Ombre Bianche - anno II - n. 4 - aprile 1980
Le rivolte dei veneti 69 to in una chiesa vicina. La processione andò così dispersa per compiacere un pu- gno di briganti della pessima specie; e le autorità non osarono zittire (29).'' Que~La è la cronaca degli avvenimenti che compare sui fogli clericali. La stam- pa cittadina ne riporta dei brani cospargendoli di punti esclamativi e li commen- ta: "Si può mentire con maggior sfacciataggine?". Tutti i giornali regionali e pa- recchi di quelli nazionali riportano le cronache dei fatti di Verona. In esse si parla di "morti, feriti, soffocati in nun1ero strepitoso", di '"proiettili, pece ardente, ac- qua bollente, bottiglie ed altro" gettati sulla folla dalle finestre (30). Il canonico conte Giuliari, uno dei più abili polemisti della chiesa veronese, spedisce una let- tera alla "Gazzetta d'Italia" sui fatti del 20 giugno, nella quale accusa "L' Are- na" "assieme a tutta la stampa veronese, di aver mitigato a bella posta le cause e le conseguenze di quanto avvenne" (31). Mentre da parte borghese si tentava sicuramente di minimizzare i fatti, accon- tentandosi degli avvertimenti pratici che potevano uscire dalla vicenda, da parte clericale è evidente il tentativo di gonfiare gli eventi, di esaltarne il significato di provocazione premeditata, blasf e1na e sacrilega. È chiaro che, disponendo di queste versioni di parte, risulta impossibile ricostruire, nella loro esatta meccani- ca, gli avvenimenti di questa giornata. E, a ben guardare, dal nostro punto di vi- sta non è poi molto importante una ricostruzione dei fatti da giudice istruttore. Se le cronache sono deformate dal messaggio di parte che volevano comunicare ad un certo pubblico, non ci resta che prenderne atto. Spogliare le versioni degli eventi dalle evidenti esagerazioni, mentre è un'operazione che non ci garantisce la verità, ci impedirebbe di comprendere l'uso politico a livello di massa che laici e clericali si riproponevano. In buona sostanza, è molto meno importante conosce- re retrospettivamente l'esatta meccanica della provocazione anticlericale e della reazione dei fedeli, che sapere quale versione degli eventi giungeva alle popola- zioni dei borghi e delle campagne che saranno le protagoniste delle vicende suc- cessive. E su questo non ci sono dubbi: il racconto che infiammerà di sacra indi- gnazione l'anima e la testa del contadiname veronese nell'estate del 1867 era senz'altro molto più vicino alla versione dell' "Unità Cattolica" che a quella della stampa cittadina o alle relazioni del questore e del prefetto. Dopo un paio d'ore di scontri violenti la folla si disperde, ma la tensione rima- ne altissima per tutta la giornata. Nello stesso pomeriggio il municipio fa affigge- re un proclama nel quale si invitano i veronesi a "conservare l'ordine e la tran- quillità che è il primo bene del civile consorzio''. Contemporaneamente appare sui muri il manifesto del prefetto che dice: "Veronesi! Un disordine proveniente in parte da mero panico, ha turbato oggi nelle vie della nostra Città una funzione religiosa, gettando la più viva commo- zione negli animi". Invita poi alla calma e chiude assicurando che "l'Autorità in- tende fare giustizia, indagando quali sono i colpevoli, e vigila sul mantenimento dell'ordine pubblico ( ... )" (32). BibliotecaGino Bianco
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