l’ordine civile - anno I - n. 8 - 15 ottobre 1959

pag. 2 nel diritto pubblico il privilegio. Nasceva lo Stato di partito. La guerra tuttavia ricondusse al· senso del nomos nazio-:nale. Tutti i motivi di contrasto, anche legittimo, vennero lasciati· cadere : anche se essi dovevano rivelare il loro peso sia nella preparazione che nella condotta della guerra. Una guerra giu– stificata con ·meri intendimenti di potenza, quasi una guerra di rapina: una guerra giocata come guerra politica senza che mai la politica si rivelasse un fattore di decisiva compensa– zione ,dell'inferiorità industriale e dell'impreparazione mi– litare. Una guerra perduta. E con la guerra perduta la crisi nazionale. Perchè il partito si era talmente appoggiato sul valore del nomos da trascinarlo con s·è. Tutti i valori del nomos sembrarono di– ventare nella sconfitta non più valori: e nulla si ritrovò più, nel polverone della catastrofe nazionale, che non fosse la mimesi di uno o dell'altro dei due grandi vincitori: gli USA e l'URSS. Il problema sociale, che il Risorgimento e lo Stato un'i– tario avevano posto ai lati, fu posto al centro: l'Italia si di– vise· in ,democrazia e comunismo. La ·co~vivenza nazionale perdeva ogni trascendenza e di– ventava utilitaria: gli americani offrivano la giustificazione morale dell'individualismo e i socialcomunisti gli davano con• tenuto pratico attraverso tutte le rivendicazioni economiche e sociali, facendo del sindacalismo una sorta di ideologia po– litica generale. La nazione spariva e compariva lo Stato come macchina amministrativa, incaricata della garanzia del benessere in– dividua.Je. Il principio partitico, preso dal fascismo, rimaneva, e si t~asformava nel nuovo contesto, in strumento ,di espres– sione e di pressione sociale sui pubblici poteri. E qui siamo giunti: non ci è più lecito usare l'imper– fetto perchè non siamo andati oltre. Quel tanto di senso del valore nazionale che ancora esi– ste appartiene alle generazioni· che hanno fatto la guerra soprattutto la priina guerra. Ma l'edonismo della civiltà di massa lo soffoca ogni gior– no di più. La civiltà del benessere, che non manca ,di una sua etica e di una sua forza civile, in Russia, in America, in Germania, diventa disordine, confusione e decadenza in Italia. Noi sap– piamo la ragione di questo. Sta nella grandezza storica del nostro paese e nella altissima dignità della sua vocazione na– zionale: è espressa in quelle parole di Pio XII: « Italia, paese più di ogni altro legato aU'opera ,di Cristo ». E questa •grandezza è una grandezza di vocazione civile : perchè gran• dezza di vocazione civile non vuol dire, oggi meno che mai, impero o potenza o ricchezza: vuol dire fedeltà a un ordine di valori, vuol dire alto senso di un nomos nazionale, non chiuso, non violent.o, non ipocrita. Chi crede che queste cose non abbiano più cittadinanza nel nostro paese si sbaglia. Il bisogno, anche se inconscio, di un nomos nazionale, .di una unità nazionale, che dia alla con– vivenza civile, in forza dell'ideale, quel calore di cui la Tra– dizione cristiana ha perpetuamente arricchito la famiglia, è vivo nel profondo delle coscienze : e domanda di venire alla luce. Bisognerà forse per questo che l'ora della demagogia batta il suo mezzogiorno: fra mille ipocrisie tattiche, l'aper– tura a sinistra ap;ra ancor più la strada alla pressione dema– gogica e allo svilimento dei pubblici poteri, in nome dei di– ritti sociali dell'Italia povera, aumell'tando la serie ,dei posti e degli stipendi che si offrono alle clientele politiche del welfare state nostrano. l'ordine civile Bisognerà forse che si dimostri ancora più chiara la falsità della via su cui l'on. Nenni, puntellato dai compia– centi e interessati servizi della sinistra d.c. e radicale e soste– nuto dalla volontà- dei comunisti di ottenere una parte mag– giore di rispettabilità parlamentare è riuscito a incamminare la politica italiana. Bisognerà che si veda come tutti gli sforzi anche i più alti, gli ammonimenti anche _i più autorevoli non ottengo~o ascolto e rispetto sostanziale. Eppure, lo sappiamo, il vero paese reale ( usiamo l'antica distinzione, che torna oggi attualissima) è fuori di tutto que– sto, è •contro tutto questo. La fraseologia frusta e fiacca non lo incanta: e se la fama di rispettabilità che la professione cattolica conferisce a taluno dei sostenitori dello Stato de– magogo, induce uomin~ onesti e semplici a qualche illusione, poche battute del nuovo corso saranno sufficienti a liquidarle. La restaurazione di un nomos nazionale è già oggi una grave esigenza e un desiderio sentito : i demagoghi che ma– novrano per governarci lo renderanno· una improrogabile ne– cessità ed una -:Concreta possibilità. Noi siamo per un vero Stato di diritto: per uno Stato in cui l'intelligenza, la competenza e l'onestà e non una tes• sera di partito e un tenace appetito ,di onori e di potere siano il titolo per ,la carica pubblica: ·per uno Stato i,n cui fa rappresentanza torni a essere una funzione ed il go– verno un'altra funzione, restaurando, in termini- nuovi, il classico principio della distinzione _dei poteri: in cui l'auto– governo abbia una parte maggiore e più estesa, informi di sè la vita locale e limiti la burocratizzazione e la macchi– nazione dell'organismo statale: in cui l'autorità imparziale dello Stato consenta di adempiere agli imperativi che la giustizia impone alla coscienza civile moderna, garantendo a ogni cittadino il pieno proporzionale sviluppo ,delle sue doti natu.rali, senza che questo significhi porre la vita nazionale sotto il segno dell'arbitrio politico e amministrativo. Un moderno nomos nazionale deve superare i limiti del– l'unità nazionale del Risorgimento: non deve essere chiuso all'ordine internazionale e alla sopranazione Europa, ma vi– talmente inserito in ambedue: non deve essere indifferente all'assetto economico-sociale ma deciso a seguire le esigenze della giustizia in tutte le manifestazioni della vita associata. Il problema è di uscire dal materialismo, dalla demago– gia, dalla riduzione del problema della convivenza civile ,. problemi di benessere materiale. Se si pensa che la conces– sione al disordine dottrinale e civile abbia fa capacità di ,crea– re un solo posto di lavoro in più, si commette un grave errore. Solo un nuovo Risorgimento, più vero e universale del– l'antico, può •darci i beni che oggi taluni cercano con la dulco– razione del socialismo. Tutte le migliori energie, di tutte le tradizioni politiche oggi operanti in Italia, debbono riconoscere che la via del– l'on. Nenni può sì ·embrare ovvia e persino apparentemente inevitabile, ma è una via sterile in cui il compromesso dot– trinale è giustificato ,dalla transazione di interessi: una via che tende a consegnare il paese a una politica scettica e arida, in •cui il principio statalista del socialismo tende solo a giu– stificare un immenso Stato clientelare, di cui i politici sa- ranno i pater familias. • Oggi siamo già al principio: e dall'alba si conosce la giornata. Che il po•polo italiano possa conoscerla presto e presto abbandonare la via della deca,denza civile : questo speriamo, fosse anche contro ogni speranza. L'«Avanti», ne_l suo articolo di fondo del 14 ottobre, a firma di F. Gerardi, ci accusa di essere « contrari alla pace» e trascurati nella « questione sociale, considerata addirittura alla stregua. di un falso principio». Ancora una volta, Tecoppa ·è a sinistra: citi, Gerardi, che pure è giornalista apprezzato, una sola frase di « Ordine civile» che dica o implichi simili scioc– chezze. l « moderni» debbono. dunque ricorrere a un mezzo di polemica tanto primitivo da dipingere l'avversario come il mastro mangiafuoco di Collodi? Si assicuri Gerardi: siamo buoni, sic!mo per la giustizia e per la pace. Ma per essere buoni bisogna essere socialisti o almeno sostenitori dell'apertura. a sinistra? Ma Gerardi: _come farà poi a sostenere che gli integristi siamo noi? a

RkJQdWJsaXNoZXIy