Ombre Bianche - anno III - n. 5-6 - febbraio 1981

Bi 22 Alessandro Castegnaro L 1. Anche ammesso che in passato sia esistito qualcosa di simile all' "interesse generale'', mai come oggi questa categoria è stata in crisi. E ciò sùt nella forma ingenua, che non si avvedeva delle divisioni in classi, sia in quella più avveduta, cara ai marxisti, che con essa hanno descritto una pretesa capacità della classe di proiettarsi oltre il limite del proprio specifico. In tutti i sistemi a capitalismo maturo sembra di poter notare un aumento neUa articolazione degli interessi unita ad una crescente difficoltà nell'individuazioneselezione degli interessi da rappresentare. Nella nostra esperienza recente, la classe operaia, e in essa quella figura di ope-· raio comune che aveva animato la fantasia di molti studiosi, sembrano rilevare una diminuita capacità di riassumere in sé interessi e aspirazioni di altri strati sociali (nuovi soggetti,_ma anche altri segmenti del lavoro dipendente). Viene così a mancare, o per lo meno diventa molto poco solida, la base stessa su cui :reggere, se non l'interesse generale, almeno quel progetto dotato di proprie coerenze·interne che· appare sempre più in contrasto con la necessità di rappresentare tutti implicita nel modello neocorporativo. Emergono all'interno del sindacato problemi di governabilità affini, anche se certo non uguali, a quelli in cui si dib~ttono i partiti. Se si sceglie di rappresentare tutti è difficile pensare ad un progetto coerente. E si rischia di tornare, nonostante i "documentoni" e gli escamotage organizzativi (gli accorpamenti ad esempio) a un modello unionista in cui ogni gruppo cerca di massimizzare i benefici conseguibili giocando a breve il proprio potere di mercato·. Se invece si sceglle di non rappresentare qualcuno il rischio che si corre è la ripresa del sindacalismo autonomo da un lato e la ripresa di' forme di protesta dall'altro. In tutti e due i casi il sindacato vedrebbe messa in discussione la suà capacità di essere interlocutore autorevole, nel primo perché le sue parti non si muovono irì coerenza con le decisioni centrali, nel secondo perché il problema del consenso non sarebbe comunqué risolto e lo stato dovrebbe tener conto della presenza di altri soggetti. · 2. I modelli neocorporativi si sono realizzati storicamente in un contesto di durevole sviluppo economico, in una situazione cioè di abbondanza di risorse da scambiare sul mercato politico. Oggi questo modello viene riproposto in un contesto di crisi ed assume più il carattere di un coinvolgimento- del sinçiacato nella gestione della scarsità che un sistema capace di offrire contropartite. Per lo meno non è assolutamente .chiaro quali potrebbero ess~ere. Da ciò una ulteriore difficoltà ad operare délle sintesi negli interessi rappresentati.- Essendo poco quello che si ha da offrire diventa difficile condurre a termine l'unica strategia apparentemente possibile in-una situazione caratterizzata da forte articolazione degli interessi: offrire ai rappresentati qualcosa di diverso da q4ello che ciascun gruppo richiede, ma offrire pur sempre qualcosa. 3..Un terzo ordine di problemi che si oppone alla stabilizzazione di un modello or ·yo,- rmalmente trascurato dalla pubblicistica in materia, è conpes- !l~,~rgè. e ~.,...,,,.,.r, come in altri paesi, di tendenze localistiche o, detto in

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