l’ordine civile - anno I - n. 8 - 15 ottobre 1959
La parola di Dio e nel Nuovo Il 5. • li rimanere nella parola come essere del cristiano. Del soggiorno di Gesù nella città samarìtana di Sicar Gio– vanni ci parla così : cc E rimase lì due giorni e ancora di più furono quelli che -credettero a causa della sua parola, e dice– vano alla donna, non è più per quello che ci hai detto tu che crediamo. Noi stessi infatti abbiamo udito e sappiamo che costui è veramente il salvatore del mondo ,, (,Giov. IV, 41). L'evangelista ci presenta qui l'uomo che per la parola di Gesù, a causa della parola -di Gesù crede, lo accetta come salvezza. C'è nel dire di Gesù una sostanza di vita -che abbiamo sin qui scrutata in se stessa, rr..,:: che ora dobbiamo esaminare me– glio nel suo inserirsi nella vita più intima dell'uomo. Il passaggio delle parole di Gesù nella vita del fedele è descritto come un atto ,concreto con cui si piglia· una cosa (Giov. XII, 48), la si conserva in sè (VIII, 51) o, meglio, si rimane in essa : cc se rimarrete nella mia parola, sarete vera– mente miei discepoli: e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi >l( VIII, 31). Chi fa questo è puro : cc Voi siete già puri, per la parola che vi ho detto ,, (XV, 3-4). ,Chi rimane nella parola ha una sicurezza e una garanzia assolute: cc In verità, in verità vi dico: chi avrà conservato ·1a mia parola, non ve– drà la morte in eterno » ( VIII, 51); e ancora cc in verità, in verità vi dico, -che chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna, e non subisce giudizio, ma è passato dalla morte alla vita,, (V, 24 segg). L'esistenza del -cristiano nei suoi vari aspetti può essere sintetizzata in una sola espressione: rimanere nella parola. Chi rimane nella parola è puro, è libero, conosce ·1a verità, non subisce giudizio, ha la vita eterna, possiede cioè tutto quello che fa il cristiano. C'è quindi equivalenza completa tra l'es– sere nel Cristo e il rima~ere nelle sue paro-le. Una equivalenza che è facilmente deducibile, se si •considera che il Cristo è essenzialmente la Parola di Dio, non abbiamo tuttavia biso– gno -di aggiungere noi questa inferenza, l'identificazione la troviamo esplicita nel Vangelo, nell'allegoria della vite e dei tralci. cc Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui questo porta molto frutto, perchè senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me sarà buttato fuori come un tralcio e diventerà secco e lo butteranno nel fuoco e brucerà. Se rimanete in me e le mie parole rimarranno in voi, qualun– que cosa vorrete chiederete e vi sarà data ii (XV, 5 sege;). Ri– manere in lui significa che le· sue parole rimangono in noi. Rimanere nella parola non si può, ovviamente, senza pri– ma udirla. Questa parola però non è per noi il messaggio di una realtà invisibile. Il figlio che vede il Padre le ha dato con– cretezza terrena. Il Cristo è la Parola, egli sulla terra parla il Padre in tutto il suo essere ed agire umano. Noi -ci dobbiamo riallacciare a questa parnla pronunciata. Il Cristo vede il Pa– dre e fa la sua volontà, divenendo così parola anche terrena ò.el Padre. noi vediamo lui e possiamo fare ,la sua volontà, ma ti:a il vedere e il fare c'è ora la contingenza e la fragilità del– l'uomo peccatore, compensate però dalla mediazione dello Spirito, « la cui voce si sente, ma non si sa -da dove viene, né dove v_a>>(III, 8). Esso infatti, ( è l'esegesi più naturale), vie– ne da Dio e porta a Dio. ma a noi non interessa nella sua origine e nel suo termi~e, bensì nella str-ada ·concreta che riu- o 1a o ]a • -risposta dell' uoino Testamento di Domenico Farias sciamo a scorgere quando ascoltiamo la sua voce, e cioè Gesù stesso effettivo. Una situazione analoga a quella descrittaci al capitolo XIV cc Dove io vado, -di,ce il Signore, voi conoscete la strada. E gli dice Tommaso : Signore, non sappiamo dove vai; come sappiamo la strada? Gli -dice Gesù: sono io la stra-da e la verità>> (XIV). Una strada concreta ed effettiva, sulla quale tuttavia non riusciamo a camminare, e non sappiamo ovviamente, da dove viene, né dove porta. E' lo Spirito che scioglie la paralisi, egli e< ci guida sulla strada di ogni verità ,, ( XVI, 13). E questa strada sono cc tutte le cose •che Gesù e-i ha detto >l (XIV, 27), le parole cioè in cui il cristiano -deve rimanere. Vediamo allora intrecciarsi in maniera singolar-e l'acustica dello Spirito, e l'ottica del ,Cristo in una sintesi dinamica, quella dell'udire :e parole del Cristo, parole che essendo con– cretamente dette sono una realtà tangibile, parlano della effet– tività della storia, non si rapiscono pròveniendo da sorgenti misteriose: La mente va alle parole che Gesù manda a dire al Battista ,((andate, annunc.iate a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi vedono, gli zoppi camminano ,, ( Le VII, 22). E' la parola di Gesù che ha questo effetto, come tutto il capitolo quinto del vangelo di Giovanni ci spiega, a com– mento della guarigione del paralitico della piscina. Rifiutarla significa rigettare in uno la vista e l'udito. « Avvi,cinandosi a lui i discepoli gli dissero : Sai che i farisei udendo la parola si sono scandalizzati? ed egli rispondendo disse: lasciate, sono ciechi, ·e guide· di ciechi ; se un -cieco vuole guidare sulla strada un cieco, entrambi cadranno in un fosso » (Mt XV, 12 segg). Una cecità questa dei farisei che non è mancanza di vista, ma chiusura davanti ad uno spèttacolo -che hanno ,davanti agli occhi. Il capitolo nono di Giovanni è esplicito su questo punto, specie nei versetti conclusivi. cc E disse Gesù: sono venuto a giudizio in questo mondo; affinchè coloro ,che non vedono ve– dano e quelli che vedono divengano ciechi .. E alcuni dei fari– sei che erano con lui u~irono e gli dissero : forse anche noi siamo ciechi? Disse loro Gesù : se foste cie-chi, non avreste al– cun peccato, ma voi dite: noi vediamo. Perciò il vostro pec– cato rimarie (IX, 39 segg). Poco dopo ricorre la similitudine cc ( il pastore) le pecore lo seguono, perchè conoscono la sua vo– ce (X, 4 4 segg) >).Apprendiamo perciò che l'autoacciecamento è causato da un rifiuto della voce con cui si diventa sordi e ciechi; sì che cc vedendo, non vedono, e udendo non odono ii (Mt VIIL 13-18). Udirè la parola è perciò beatitudine ,com– pleta dell'occhio e dell'orecchio. L'insistenza dei vangeli sul tema dell'udire la parola non nasce in un 'atmosfera di -sugge– stione emotivo-auditiva, ma si connette al ·contenuto più inti– mo dell'annuncio della salvezza, che vuole fede, vuole peni– tenza vuole fecondità cl i opere buone, tutte cose rischiose. Il ve-cchio Adamo fu colui che non volle sentire, il Cristo invece ascoltò ( Rom., II, 13). 01rni cristiano deve passare da quella parakoè a questa ypakoè. Per udire la parola non basta l'orec– chio e per rispondere non basta la lingua. La -conclusione del discorso della montagna parla chiaro. cc Non chiunque mi di– ce: Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Si~nore forse che non profetammo nel tuo nome ... e dirò loro chiaramente: non .vi ho mai conosciu– ti ... -chi ..dunque as-colta le uue parole e l_efa, è. simile ad• un
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