l’ordine civile - anno I - n. 2 - 10 luglio 1959

I La • questione Si possono fare su Ginevra le pm diverse cose: si può andare dall'ottimismo -dei giornali inglesi i(.Jl Sunday Times prevede una conferenza al vertice questa stessa estate) si~o alle preoccupate dichiarazioni di Herter o alle critiche di Adenauer: la materia è così fluida, incerta e sleg,ata che ogni op-inione può apparire verosimile. In realtà la conferenza dei ministri degli esteri ha finito per essere ( almeno in questa sua prima parte) quello che tut• ti prevedevano che fosse: cioè una semplice ripetizione delle tesi opposte. O, più esatt,amente, è risultato quale ~a politica sovietica desiderava che fosse: cioè la prova pratica dell'impossibilità 21.igiungere .a una vera trattativa al livello dei ministri degli esteri. Krusciov si è sempre rifiutato di considerare altra sede di effettive trattative che « la sommità », cioè l'incontro dei capi -di Stato; Tutta la condotta della delegazione sovietica a Ginevra è stata -dedicata a fornire una concreta ed efficace do– cument,azione a questa tesi. Un mese di -discussione ha lasciato le ·cose esattamente al punto di ·prima. L'unica sede in -cui .a Ginevra si è fatto qualche progresso ,è la commissione degli esperti per le interdizioni ,delle ·esplosioni nucleari, una com• missione che 1 è sorta sulla base di un tema classico della politi– ca estera sovietic,a. La diplomazia americana aveva posto come condizione per una riunione al vertice la realizzazione di -effettivi pro– gressi sul piano della conferenza ,dei ministri -degli esteri. I russi hanno risposto con un fin -de non recevoir. Semmai sono stati gli americani che hanno dovuto .abbassare e sfumare il peso e i termini di •questa loro condizione. Nella conferenza stampa del 3 giugno il rPresidente Eisenhowver ha detto che un accordo su Berlino non deve essere considerato come una condizione assoluta ·per la sommità ed ha .ammesso .la possibi– lità che per progresso soddisfacente dei negoziati dei ministri degli esteri si intenda non un completo accordo su Berlino, ma una •semplice intesa sui principi di un regolamento provviso– rio della questione. Il Presidente americano ha ribadito in sostanza che preoccupazione fondamentale degli Stati Uniti era di evitare una discussione sotto il peso di un ultimatum. E l'ultimatum era implicito nella minaccia sovietica, di annullare unilateralmente i diritti alleati su Berlino Ovest. I sovietici hanno risposto agli americani negando il •ca• rattere -di ultimatum formale delle loro proposte, ma ripre– sentandole tutte immutate e anche aggr-avate. Il discorso •di Krusciov, in risposta all'ultima proposta oc– cidentale presentata a Gromyko era un discorso interamente negativo. In esso egli chiedeva non una ma più conferenze .al vertice, ·attribuendo ad esse sole il carattere -di sede di tratta– tive. -Contestava il diritto degli alleati di rimanere a Berlino e minacciava di concludere un trattato ·di pace con la ·Germa– nia Orientale il cui risultato ,sarebbe stato quello di f.ar deca– dere anche i diritti occidentali (il che è formalmente ingiu– stificabile dal punto ,di vista del -diritto internazionale e costi– tuisce quindi un vero e formale atto di forza). Le condizioni, « americane » per una conferenz,a al verti– ce ( non trattare sotto la minaccia di un ultimatum per Berli– no ; serii progressi nella conferenza al vertice ,dei ministri -de– gli esteri) venivano dunque tutte -compiutamente respinte. Ciò. nonostante il Presidente sovietico manteneva la sua proposta di una e anzi di più conferenze al vertice. di Berlino di Giovanni Baget-Bozzo La conclusione logica da parte degli occidentali, ,dedotta dalle loro stesse posizioni formali. avrebbe dovuto essere la chiusura ,della -conferenza dei ministri degli esteri. E' stata invece -soltanto interrotta. ·E per ,di più ,è chiaro per tutti che il motivo del rinvio è soprattutto quello della necessità di armonizzare i punti di vista occidentali, visto che la fermezza dell'iniziativa -sovietica è riuscita a rendere vana l'unanimità raggiunta attorno .ad un programma massimo. • Del resto il problema delle divergenze tra gli alleati è stato posto pubblicamente all'ordine del giorno dalla dichia• razione ,del Cancelliere Adenauer. Il senso di questi fatti è chiaro: 1 URSS tratta oggi da una posizione di forza, gli alleati occidentali da una ·posi– zione di debolezza. Alsop faceva· not,are questo fatto parago– nando il modo ,con cui oggi i russi puntano verso la confe– rnnza al vertice con quello usato, ·quattro anni fa, per ot• • tenere la prima conferenza di Ginevra. In -quell'occasione i russi ritennero di dover pagare pri– ma un certo prezzo per ottenere la sommità: si· ebbe così il trattato di pace -con l'Austria. Questa volta :il gioco è l'oppo– sto : è agli occidentali -che si vuole ,di fatto far pagare un prezzo per ottenere la ·« sommità » e gli occidentali hanno già accettato di pagarlo, ·hanno già offerto una diminuzione dei loro diritti a Berlino. I sovietici non hanno giudicato il prezzo sufficiente. Sono molte le ragioni ,della posizione ,di forza dei sovie– tici. Una è dovuta al successo -sovietico nella produzione dei missili intercontinentali. ,L'equilibrio atomico, prima massic– ciamente a vantaggio americano, ,è gradualmente scivolato sino a raggiungere posizioni ,di vantaggio per i sovietici. Ma non è tutto qui. La causa fondament,ale del vantaggio sovietico -è che esso •ha conservato sull'occidente notevole superiorità in termini di armamento cla-ssico. L'occidente si trova ora ·innan– zi al dilemma·: o guerra atomica o appeasament, i russi no. I russi possono benissimo accettare di non usare la bomba atomica, gli americani no. L'occidente ha giocato su un solo oavallo. Su questo ha concentrato una così grande potenza, eguagliata solo ,dall'altro, che egli è ormai vincolato a una posizione rigidissima di cui appunto uno dei termini è la guer– ra atomica. Prima e più che una posizione mili-tare, è una posizione morale e politi-ca difficilissima. Si può distruggere il mondo per ,Berlino? Un altro dei vantaggi russi è dovuto agli imme– diati vantaggi del potere totalitario, del potere che non deve rendere alcun conto a nessuna opinione pubblica. Esso può minacciare, urlare, premere, mutare, senza nessuna remora e nessun controllo. Solo in casi estremi il capo di un paese ,democratico può mina•cciare la guerra: il capo di un governo autoritario può farlo a suo buon piacimento. Ma la politica della minaccia giova al capo di un paese autoritario perché gli consente di bloccare attorno a sè il paese. Questo si ,è verificato anche nel caso sovieti•co. La poli– tica -della minaccia gli consente di superare il tentativo ci– nese di assumere una certa forma di guida ideologica -del mondo comunista. Ui fronte a una così risoluta posizione po• litica, -chi può accusare il capo del governo sovietico ,di revi– sionismo, •di cedimento alle tesi della borghesia? E ehi può

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