha ottenuto un successo cl,amoroso, in qualche altro è riuscito a prendere in mano il ban,dolo della matassa in una giunfa difficile, ecc. Quando .un partito decide di .verificare la bontà della sua po./,itica · suJ piano quantitativo elettorale, non p,uò a posteriori cambiare i termini in cui esso ·stesso aveva scelto di essere giudicato. · E tali termini erano evidentemente qwesti: che ii PSI avesse un au·mento rilevante di consen·si, mentre .PCI ,e DC avrebbero dovuto subire la staziona,rietà o la diminuzione. Inoltre, il PSDl sarebbe dovuto ris~ltare ·fortemente in crisi. Di Putte queste previsioni si è realizzata . solo qu·ella di u,na leggera flessione democristiana, ·-mentre il PCI e il PSDI sono au;men-tati in modo significativo, e il PSI non solo non ha ottenuto l'ampia crescita sperata,· ma è osciliato, fra le elezio·ni provinciali e comunali, aPtorno alla linea dello zero. Ma iJ male non è solo questo: esponendo l'intera politica del partito all'esito elettorale, ne risulta dimin.uita anche la forza dei valori di fondo e ddle prospettive a lun,go termine~ E ciò, quando uno di · questi valori di fondo avrebbe dovuto ·essere precisamente quello di cred·ere ferm·amente al proprio in,dirizzo_ so,stanziale, piu-ttosto che a una affermazione di superficie. Secondo una simile impostazione, l'esi- , to e_lettorale non è che un aspetto marginale. del-la vita politica, contando realmente solo le verifich·e congiunturali, che non si offrono nel mon-do moderno soJtan-to per ragioni economiche, ma anche per ragioni poli~iche, come è acca,duto per i fatti di Ungheria nel 1956 e _per i /alti di luglio a Genova. Biblioteca Gino Bianco·

2358 Comn1enti In tali ODcasioni politiche, un piartito, o meglio, un movimento socialista ,aiperto e pronto a r,icevere un' on.data di sdegno morale per tradurla .in politica moderna, potrebbe avere con sé quel numero di consensi e quella qual.ità di apporti che u·na semplice consultazione elettorale, a base di timidi compromessi, non può certamen.te consen"tire. Che questa consultazione elettorale sia stata superficiale è inutile dirlo (ma quando le elezioni non sono superficiali? e non si dovrebbe .finalmen•te pren,dere atto di quello che un socialista sa da sem·pre: che nelle elezioni giocano tutte le distorsioni, le paure, le abitudini, le pigrizie,· le inerzie, le passività o i risentimenti, i ricatti, le ire, le proteste, tipiche ,di una democrazia formale basata su una nonpartecipazione politica?). Il PSI voleva con·durre la sinistra italiana ad una scelta difficile. Perciò non poteva sp·erare che il banco elettorale, su cui le scelte non possono essere che facili, fosse il s,uo terreno di distinzione. Che cosa offriva la prospettiva veramente di fon,do del PSI? Una faticosa strada di ricostruzione del socialismo, in contrasto con la dominante politica mondiale dei due blocc~1i: la realizzaziione di un prototipo o esempio primo di socialismo, come ·hanno ten,ato e tentano !a Jugoslavia, la Polonia, Cuba e i laburisti inglesi, in mezzo a crisi e a pericoli enormi; essere un modello di rinascita in Europa, e quindi prospettare.. una via d'uscita europea quan,do questo continente sembra destinato alla decadenza e alla fine. Ma qu·esto voto era un voto complesso e comportava: un non indifferente im,pegno. Il PSI, infatti, non poteva pre,sentare una politica già costruita in questo senso, una organizzazione moderna già strutturata nella direzione voluta, un programma già studiato o addirittura avviato concretamente e, nello · stesso tempo, ad alto livello, secon·do questo indirizzo. Il PSI si presentava soltanto come un luogo di conve,rgenza e di incontro su un terreno in parte da sgomberare, in parte da ricostruire. Votare p·er il PSI, piu che mai, poteva significare soltanto votarsi al PSI, rimboccarsi le maniche, mettersi a farlo, prima dii riconoscerlo, prendersi l'impegno di mandarlo avanti, ma dopo averlo, in qualche modo, costituito. Votare PSI, per ·1a classe operaia in massa, per gli uomini progressivi nella, loro maggioranza, già abituati a votare per la sinistra, non poteva voler dire altro che abbandonare l'abito tradizionale della delega del potere al partito comunista; rinunciare alla extrema ratio di costituire un contrappeso a sinistra, per bilanciare in qualche modo la supremazia tJ.i fatto .della destra; assumersi nuovamente la responsabilità di segnare una scheda anonima sapen,do, dopo tanti anni, che per ogni cittadino adulto al segreto del/' urna non p.uò non corrisponBiblioteca Gino Bianco

Elezioni 2359 • • dere una dichiarazione di voto e la propria p1 ubblica firma di parte- • • ctpazzone. Se, dunque, il programma di fondo del PSI com,portava, dopo lo stalinismo, dopo l'Ungheria, dopo la rottura del patto d'azione coi comunisti, doipo una /lunga maturazione e ricostruzione democratica di prin,çipi e di atti, dopo i fatti di luglio, una decisiione cot'i profonda e cosi difficile, l'un,ica strada coerente non poteva essere che quella di tradurre le elezioni in un << referendu 1 m » di responsabilità. A costo di perdere dei voti? Ma certamente si, se questo non poteva essere che il prezzo necessario da pagare alla immaturità del · paese, alle remore della cla,sse operaia e degli strati potenzialmente progressivi~ Tuttavia non è detto che· l'esito non potesse anche essere favorevole, dato che questa verifica resta da effettuare. In ogni caso, non si poteva chiedere il consenso della classe -operaia ad iscriversi a un nuovo corso_ di riiqualificazione e l'appoggio degli strati progressivi a dare, in prima persona, il loro contributo · tJ,i lavoro specialistico e, contemporaneamente, domandare che essi sedessero sui banc.hi del socialismo accanto ai piccoli borghesi, attratti dal, compromesso e favorevoli al socialismo solo nella misura in cui fosse possibile illudersi che non lo si sarebbe fatto sul serio. E, del resto, ben pochi hanno accettato ,di stare a questo giuoco in cui il piano di fondo ed il piano tattico erano cosi scopertamente distanti fra loro e coli clamorosamente contraddittori. I p-iccoli borghesi hanno rinforzato il partito socialdemocratico che, per prova provata, assai piu li r-assicu-rava,di , poter essere socialisti senza effettivi e difficili im,pegni sociali. Molti lavoratori e intellettuali hanno confermato il voto protestatario al PCI o ve l'hanno aggiunto, saltan,do forse, negli strati operai meno preparati, a piè pari il PSI. La sinistra, nel suo complesso, è percentualmente aumentata, fino a sfiorare il 40%, ma non c'è da. compiacersi positivamente di questo risultato.· Se i voti della sinistra sono riusciti a mani/ estare la disapprovazione per i compromessii del PSI, essi, tuttavia, non hanno potuto, contemporaneamente, esprimere la disapprovazione, altrettanto lepittima, verso il PCI. Cosicché, ora, la lezione al PSI si ribalta in ingiustificata approvazione del PCI e, con questo gesto, gran parte della forza politica della sinistra italiana torna a congelarsi nell'ambito del partito comunista. E tal,e partito se, anche in questi ultimi anni di disgelo, non è riuscito it1: nessun modo a esprimere una politica socialista, svincolata dai blocchi con-trapposti, den:i,ocraticaal suo interno, moderna sul piano dei problemi reali da risolvere nel nostro paese e in Europa, oltre che moralm·ente riqualificata dopo la non dimenticabile notte staliniana e il recente e .imperdonabile abbandono dell'Ungheria, è ben difficile Biblioteca Gino Bianco

2360 Commenti che possa realizzarla nel prossimo futuro, quan,do il ·voto di approvazione contribuisce cosi vistosamente a confermare la vecchia linea. Perciò si potrebbe concludere che il votare per il PSI sarebbe stato, nonostante iutto, l'unico tentativo possibile da fare. Ma, ad una ben precisa con,dizione: che ognuno che abbia votato in questo senso, ne dichiari le ragioni, le contrad,dizioni, il grido di errore, e si proponga, nei suoi limiti, di intervenire, in questi anni certamente gravidi di difficili tests offerti dalla realtà politico-sociale, per la costruziione di una nuova politica socialista italiana. Un voto responsabile al PSI non poteva, nelle condizioni attuali, essere che- un voto contraddittorio, un supire una tattica non accettabile 1 e, insieme, uno sperare nella forza dei valori programmatici di fondo; un tentare di dare appoggio a un elemento ancora ambiguo dello schieramento socialista, ma puntare sul fatto che la sua duttilità potesse consentire di determinarlo positivamente, una volta superato lo stato di minorità; un accettare gli errori contingenti, dettati dall' angoscia di entrare in una zona di maggior respiro, per operare su un organismo eh~ non potesse addurre la debolezza come giustificazione delle proprie debolezze/ soprattutto, un compensare il rischio con l'impegno preciso di intervenire per affrontare una politica a lungo periodo, atta a sostenere le prove cruciali che il socialismo ben presto deve.. attendersi. Ma pensiamo che questo impegno critico sarebbe utile anche a coloro che, pur appartenen,do alla classe operaia e alle forze intellettuali progressive sul piano del penstÌero moderato, hanno insistito n·ella conferma alla sinistra democristiana o, tanto peggio, a qualche aspetto della socialdemocrazia. E riteniamo che sarebbe essenziale un impegno anche maggiore ed un dibattito serio presso la classe operaia, presso quegli intellettuali che hanno confermate le posizioni del PCI, assumendosi anche la responsabilità di un suo consoli.darsi su questo nuo,vo successo. Per iniziare questo dibattito si dovrebbero individuare le ragioni del loro non aver tenuto in alcun conto le scelte morali, e insieme politiche, che nel '56 molti avevano operato e che il passare degli anni non può né cancellare né sottovalutare; dell'aver giu,dicato con estrema severità le debolezze del PSI, dimentican·do i piu sostanziali, e forse irreparabili, in,dirizzi · negativi della politica del PCI; del non aver considerato neppure le conseguenze pratiche e reali secon,do le quali tanta parte della sinistra italiana viene nuovamente respinta in posizione di sterile congelamento, per una inutile e burocratica fedeltà a vincoli esterni, cui non· è possibile neppure piu dare il contributo del sacrificio di sé; del restare ancora legati a scelte cosmiche, passive e, in definitiva, reazionarie, a dialettiche antiche e artratte, che non conBiblioteca Giho Bianco

Elezioni 2361 • sentono l'identificazione e l'incontro con i propri nemici reali, a lotte indirette e lontane, che creano le false illusionii ,di essere sul campo degli scontri definitivi, mentre ognuno rimane ancorato alia sua piccola conservazione; dell'essere, soprattutto, completamente pessimisti verso le possibilità di costruire in prima p·ersona, attraverso errori empirici ed empiricamente superabili, un socialismo empirico, verificabile, vicino. r. g. PARADOSSI . NEL VOTO A SINISTRA. Nella interpretazione che si dà, · nel corsivo a sigla r. g., dei risultati delle recenti elezioni c'è una- osservazione particolarmente valida: il voto per il PSI poteva e doveva corrispondere ad un voto di « ottimismo » ( e cioè ad un atto di fiducia da parte delle classi popolari nella possibilità di ùna 'loro nuova p(!,rtecipazione diretta alla costruzionè di una politica socialista in Italia), mentre il voto per il PCI poteva essere. considerato nella attuale situazione italiana come . un voto di <<pessimismo», cioè di riconoscimento della validità di una politica la quale non propone nessuna . possibilità nuova in questo campo. Votare per il PCI avrebbe do_vuto, di fronte alle nuove proposte nenniane, assumere il significato di una con/ erma di fiducia in una polit~ca da teimpo <<provata», provata appunto nella << necessità>>dei suoi limiti, dei suoi compromessi, delle sue « deleghe», in nome del fine, preso in se stesso, di una buona conservazione, di una « buona gestione» di uno strumento della classe operaia, indipendentemente dalle ·sue prospettive di utilizzazione. I risultati del recente voto nelle amministrative italiane, possono. far pénsare che ha vinto il pessimismo; ma in realtà la politica del PSI è ·stata tale da sottoporre all'elettorato in questi termini il problema? In effetti se nel PCI non è mancata la «coerenza>> col passato (coerenza coi meriti, ma anche cogli errori, coi compromessi, coi silenzi del passato, per cui lo slogan assunto << il partito che non cambia colore » significava_,· in buona moneta, zl partito che non propone e non richiede _le difficoltà, le speranze, le delusioni di un « nuov~ »), nel PSI la capacità opposta di proporre non un success~, ma una « speranza » e una responsabilità nuova nei confronti di una prospettiva socialista, è sostan.zialmente mancata . .. Biblioteca Gino Bianco

2362 Commenti Sembra corretto affermare che il PSI anziché proporre ai suoi aderenti, la speranza, la difficoltà, gli impegni di una nuova responsabilità nella costruzione di una prospettiva socialista a lungo periodo, ha praticamente tradotto la sua proposta agli elettori nei termini piu immediati e piu facili di una promessa di• un nuovo schieramento parlamentare, di un accesso, o meglio di una anticamera ad un potere disgiunto da una reale prospettiva socialista: in termini cioè puramente elettorali e parlamentari. Su questo terreno una parte dell'elettorato non ha confortato con i suoi suffragi il PSI, o meglio lo ha seguito traendone a modo suo le conseguenze pilt coerenti, sino a raffar.zare il partito socialdemocratico. A elezioni avvenute il PSI ( o meglio la sua attuale Direzione) non può cercare di giustificare il mancato s,uccesso, con le difficoltà inerenti ad una proposta nuova, e ali' impegno di una prospettiva socialista di fondo che è sostanzialmente mancata. E' giusto quindi affermare che quando un partito decide di af fi,dare la verifica della bontà della sua politica soprattutto al risultato quantitativo elettorale, non può a posteriori tentare di sostituire i termini stessi che si era scelto per la verifica. Ma in realtà l'errore del PSI è stato solo quello di esporre eccessivamente ad un solo tipo di verifica, quella elettorale, una sua nuova politica « socialista », o non è stato forse l'errore di scambiare una politica elettorale tout-court per una politica socialista? Certo non basta contare su una vecchia tradizione di polefY!,ica storica per tutelare un partito socialista contro quei sospetti che le politiche esclusivamente parlamentari-elettoralistiche giustificano nell'elettorato socialista; non basta tanto piu in quanto esiste una ricca esperienza dei rischi a cui si espone un partito socialista, se pensa di poter realizzare «l'autonomia>> della sua politica soprattutto concedendo, offrendo «garanzie» di. democraticità e di rispettabilità a chiunque le richieda ( anche a chi non ha il diritto di farne richiesta), anziché cercare di attingere i valori autentici dell'autonomia in modo egemone, e non subalterno, dall'interno del movimento socialista, da un richiamo alla partecipazione politica diretta · delle classi popolari. Una politica socialista la cui validità si propone esplicitamente in forma misurabile solo sul metro elettorale immediato, e sulle sue possibili conseguenze parlam·entari, contiene in sé una logica che porta facilmente a surrogare la mancata verifica elettorale con altri tipi di successo, configurabili al limite nella «autorizzazione», ottenuta da « altri » a dare il proprio consenso o la propria astensione ad una politica di 1« altri>>; è una logica che ha già fatto le sue prove, e a cui l'elettorato può anche consentire, ma votando, coerentemente, per il partito socialdemocratico. · BibliotecaGino Bianco

Elezioni 2363 • E' vero che nella proposta elettorale del PSI questa volta, a correttivo, si proponeva la novità di una alleanza coi « radica/,i >>; ma il « radicalismo », spesso astratto e moralistico di un gruppo di pressione ( validissimo sul terreno proprio di un gruppo di pressione democratico) non si è tradotto o realizzato nel PSI in un corrispondente concreto rigoroso linguaggio politico socialista, in una corrispondente proposta dal punto di vista della classe lavoratrice. Ne è derivato il paradosso di un << moderatismo » nenniano che cercava la sua copertura a sinistra proprio nel vigore di una polemica << radicale », anziché nel vigore di una polemica «socialista»; ed anche in questo senso la risposta di una parte dell'elettorato coerentemente si è tradotta in una , preferenza per i candidati radicali, che hanno in larga misura << legittimamente » sottratto i posti ai candidati socialisti. La morale pare essere abbastanza chiara: non si può giustificare come << momento tattico >> di una politica, ciò che in realtà corre rischio di essere solo <<tattica»; e . meno non si può giustificare come << tattica socialista>> ciò che in definitiva non può non apparire che una ·<< strategia socialdemocratica ». Altro discorso si farebbe ovviamente se si trattasse di un << empirismo >> politico che non è semplic.e tattica, che emerge invece dalla coscienza .di dover. affrontare in modo moderno gli attuali problémi . economici e sociali, utilizzando ( ed essen,do nello stesso tempo il prodotto) dei piu moderni strumenti di cui può oggi disporre· anche la scienza politica; è evidente che una politica socialista in tal senso <<.empirista» non potrebbe essere confusa con una strategia socialdemocratica. Perciò questo giudizio non implica neppure la rivalutazione della vecchia doppiezza di chi credeva ( o crede tuttora) di poter giustificare spregiudicatamente anche la, peggior « tattica socialdemocratica» con una astratta, dottrinaria << strategia socialista» dogmaticamente postulata, ed esternamente ·<<delegata»; in questo senso il mancato successo nenniano non . suona a rivaluta.'<:ione della politica opposta ·( comunista o « carrista »), anzi costituisce un elemento di sua condanna. Poiché in realtà le insufficienze, i limiti, gli errori della ·.politica nenniana, non sono altro che la « necessaria ristfltante >> delle insufficienze, dei limiti, degli errori della pofitica comunista e insieme della corrente di sinistra del PSI. La corrente . di sinistra del partito socialista infatti, continuando ad opporre alla corrente autonomista una vecchitf,, schematica, dottrinaria strategia classista, senza il supporto del senso , di una moderna, attuale, tat•tica politica, ha esasperato nella corrente opposta la ricerca I polemica di un « momento· tattico », di un « realismo politico », che · è quasi diventato fine a sé stante, ha cioè annullato, per polemica, la Biblioteca Gino Bianco

. " 2364 Commenti esigenza del mantenimento di una politica, di una pròspettiva di fondo socialista. Cosi la necessaria dialettica tra tattica e strategia, tra il breve e il lungo momento politico, tra la esigenza di aderire· ai problemi reali immediati e quella di mantenere le ragioni d'essere sostanziali di una politica socialista, nel PSI, anziché svilupparsi frutt~osamente e risolversi in una sintesi moderna, si è tradotta nella maggior parte dei casi in uno sterile scontro, in una sterile opposizione tra due correnti, ognuna delle quali restava ferma su uno solo dei momenti dialettici, esasperando nell'altra il momento opposto. Forse proprio per questa ragione si può dire che la politica del PSI proposta all'elettorato mancava d.i tutte le condizioni indispensabili per la creazione di una forma nuòva di consenso di fondo: quel consenso che non si può misurare solo sul metro quantitativo, ma anche e prima sul metro qualitativo, cioè sul metro del tipo di impegno partecipativo che è capace di provocare e su cui intende . sostenersi. Per completare le osservazioni suggerite dalla nota di r. g. pare resti da dire qualcosa di piu sulle ragioni di un ritorno al voto com·unista da parte di gruppi, abbastan~a ampi, di persone che lasciarono clamorosamente il partito e il voto comunista dopo l'Ungheria; e che assai meno clamorosamente sono oggi tornati a questo voto. r. g. ritiene che non si possa avallare con una <<delusione» data dal PSI l'abbandono di scelte morali già fatte. In realtà pare proprio essere stata questa la prova che un voto non può essere acqui~ sito in modo fermo, quando esso si fonda solo o prevalentemente su ragioni <<moralistiche». Non ha senso che il .PSI pretenda oggi (in assenza di una grande congiuntura politica e morale ~ssieme) il mantenimento di un voto per una semplice coerenza ad una scelta morale operata in altro momento. Si còmprende molto bene, anche se non si approva, come, in assenza della possibilità di individuare una reale prospettiva socialista a lungo periodo nel PSI, un voto acquisito per motivi « morali», per motivi altrettanto morali possa essere perso,. nel momento stesso in cui si ritenga definitivamente persa nel PSI una << speranza » che solo « moralisticamente » era stata_ scelta. Sul piano del discorso morale ci pare che solo una osservazione sia realmente pertinente, e cioè il domandare a quèste persone perché ( almeno n~lla maggior parte dei casi) non hanno ritenuto di motivare e giustificare questo ritorno pubblicamente e clamorosamente tanto quanto avevano motivato in altra congiuntura l'abbandono. In realtà anche qui pare piu interessante cercare l'interpretazione della motivazione politica di un notevole numero di ritorni al voto . comunista. Biblioteca Gino Bianco

Elezioni 2365 • Valida ci pare in genere l'interpretazione in chiave di << pessimismo », cioè di dichiarazione di sfiducia nella possibilità di proposte nuove socialiste in Italia; su questa base anche il « ritorno a casa», dopo la sortita, si configura sotto una precisa, anche se discutibile, motivazione politica. Ma forse in questo ritorno si può notare anche qualcosa di politicamente diverso: un capovolgimento delle motivazioni per cui ad esempio molti intellettuali pochi anni fa ritenevano di dover restare nell'area del PCI. · Un tempo, in molti, il voto comunista veniva giustificato << nonostante l'URSS», come dichiarazione di fiducia nella validità, nella possibilità di una opposizione interna al mondo comunista, · di elaborazione autonoma di una << via italiana»; nella modificata congiuntura politica, paradossalmente, le stesse persone sembrano oggi trovare il moti.va del loro voto in senso opposto: un voto << piu per l'URSS, che per il PCI>> (di cui si riconosce fra~camente l'inevitabile immobilismo sul terreno italiano), cioè un atto di sfiducia nei confronti della situa- . zione italiana, ma contemporaneamente di fiducia compensativa nei confronti di un processo di evoluzione del mondo sovietico, in una capacità dell'URSS di riproporre sul piano esterno quelle prospettive di « movimento, di cambiamento » che in sede italiana per il PCI non si danno. Proprio nei limiti in cui il krusciovismo si fa sempre piu duttile, nei limiti in cui si scrolla sempre piu spregiudicatamente di dosso i, caratteri propri di una ideologia e di una politica socialista, in cui ricerca sempre piu motivi di convergenza o di divergenza, a seconda del momento, col mondo occidentale solo sul piano della << tattica spregiudicata», nel nonie di una competizione inspirata sempre piu al mito della efficienza tecnologica e sempre meno ai valori socialisti; proprio nei limiti in cui si offre la prospettiva imminente di una URSS paladina dell' « antidogmatismo e ·dell'antisettarismo » contro dogmati-- smo e settarismo rinascenti nella Cina comunista, il riflusso verso il voto comunista trova la sua paradossale motivazione politica. E' curioso. e insieme grave dover notare che queste sono le motivazioni che conducono per altre vie a riincòntrare quelle stesse « tattiche realistiche» che avevano giustificato il rifiuto della politica . . nenniana. In questo modo le << deleghe esterne» sia sul piano nazionale, sia sul piano . internazionale, restano il limite oggettivo delle scelte offerte oggi dalle e alle forze marxiste; nella carenza di nuove vie e stru- -menti di partecipazione popo!are alla elaborazione autonoma di una politica moderna. inserita in una prospettiva di fondo socialista, pare Biblioteca Gino Bianco

2366 Commenti sintetizzarsi cosi il significato paradossale di un progressivo indebolimento di una prospettiva socialista nel quadro di un rafforzamento complessivo elettorale della sinistra in Italia. t. m. ERRORI POLITICI E SCELTE MORALI, Da noi, si sa, qualsiasi spunto della cronaca politica e sociale viene subito arruolato nella grande armata delle discussioni di principio, tanto che filosofie e spericolate illazioni sono cose d'ogni giorno. E proprio non si sa perché questa volta la sinistra italiana, che va famosa per la forza delle sue analisi e per la vocazione ideologica, si è rimessa completamente a uno scrittore. Carlo Levi. tiene banco dal luglio dettando formule-guida di azione~ « Genova non si piega, la resistenza continua, la nuova resistenza.». Ora nulla di strano che Carlo Levi sottolinei commosso un aspetto, q•uello dichiarato, del movimento dell'estate del 1960. Nulla di strano, ancorç,,, che i comunisti abbiano giudicato legittimo e producente modulare sul tema dell'antifascismo tutta la campagna elettorale, loro, infaticabili nella popolarizzazione -dei temi della lotta contro il fascismo e insieme imbarazzati dalla melanconica operazione Milazzo. Inspiegabile e strano, però, che i socialisti si siano affidati alla prima interpretazione, la piu comoda, sicuri che fosse sufficiente attendere il sei novembre per raccogliere i frutti. Senza pensare, tra l'altro, che quel tanto di emotivo nell'aria si sarebbe naturalmente polarizzato - in guisa di voto - sulle liste comuniste. Oggi nessun politico ha la faccia di negare il carattere semispontaneo degli avvenimenti di Genova. La motivazione antifascista non basta a spiegare la partecipazione !mprovvisa e certo non legalitaria di lavoratori e intellettuali ai moti di Genova e di altre città. Certo, vi è stata una irresistibile· suggestione tecnica, quçindo tutti hanno capito che · i ·<< moti popolari >> hanno ancora una loro efficacia. Si tratti della danza del serpente o del ribaltamento di idranti e camionette, si è vis.to che la polizia può essere neutralizzata (ricordiamoci il disorientaniento professionale della polizia italiana dopo anni di caroselli riusciti, simboleggiato dalla novità di questi giorni: pesanti inferriate dinanzi ai parabrezza delle camionette). A-nalizzate tutte le componenti, come si dice in questi. casi, l'antìf ascismo, l'opposizione all'esperimento T ambroni~ il gusto di nuove Biblioteca Gino Bianco

• Elezioni 2367 tecniche negli scontri con la polizia, rimane ancora da ragionare sul protagonista vero di quanto è successo: il senso di insofferenza prof onda e oscura per il moderatismo dominante per il tran-tran della società italiana. Beninteso con << la resistenza continua>> sono tutti d'accordo, anche i liberali, che in questi casi citano Franchi-Sogno. Per una coincidenza delle opposte pigrizie T ambroni è stato una manna del cielo; per i cattolici che hanno potuto dire << solo lui è il rea.zionario >>; per i socialisti sicuri che << isolata la cancrena>>si potesse trattare con la DC ' nel suo insieme. Si sa come il PSI ha impostato la campagna elettorale e si conoscono anche i risultati: uno sharp reverse di cui discorre << The Economist ». Ai socialisti, tutto sommato, che. parte spettava? Stabilito che la partita non si sarebbe giocata sul terreno delle competenze amministrative, ci si attendeva che il disegno politico fosse quello di una asciutta proposta di intransigenza, una strategia per il nuovo corso, incurante delle giunte caso per caso e delle situazioni locali di potere. Si capisce che ci sono piu cose, Orazio, tra cielo e terra di quante ne prevedano le tue filosofie. Ma con l'animo dell'autodidatta che arrivato a un certo punto tiene conto di tutte, proprio tutte le mille ragioni del dritto e di tutte, proprio tutte le mille ragioni del rovescio, il gruppo dirigente socialista, preparandosi al _sei novembre in una sztuazione cosi fluida cosi, disponibile ha mancato una prova di fantasia politica. Si pensi, per ese1npio, in fatto di tecnica propagandistica (a parte la mansuetudine in ogni direzione), che orecchio duro! La campagna elettorale italiana di apertura, la campagna presidenziale americana di spalla,. cosi fino alla fine. Da almeno dieci anni si sa che gli esami di coscienza di quel paese sono, Rrima o dopo, anche i nostri. Da noi caso per caso, situazioni locali di potere, corto realismo politico, di là nuova fronti.era., tensione finalistica, i decisivi anni sessanta. I comunisti, che sono dei realpolitiker adulti, h:anno saputo richiamarsi alla politica internazionale, per cui persino il contrasto russo-cinese è finito in gloria, cioè in voti di elettori ,comunisti e moderati che son tutti, anima e core, per il buon senso sovietico (e per quanto di ideale del benessere è implicito in quel buonsenso) alle prese con l'estremismo cinese. Retoriche le analisi de~ luglio, furbesca la campagna elettorale, ora ci tocca anche buttar giu i pissi pissi bao bao · perché a Milano ·sono stati eletti troppi Scalfari• e Vittorini. Se si vuol riflettere un po' -si conclude che se nel 1960 un partito non riesce a fare eleggere chi ha deciso che venga eletto vuol dire che la 1nacchina organiz~ativa Biblioteca Gino Bianco .

23,68 Commenti va male, senza, di necessità, che quella radicale vada benissimo o vada comunque. I radicali hanno continuato efficacemente una campagna giornalistica. Se in qualche città hanno avuto buoni successi a spese dei compagni di lista socialisti, si tratta di una coerenza polemica della minoranza di elettori socialisti che esprime preferenze. Grande sorpresa per qualche dimezzato ritorno elettorale al PCI. E' vana la fatica di chi rinfaccia le scelte morali del '56. Moralmente, dal '56 a4 oggi vi sono buone ragioni per intendersi di nuovo coi comunisti o perlomeno di sentire vacillanti altre moralità. Si dovrebbe invece chiedere a questi elettori di spiegarci quali sono le novità politiche e culturali del PCI che possono motivare, in un altro senso, un tal passo. I voti morali sono voti fluttuanti su cui è bene non contare e, soprattutto, non disperarsi se hanno un nome e un cognome che continuano ad essere simpatici. c. m. DuE OPINIONI SUGLI INTELLETTUALI CI-IE FIRMANO. E' inutile ricordare il significato che ha voluta, per ogni singola persona che lo ha fatto, l'aver firmato in Francia il manifesto dei " 121 ". Ognuno, firmando, ha deciso di rischiare il posto, forse il carcere, l'ostracismo e le rappresaglie, anche fisiche, degli squadristi di destra e dei "paras ". In Italia, qualche tempo dopo questo gesto che in Francia ha avuto quasi significato insurrezionale contro le istituzioni esistenti, un gruppetto di intellettuali, proprietari, industriali, editori, premi No bel, e altra gente cosJ (fra cui alcuni che conosciamo come persone serie) ha deciso - li immaginiamo volentieri riuniti in qualche salotto - di ... firmare lo stesso manifesto. Un gesto talmente ana_cronistico e per certi versi, direi, oltraggioso nei riguardi dell'atto. compiuto dai francesi in condizione. di reale impegno civile e di pericolo, che converr~bbe trascurare e lasciare ca,dere nel silenzio, se non andasse invece considerato come in-dice di un costume che sta ri-prendendo pieJ,e da noi. Gli intellettuali ritornano a firmare. Ritornano a credersi importanti, e importanti in quanto intellettuali, in quanto corporazione cle-: ricale. E importanti vuo~ dire: abilitati, con l'esposizione del loro prestigioso nome, a far decidere gli altri per una scelta piuttosto che per un'altra nelle alternative che si pongono all'azione di ognuno. Il caso degli intellettuali italiani che vanno a firmare · una dich·iarazione di insubordinazione a un'autorità cui non sono sottoposti, può esser stato Biblioteca Gino Bianco

• InteJ.lettuali 2369 una svista per qualcuno, per altri una forma di compiacimento, e per altri ancora un' alibi e un'evasione da problemi piu urgenti, della loro coscienza e della loro azione in Italia. Ma resta il fatto che - in questo, come in altri casi - non ci si è resi conto che una firm·a, come qualsiasi altra presa di posizione pubblica, ha significato se implica una responsabilità civile. Firmare il manifesto dei "121" in Francia è un atto di responsabilità civile; firmare lo stesso manifesto in Italia è un atto gratuito, quando non dilettantesco e presuntuoso 1 • Ma prendiamo anche il caso degli intellettuali che firmano manifesti ..o,. me dichiarazioni di voto. E' un fenomeno paradossale e patologico •di ·quello che abbiamo ora ricordato, ma forse, per i sottintesi che nasconde, piu grave. Prima era il PCI che mobiluava firme, ora sembra averlo sostituito il PSI, con gran gusto. Scambiando delle elezioni locali per un "referendum per la cultura in Italia", numerosi intellettuali hanno ritenuto importante dirci per chi votavano. Con che effetto si è poi visto! Sembra strano che un partito abbia ancora voglia di mobilitare degli intellettuali: una certa esperienza dovrebbe insegnare che quando fra gli intellettuali si profila una certa tendenza a votare per un partito, il resto· degli elettori si sta probabilmente indirizzando da ·un'altra parte. Il gioco però, forse non del tutto consapevole, ma ben radicato negli interessi delle due parti, è piu sottile. Ed è questo. Ai partiti conviene andare ad interpellare gli intellettuali soltanto per far loro firmare dei manifesti. , E' un gioco innocuo, una strizzatina d'occhio. La firn1a non costa nulla a chi la da, e non impegna chi la raccoglie. Il partito s'impegnerebbe se andasse da un economista, da un giurista, da un sociologo, da un giornalista, da un urbanista, o da un qualsiasi altro e~perto, a porgli. precise questio'f!,idi sua competenza~ Questa sarebbe la base di un rapporto organico. Ma al partito non conviene: come si comporterebbe di fronte a un parere tecn.ico ( o di fronte a studi, a ricerche, a comitati di consulenza) che condizionassero od orientassero 1 Queste considerazioni si riferiscono all'annuncio da:to dal settimanale « L'espresso>>~in un numero del mese di ottobre, secondo il quale un certo n:umero di intellettuali italiani avevano deciso di aderire al maniifesto dei « 121 ». Dopo di allora, quando questa nota era: già in stampa, un'altro ·manifesto, di iniziativa internazionale, veniva firmato da intellettuali italiani. Benché sia sempre da deplorare che gli intellettuali non sappiano inventare altri mezzi d'azione che i manifesti, ~l ton"Odi quest'ultimo non è tale da essere accumunato agli altri nei nostri tristi commenti. Questo, d'altra '.Parte, significa che, dall'esterno, bisogna appoggiare il movimento di chi in Francia si oppone_ alla guerra d'A,lgeria, in altro modo che con dei manifesti. << Passato e ·Presente >>,assieme ad altre riviste, ha proposto a questo -scopo la costituzione di un comitato permanente d'a}ppoggio che promuova e coordini le iniziative concrete in questa direzione, e sia pronto a rispondere ad eventuali richieste dalla Francia o daU'Algeria. iblioteca Gino •Bianco

2370 Commenti una scelta fra precise alternative? Probabilmente ignorandolo, con imbarazzo o sfacciataggine; ma la cosa non potrebbe ripetersi troppo spesso. D'altra parte la risposta ad un problema specifico, la presa di posizione competente, non conviene all'intellettuale: metterebbe in gioco la sua posizione professionale. Firmare un manifesto resta il gesto piu facile. Il parere qualche volta si dà, ma privatamente, sottobanco, libero poi il politico di tenerne il conto che vuole. Ogni buon dirigente politico ha ormai un professore di economia fra i suoi amici personali: in genere poi· se ne serve per farsi fare parti dei suoi discorsi, e per poter avere degli argomenti contro i suoi avversari di partito. Tali considerazioni hanno valore diverso se sono fatte a proposìto di parti politiche al governo o invece all'opposizione. Chi è al governo ha modo di utilizzare gli intellettuali - e di corromperli - in molti altri modi, oltre che facendosi preparare dei discorsi. Chi è all'opposizione invece preferisce far firmare mani/ esti piuttosto che dar vita a forme di rapporti organici, a organismi che pubblic~mente impegnino delle competenze e non dei nomi. Anche il Partito socialista, in cui molti hanno sperato per un rinnovamento delle forme di opposizione e di alternativa civile, ha avuto questa volta la debolezza di scegliere .. L'appello indiscriminato, piuttosto che tentar di prospettare nuovi compiti e nuove sedi dove si preparino alternative piu organiche delle mere velleità di sottogoverno. a. P· Nlentre sottoscrivo toto corde_ la polemica contro le firme italiane opposte a un mani/ esto che solo per i francesi rappresenta un atto di responsabilità e di coraggio, desidero dissentire pubblicamente dalla opinione espressa a proposito della "dichiarazione di voto" degli intellettuali a favore del PSI. Non n2i sembra esatto scambiare per artificiosa mobilitazione quella che è stata una libera e responsabile espressione del proprio giu;dizio politico. Non mi sembra coerente chiedere agli intellettua_li un maggiore impegno politico e poi condannare. una delle occasioni e delle forme - non la sola, .naturalmente, né la piu valida, certamente - in cui tale impegno può pubblicamente manifestarsi. Non mi sembra giusto attribuire al PSI il disegno alquanto cinico e poco macliiavellico di instaurare con gli intellettuali un piccolo baratto a basso livello, quando non mancano - anche se non abbon-- dano - esperienze positive di " rapporti organici" ad alto livello di responsabilità e di competenza, anche con "professori di economia", dei quali non mi è accaduto di trovare nell'ambiente socialista codesto esemplare addomesticato e adibito a compilare discorsi. · Biblioteca Gino Bianco

• L'Africa 2371 Perché mai la " dichiarazione di voto " dovrebbe essere in contraddizione con il piu fattivo impegno di elaborazione e di collaborazione in sede tecnica e politica, e dovrebbe prestarsi a eludere codesto compito? Mi sembra che viceversa la pubblica presa di posizione politica costituisca la base di un rapporto chiaro e leale, ed escluda in partenza qualsiasi operazione sottobanco e qualsiasi doppio gioco. Non è cosa da poco conto per un intellettuale firmare un mani/ esto socialista in un paese dove molto spesso l'intellettuale addetto a un " lavoro , dipendente" è indotto a firmare con pseudonimo gli articoli che eventualme_nte pubblichi sulla stampa socialista. Se quest'ultimo merita indulgenza, il primo merita rispetto. E se crediamo - come io credo con Guiducci - che oggi votare per il PSI deve anche significare "votarsi al PSI'' e non firmare semplicemente una delega, dobbiamo apprezzare e approvare un atto che ha precisamente questo significato. a. g. Lo SPECCHIO DELL' AFRICA. E' difficile stabilire quale sia l'area o il continente che in questo scorcio d'anno occupa il primo posto sulla scena mondiale. Difficile. decidere se meriti piu rilievo per esempio la fine dell'amministrazione repubblicana negli Sta~i Uniti, con le incognite della nuova équipe di Kennedy, o il punto raggiunto dalle divergenze di programmi e di tattich·e nel campo comunista. Il 1960 è stato ricco di avvenimenti, di spiragli che si richiudevano appena intravisti o viceversa di svolte che si mani/ estavano nei luoghi e nei momenti meno prevedibili, e darà molto da fare ai tradizionali bil~nci politici di fine d'anno. Tanto piu complesso sarà di conseguenza il compito di chi a un bilancio guarda per individuare le tendenze di f on,do destinate a operare in un pros- . . . stmo e meno pross,tmo avvenire. Fra le definizioni che si sentono dire per questo anno 1960 e che sono in qualche modo accettabili, c'è anche quella di anno de1 ll'Afr,ica. E lasciando stare un certo gusto del « colore » che può nascondersi sotto tale espressione, ci sembra che essa serva quanto meno a richia- .mare l'attenzione su di un pu_nto particolarmente sensibile, poiché nell'Africa e intorno ali'Africa (cosJ come qualche anno fa, per esempio, · nell'Asia) sembrano riflettersi alcune fondamentali contraddizioni e alternative del mondo interno. Biblioteca Gino Bianco I '

2372 Commenti Osservan,do le cose in relazione alla tradizionale supremazia dei grandi paesi capitalistici, sii può dire che il continente nero rap,presenti il teatro sia d,i un decisivo colpo al colonialismo, sia di esperimenti di un nuovo rapporto fra paesi sviluppati e sottosviluppati. Politica inglese di rinnovamento Commonwealth, americana di intervento attraverso forme di assistenza economico-culturale, francese e spagnola alternativamente repressiva o filoislamica, si incontrano e scontrano con gli in,d.iriz.zi di supremazia razziale, sostenuti dai coloni d'Algeria e dai boeri del Sud. E' entrata in funzione la possibile funzione di un organismo supernazionale sotto profilo tanto economico che politico, sono in ballo profitti legati ora a sfruttamento del sottosuolo, ora a pregiati prodotti agricoli, ora alla creazione di nuovi mercati. Vi è, insomma, quasi lo specch,io delle varie gradazioni, stratificazioni, tendenze del sistema capitalistico dei nostri giorni. D'altro conto l'Africa, congiuntamente alle altre aree sottosviluppate ( paesi densamente popolati dell'Estremo Oriente in primo luogo) è divenuta banco di prova di prim' or,dine. per le correnti di tipo socialista, comunista, o in genere collettivista-rivoluzionario. E non soltanto da un punto di vista di aree d.i infiuenza, per cui l'Unione Sovietica e ormai anche la Cina diventano quasi automaticamente il contraltare contrapposto dai movimenti di liberazione ai tradizionali imperialisti, ma anche dà./ punto di vista -di concreti esperimenti nella pianificazione e,d organizzazione sociale, e nel!'equilibrio fra sviluppo economico, eleva1nento del tenore di vita, partec_ipazione politica. Tutti problemi dei quali anche in questa sede ci siamo occupati, e. sui quali ritorniamo in questo numero con gli articoli di Gilbert Etienne e di Renato Grispo. Non diversamente, se ci si pone dal punto di vista delle prospettive tanto economiche che politiche dell'Europa occidentale, il ruolo delle vicen,de africane appare rilevante. La Francia resta naturalmente la piu interessata, perché dalle sorti della guerra d'Algeria dipende in gran parte o il dissanguamento del suo bilancio o il sacrificio di parte dei suoi progressi come potenza industriale, o viceversa la liberazione da un fardello di spese improduttive e fors' anche la creazione di un originale rapporto di scambio tra manu/ atti e capitali da un lato e risorse di materia prima e mano d' o,pera dall'altro. Inutile insistere poi sulle conseguenze di ordine politico che ha la vicenda algerina sull'orientamento interno della Francia, sempre prossima ai pericoli del fascismo e tuttora disorientata quanto a una ripresa della sinistra. Ma negli articoli che qui di seguito pubblichiamo, di Eligio Vitale e soprattutto di Paolo Gobetti, si sottolinea opportunamente il sig~ificato largamente europeo e se vogliamo "mediterraneo" delle sorti BibliotecaGino Bianco ..

• L'Africa 2373 di quella parte de.l continente africano su cui la Francia seguita la propria dominazione. Guerra o pace, indipendenza o "integrazione" del/' Algeria implicano oggi, in ultima analisi, questioni di scelta politica, intellettuale, morale, che anche in Italia sentiamo vivamente. In mezzo a un clima generalmente stanco e poco propenso a prese di posizione di alto impegno, dobbiamo perciò notare come fatto di notevole valore il succedersi, qui tra noi, di iniziative (e non solo di discussioni o com- 'menti) di sol~darietà con la lotta del popolo algerino, concretatesi già in una sottoscrizione pubblica promossa dall'Unione degli studenti universitari, e di aperto sostegno degli uomini di cultura verso l'appello dei 121 intellettuali francesi. Il signifi~ato di tali avvenimenti e prese di posizione viene esaminato in dettaglio da Roberto Guiducci nelle pagi'ne che seguono. Sta d.i fatto che anche per questa via l'Africa si impone ormai fra i protagonisti della scena mondiale: non in virtu di un elevato livello di potenza materiale, ma per la complessità e, per molti aspetti, la universalità dei problemi che essa quasi improv- . ' . visamente e venuta a proporci. a. c. 2 . Biblioteca Gino Bianco

I « 121 », SARTRE, E LA GUERRA M1 ON·DIALE IN .ALGERIA ., 1'1 movimento nazionale di li1berazione algerino è stato, nella sua or·mai lontana ori·gine del 1° !}OVembre 1954, un gesto di minoranze. Come esattamente e sintetica.mente ~icorda Raffaello UiboJdi, nella r,icor.renza -del sesto anniversario della guerra << ,l'insurrezione anitifrancese fu... al tempo stesso una decisionç politica e una esplosione . di collera. Fu iniziata da un pugno ·di ·uomini, e la macchina politicomilitate del PLN è stata creata .poco ·alla 'Volta nel corso stesso dellà g-uerra ». << Ben ·pochi credevano, agli inizi, alla possibilità di creare un movim~nto rivoluzionario capace d~ tener testa all'eserc~to francese. Il partito comunista algerino, sotto l'i1 rufluenza del partito comunista francese, sconfessava o ignorava l'insurrezione. Messali Hadgy, il vecch,io leader nazionalista algerino, fondatore della " Steila Nor-d-aifricana" (il primo movimento nazionalista a larigo raggio ·d'azione), negava la propria adesione al movimento di Ben Bella. Ferhat A;bbas, attuale . presidente del governo provvisorio della Repuibhlica algerina, sperava ancora di ottenere :dalla Francia, con una serie di negoz,iati, l'in-dipen- .denza ·dell'Algeria. Agli inizi, dunque, Ben Bella e i suoi amici erano pressoché soli. ~a oggi, dopo sei anni di guerira, nessuno· può negare che la gran maggiora?za del popolo algerino è con -il FLN. » (« Avanti! », 1° novem,bre 1960). I << 121 >>, so.ttoscriven-do la dichiarazione d·i collaborazione .con il FLN e, insieme, di diserzione dall'esercito francese, hanno firmato, nel giugno scorso, l'inizio d,i un"insu'.frezione, anche se per ora solo sulla carta (ma Sartre ha -detto, nella iettera invialta al processo Ieanson: << Se Jean·son. mi avesse chiesto di portare delle valigie o ,di ospitare dei militanti algerini, -nel caso l'avessi potuto fare senza rischio per Biblioteca Gino ·Bianco

• I << 121 >>, Sartre e l'Algeria 2375 loro, non avrei esitato>>). Quindi, la ,bomba degli u1ti,mi attentati a Parigi l'avrebbe potuta portare, nella sua va,ligia, Sartre stesso. La sin,istra francese in iblocco si è opposta all'insurrezione dei << 121 >>: la sinistra non comuni·sta, coagulata .intorno al PSU, e quella raccolta attorno ai ,piccoli gruppi com~ << Jeune Répu1 blique >>e << Reconstruction »; la sinistra radicale e ·delìa SFIO; Ja sinistra deì PCF, della CGT e del Movi•mento della pace. Quali g~i argomelllti? ,II gruppo comunista ha dichiarato per bocca di Thorez che << il soldato comunista fa qualsiasi guerra reazionaria. Per continuare a lottare contro la guerra, è possibile e nece~sario compiere questa lotta nel se.no dell'esercito, anche in Algeria>>, fondan·do queste argomentazio·ni su una ev,idente-mente falsa "rispondenza a tesi leniniane, espresse in condizioni affatto diverse, e com·unque sempre a1 ll'interno del programma di rovesciamento -della guerra imperialista in guerra civile. e rivoluzionaria. Il 1 gru,ppo socialista non ha preso posizione ufficia,le, ma ha espresso le s·ue tesi per bocca di un indipendente, Edgar Morin, su << FranceObservateur » del 29 settem!bre. Queste tesi, che esamineremo piu avanti ·perchè comportano una complessa valutazione, si concludono nel sostenere che << tu-~toci impone una opzione formale in favore della pace, concepita come una soluzione primaria». ,Per_i comunisti, dunque, la guerra è ne1 lla guerra; ,per i socialisti, la pace è · nella pace. Le tesi sono opposte ma, i,n rea,ltà, en.tramlbe tautologiche e, in definitiva, tali da non offrire né un'indicazione, né un programma. La cosa si fa ancora piu curiosa quando si' osservi che . . . . i comunisti (,la guerra è nella guerra) si astengono poi dalle manife- ·staziont di massa e di piazza, negan-do la loro parteci.pazione ai fatti del 27 ottobre alla « Mutuali1té », dove ventimila ,persone sono scese in lotta a Parigi, mentre i socia.l,isti (la pace è nella pace) si fanno fautori di q;uesti movimenti, in effetti pre-insurrezionali. In realtà, i partiti della ·sinistra francese non hanno ancora trovato una via politica d,i azione coere~e, e se certamente il vecchio Thorez è il piu lontano da una posizione fattiva, pres<? fra le nebbie del1 la speranza di essere un fautore. indiretto della rottura atlantica ~- la · Bibliotec Gino Bianco

2376 Roberto Gui,ducci réverie di un rinn·ovato e i,mpossi1bilefro:nte popolare, anche i so·ciaI.isti, pur perseguendo nei tatti una ·p-olitica ben piu decisa di rischio e di rottura, non sono riusciti a in·dividuare una linea politica coerente su cui innestare i loro coraggiosi, ma limitati, interventi. Ed è con1tro questo stato di cose che i « 121 >> prendono posizione. Essi non si sentono -di ident-ilfìcarsi né con la paralisi comunista, né con il moralismo, anche se generoso, dei socialisti. Per essi, la sinistra, in,quadrata nei va,ri partiti o grup,pi che la rappresentano, è blo1ccata. E lo è, poiché è costretta, maLgrado l'opposiz,ione, a stare al gioco, a rispettarne le regole. Un partito è un'istituzione ,pu1 bblica e legale. Per non perdere queste carartteristiche, non può uscire da quegli angini che ha dorvuto accettare per considerazioni realistiche e di sopravvivenza uffioia·le. Ma quali argini! Subire la guerra, il colonialis•mo, la pratica della tortura, la dittatura del Generale, la soppressione del regime parlamentare ~ di quasi tutti i diritti democratici. J pa1 rtiti, già prima del gollismo, e ancor piu dopo il go1 llis.mo, sono costretti a pagare o·gni giorno la continuità dellà presenza con la contin·uità dcll'im,potenza. Rompere il gioco, ecco il pro'blema! Tornare alla clandestinità e quindi alla li1 bertà, come ha fatto Jeanson; decidersi per la diserzione e, quindi, per la vera mo,bi,litazione contro la guerra, i1 l colonialismo, la tortura, co1me hanno ,fatto i << 121 >>. Ciò costa il sacrificio del realisimo immediato e il pagare di persona. L'organizzaz,ione ille.gale può fìnal,mente muoversi senza timore -di bruciare gli indi'Vidui o, domani, le masse, perché questo è nei ,patti; sopratt,utto, gli in-di1v,iduipossono pretendere di agi1 re senza iJ timore ed il ricatto di br,uciare l'organizzazione, che si è già tagliata i ponti dietro d,i sé. . ,Questo picco1 lo ·ma,n~festo, di dublbia consistenza nel testo, e firmato in modo sconcertante ed eterogeneo da grandi pen·satori insieme a piccoli scrittori, da professor,i di provincia insieme ad attori del cinen1a, ha dato un impulso ·nuovissimo agli avrvenimenti francesi, mobilitando i socialisti, mettendo i comunisti di fronte alla necess,ità di decidere ·una ,politica, per non essere scavalcati dai loiro ader~nti, come è già parzialmente successo il 27 .d•i ottOlbre. _. BibliotecaGino Bianco

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