Passato e Presente - anno I - n. 6 - nov.-dic. 1958

778 Benna Sternberg-Sarel • funzionamento è compreso soltanto da un piccolo gruppo di tecnici e in cui gli operai sono ridotti a sorvegliare gli aghi di un manometro, è non soltanto mostruosa, ma, al limite, impossibile. Se la macchina si è sviluppata impoverendo l'operaio, se la nostra società può essere caratterizzata dalla ricchezza della sua tecnica e dalla povertà dei suoi rapporti umani, esiste tuttavia un punto al di là del quale qu,esto divario non può progredire: l'importanza del fatto sociale nella produzione e nella qualificazione implica l'importanza della attitudine operaia. È in questa prospettiva ~he bisogna comprendere la frase che Marx s~riveva ottanta anni fa nel Capitale: << L'industria moderna obbliga in realtà la società, sotto pena di morte, a sostituire l'operaio parcellare d'oggi, storpiato ... ridotto ad un frammento d'uomo, con un individuo completamente sviluppato, adatto ad una molteplicità di lavori, pronto a far fronte a qualsiasi cambiamento della produzione, e per il quale le diverse funzioni sociali che compie non sono che altrettanti modi di espandere liberamente le proprie forze naturali ed . . acqu1s1te ». Abbiamo già notato che, obbligati ad integrare l'operaio, i dirigenti industriali, come quelli della società nel suo insieme, sono indotti a porre il problema della cogestione operaia all'ordine del giorno, ma che questa tendenza democratica, d'unificazione della società di fabbrica, si trasforma nei fatti in centralizzazione. Pertanto il passaggio dalla necessità tayloriana di due generazioni fa dell'odierno « riconoscimento >> del ruolo dell'operaio assume un significato che è lungi dall'essere puramente formale. Il lavoro operaio si è imposto perché ha contribuito a trasformare il mondo. La società vive in un universo costruito da mani d'uomo, e riconoscere il lavoro non significa altro che riconoscere l'ambiente in cui essa evolve. Il lavoro era avvilimento ai tempi di Platone, attività inferiore, ma stimabile, per i teologi medievali; oggi gli si riconosce per principio pieno diritto di cittadinanza. Il fatto è che l'economia di una società, il suo modo di produzione, non è una astrazione: è il modo di vivere e di cooperare degli uàmini, è la loro esperienza, e l'ideologia di una società non può non esprin1ere tutto ciò. L'operaio resta un essere alienato, il suo prodotto gli sfugge appena uscito dalle sue mani, resta straniero al mondo che crea come a se stesso, e tuttavia si oggettiva piu profondamente nel cammino della società. Il modo di produzione, sempre più collettivo, forma e nello stesso tempo esprime la classe operaia e impone le proprie norme alla società. L'esigenza di una « pianificazione dal basso )), di una gestione operaia, è scritta nell'interdipendenza enorme fra i luoghi di lavoro e fra i reparti, è scritta nell'importanza che assume l'atteggiamento degli operai verso la produzione. La classe operaia rappresenta cosf l'avvenire: è la sola a trovarsi nella situazione d'essere volta Biblioteca Gino Bianco

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