l’ordine civile - anno I - n. 4 - 10 agosto 1959

STUDI La politica dello sv'luppo della . ' soc1eta E' passato ormai più di un anno dalla morte di Giorgio Ceriani Sebregondi. Molti fm coloro che scrivono o leggono cc Ordine civile » lo conobbero e .lo ebbero amico e lo ricordano o-ggi con l'im– mutato, commosso dolore che provarono alla notizia, terribil– mente improvvisa, della Sua mo-rt·e. E' molto di,fficile cercare di fissare, in queste poche righe, i tmtti salienti e caratteristici di una personalità veramente eccezionale come quella di Sebregondi. Così anche si -sente l'inadeguatezza delle parole per esprimere quale ricchezza rappresentò, per chiunque g.li fu vic~no, la Sua amicizia. Do– vremmo cercare di parlare della Sua intima e feconda spiri– tualità, della Sua coerenza, di una • vita intellettuale aperta all',onestà di ogni discorso culturale, dell'intelligenza e del– l'equilibrio che Lo rendevano consigliere prez.iosissimo. Do– vremmo richiamarci alle .lotte della Resistenza, alle esperien– ze politiche dehl'immediato dopoguerra, a movimenti, grup– pi, riviste che occupano un posto preciso neUa storia politico– culturale degli ulti,ni quindici anni in Italia; dovremmo par– lare del Suo lavoro, -che sempre Lo vide impegnato con la to– talità dei suoi interessi, della SVIMEZ, ,dello studio e delle ricerche sul problema dello svilupp,o :della società, ,inteso nella sua più globale accezione. Non ci è po,ssibile dire qui tutto questo. Sentiamo però che sarebbe un discorso da farsi, la cui validità a,ndrebbe ben oltre il semplice ricondo o la commossa commemorazione : auspichiamo, pertanto, che un'iniziativa in -tal senso, già da tempo maturata nel pensiero di alcuni amici di Sebregondi, abbia ,la possibilità di dare presto, e degnamente, il suo frutto. Per quanto sta -in noi abbiamo ritenuto necessario ripren– dere uno degli scritti più interessa;nti di Giorgio Sebregondi. Si tratta di una lettera a Padre Lébret, fondatore e ani– nwtore del movimento e della rivist(l francese << Economie et Humanisme >>. Il Padre Lébret ave-va invitato Sebregondi a partecipare alla elaborazione di una "teoria e dottrina deUa civilizzazione e ,dello sviluppo delle società". Sebregondi ri– spondeva, nel gennaio 1956, con una lunga lettera nella quale alfernwva di non ritenere possibile e opportuno questo lavoro di teorizz,azione generale e incitava '« Economie et Humani-s– me » a mantenersi sul terreno della "maieutica e della guida per l'azione, piuttosto che sul terreno della teoria generale della civilizzazione". Esaminava, qu-indi, le caratteristiche essenziali del movimento di « Economi-e et Humanisme » e le funzioni che questo avrebbe dovuto assumere nei processi di sviluppo della società, inserendosi in, essi, a livello delle co– munità locali di base, come "quella nuova forma di orga';,,iz– zazione dei ,cittadini che solleciti, guidi ed esprima il formarsi di un'autonoma capacità tecnica, politica e giuridica dei citta– dini stessi a concorrere alla determinazione della politica di sviluppo economico e sociale". Per arrivare' a questo ,era però necessario superare e com– pletare il concetto della "economia dei bisogni", che era una delle basi ,de.ll' impostazione culturale di « Economie et Hu– manisme », fino ad arrivare alla "economia e alla politica dello sviluppo". Forse è difficile intendere tutto il significato innovatore . delle tesi qui esposte: vogliamo solo dire che essP compor- \.., \J da un inedito di Giorgio Sebregondi tano un trascendimento del costume e della culiura corrente. Comportano un ideale civile formalmente e materialmente universale : comportano una civiltà che abbia il senso della Legge di Dio e dell'infinito valore dell'uomo, della sua miste– riosa capacità di libertà creativa. La forza e il segno di Sebregondi st~ appunto qui: di mostrare la semplice umanità delle grandi verità cristiane, ette umilmente in un linguaggio comunissimo. La sua nasc,o– sta attitudine stava nel dare testimonianza a Dio e all'uomo fel ling-uaggio della sociologia contemporanea, ritrovando i vtafori nel quadro della visione di ciò che ,comporta per una ocietà l'essere una società di liberi. Preghiamo quindi i nostri lettori di leggere con atten– Fione i due estratti che qui pubblichiamo. Essi per • noi ser– Eono pe-r rispondere alla donwnda di quali siano, al di là 'delle noslre -es-igenze,le nostre tesi. I E~ pe~ noi un conforto poter rispon~ere. con queste pa– role· di chi ha portato al cospetto del Dio vwente -le nostre tesse speranze. I Affermare l'economia dello sviluppo, o anzi, come pre– i"erirei chiamarla, la politica dello sviluppo della società, si– gnifica innanzitutto affermare un criterio di ordine fra i bi- ogni, e nell'impiego -dei mezzi. Lo sviluppo infatti, mentre forrisponde a un bisogno fondamentale della vita umana ed fnzi, vorrei dire, ne -costituisce la tendenza più essenziale, si :r,resenta come un bisogno complesso: ossia come un bisogno fi continuata combinazione di fattori, che implica necessaria- r. ente selezione, limitazione, gerarchia, coordinamento. Naturalmente si tratta di porre la questione dello sv1- 1 uppo non come una raccomandazione teorica ·e moralistica, ma come questione pratica dell'espansione e della tutela d-ella fita dei singoli e del complesso sociale di una d'àta comunità. La politica dell-0 sviluppo non consiste nell'azione carita- i ·va o comunque assistenziale -di apportare in misura più o eno grande, poco importa, dei mezzi di diretta soddisfa– one -dei bisogni degli indigenti; o per lo meno non è questa lr sua parte più essenziale, viceversa essa consiste più pro- 11riamente nella alimentl!zione e guida della disposizione uma– tla al miglioramento, al progresso, al superamento indefinito. I Per questo, contrariamente alla c-lassifìcazione -di (( Eco- nomie et Humanisme » - ov-e si trattasse soltanto di una guestione di classi,fì.cazione - la politica dello sviluppo met– tfrebbe al primo gradino il soddisfacimento dei bisogni di 1épassement, piuttosto che di quelli di sussistenza, in quanto, sf si vuole affermare e non morti-fìcare la vitalità e libertà dei popoli, la stessa sussistenza non può che costituire un sfperamento così dello spirito di abbandono o di inerzia di cui soffrono i popoli più diseredati, come dei limiti obiettivi strutturali che rendono scarse e precarie le stesse possibilità d~ sussistenza. I Il problema della politica di sviluppo si pone dunque cime problema di auto-sviluppo, nel senso di piena e consape-

RkJQdWJsaXNoZXIy