l’ordine civile - anno I - n. 2 - 10 luglio 1959

LETTERATURA E COSTUlVI Don Chisciotte e l'ideale del ca– valiere E' stato detto che -la società attuale manca di un tipo umano ideale, come fu il cavaliere nel Medioevo. Si ha il lavoratore -delle reto– riche ideologiche ottocentesche; si ha il divo del cinema e -della televisione; il campione sportivo, l'atleta, ma non un tipo che sinte• tilizi le virtù e ·le aspirazioni migliori, come l'eroe omerico che ispirò la paideia greca. Il buon senso cartesiano e borghese ha finito col sommergere ogni cosa, livellando aspirazioni e ideali umani, e togliendo dalla faccia deila terra quel po' di follia, che pur poteva restare e che si richiede per poter servire fino in fondo una causa religiosa, morale, civile. Lo ricor-clava Giuseppe Capograssi il quale, in con– trasto con un mondo diventato troppo razio• nale, logico e prevedibile,_ invocava quella che fu la saggia « insania » -di Platone, unita al segno di contraddizione del Vangelo. S'intende che l'antica insania veniva invo– cata non per combattere la ragione in sè e la umana essenziale richiesta di razionalità e cli giudizio, ma per combattere una ragione cul– turale, quella cartesiana e 'le sue comode cer– tezze. Nè facendo ciò si voleva giustificare l'orgia cli .paradossi metafisici -di certo irra– zionalismo cattolicizzante, che ha usurpato la parte -del pensiero cattolico, nella recente espe– rie11za esistenzialistica, sfruttando fra l'altro anche l'ideale del cavaliere, ripresentato dal famoso commento di Mi,guel de Unamuno su Don Chisciotte. Ma il cavaliere non è stato pm risusci– tato. Al suo posto le scuole esistenzialistiche hanno promosso le bande degli stravaganti, ca– valieri d'altro genere, e campioni di gesti gra• tuiti e di viltà, come Ii definisce un giorna• lista, che ne ravvisa gli ultimi esemplari negli « arrabbiati » e nei teppisti, che funestano le grandi città. Ma la cc gran bontà -dei cavalieri antiqui » è esistita davvero? Non si tratterà di un ideale umano troppo grande per potersi dire di una epoca e cli una civiltà, che, riguardate atten– tamente, mostrano gravissime pecche proprio in quei settori dove più sarebbe dovuto fiorire l'i,deale cavalleresco? Dr solito ogni ,grande e vero ideale umano è esistito o esiste più nei cuori e nei voti degli uomini che non nella realtà storica del mondo. Il peggio .è quando esso non esiste nep. pure nel desiderio; quando non vive più co– me imperativo morale e civile. Certamente il cavaliere è esistito. Non di rado egli fu il santo laico, for,tissimo uomo di fede e di spada, ucci ore di draghi infernali e dominatore delle .proprie passioni. La sua anima era di Dio, la sua vita -del re, H suo cuore della donna amata, tutto per sè l'onore. Erano, come i campioni cantati da Pindaro, gli eletti della gloria. Orlando e i paladini, stando alla tradizione e alla leggenda, si la– sciarono massacrare a Roncisvalle cc accioché di loro mala canzone non si potesse cantare ». La gloria, che oggi sembra risiedere nel ci– nema e nella televisione, era ancora nelle mani dei poeti, dei ·Cantori delle corti e del po• polo; e la più alta, nelle mani di Dio. Non è arrischiato dire che, dopo il secolo XI, il mondo ebbe nel cavaliere il suo ideale umano di forza fisica e di forza morale e spirituale, all'incirca come la Grecia antica ebbe nello eroe omerico l'ideale dell'areté, sintesi delle , aspirazioni e delle virtù di tutta una civiltà. Oltre che istituzione militare, politica, civile, religiosa, la cavalleria fu scuola. Dopo però venne sempre ,più appesantendosi nelle sue formule e nei suoi simboli, così come le mae– stose armature dovevano -appesantire uomini e cavalli, fisicamente. Fuori tempo ormai, anche come elemento militare, la cavalleria medie– vale verrà fermata e fiaccata dagli infallibili arcieri che i principi inglesi sbarcarono sul suolo <li Francia, durante la Guerra dei Cento Anni. Le .fanterie, ehe nelle formazioni delle antiche falangi greche e delle legioni romane, avevano dovuto cedere alle cavallerie barba– riche ( che saranno il nerbo militare -della -so• cietà medievale), hann~ ora negli arcieri in– glesi la loro ·rivincita. La Francia, mal difesa dai suoi cavalieri, dovrà attendere iI miracolo di -Giovanna d'Arco per riaversi e passare al contrattacco. Dalle turbe che la· Santa incita alle armi si trarranno J.e nuove forze militari di terra. La trasformazione militare è in atto e si compie insieme con la 1rasformazione ge– nerale della società e della civiltà. L'arma da fuoco darà poi il colpo di grazia alla spada e alla lancia. ,L'uomo a cavallo era un privi– legiato, il meglio difeso e armato, il padrone del feudo e della vita dei sottomessi. Nelle nuove formazioni militari, i privilegi a mano a mano cadono. Si respira la nuova aria de– mocratica. Si annunziano tempi nuovi. E' l'ora delle formida-bili fanterie francesi, spagnole, svizzere, con le quali i nuovi Stati aprono ]a storia moderna. Ai tempi in cui scriveva il Cervantes, il ca– valiere medievale era più nella letteratura e nella retorica che non suHa terra. Stando a Heine, l'ultimo cavaliere del mondo fu pro– prio l'autore del Don ,Chisciotte, cattolicissi– mo e sereno, fino alla pietà per se stesso. Co– siché il iDon .Chisciotte sarebbe ,anche una se• rena autocritica, un esame di coscienza poetico, da paragonare a quello ,filosofico di Cartesio e a quello religioso di •Lutero, con la differenza che .J'autore -del .Don ,Chisciotte non preten– derà di avere nel proprio io il punto di forza e di certezza per una ricostruzione del mondo. Il <Cervantes realmente deponeva le armj del cavaliere, con grande umiltà di credente e virtù straordinaria di poeta. Forse tutto quello che Cervantes voleva di– mostrare ,con la sua opera era semplicemente questo: come l'alto ideale del cavaliere er• rante, datoci in tanti libri,· sia fuori dei tempi_ ,. fuori del mondo. Esso è retorica, lettera– tura, che ci impedisce di guardare come stan– no le cose, e .di aecettare i nostri simili per quello che sono, contadini, preti, baccellieri, osti. Don Chisciotte, come tutti coloro che eleveranno il ,Libro a ragione di v.ita e a fo. gica suprema -del mondo, è un folle monolo– ganie, nel mentre ·crede di dialogare. Gli man– ca il senso .del dialogo e, in definitiva, della ecclesia, e per ciò si rifiuta ostinatamente di riconoscere gli altri, preferendo a essi i fan– tasmi della sua ,dialettica mentale e del suo romanzo . .Don ,,,Chisciotte è un misero esempio di superbia, su cui il poeta invoca e ottiene la sua e l'altrui ,pietà. Il Cervantes crede in Don Chisciotte. Crede nella bontà del suo ideale, ma vuole mostrare insieme la follia di chi pretende .di vivere quell'ideale fuori del momento natura-le e della propria e dell'altrui umanità: fuori della storia e degli uomini. L'equivoco di Miguel de Unamuno è un po' della natura .dell'equivoco di Lutero e di Kant, e 'di quanti si ostinano a sostenere ideali di religione, di morale, di scuola, di politica, pla– tonicamente formati nell'ambito interiore del– l'io, sia pure di un io trascendentalizzato e universalizzato. Il Dottor Faustus di Thomas Mann, che si appaga di una -emozione este– tica incomunicabile, potrebbe servire a spie– gare la posizione di chi crede di potere consu– mare nel proprio io tutto il bene e il male del mondo. Il Don Chisciotte del commento di Unamuno è la parte che il Cervantes ha supe– rato e ha perdonato. E' il Don Chisciotte pro– testantico, figlio dei libri e adoratore dei libri, come Lutero e Faust: non figlio e fratello di uomini. Quando il baccelliere Sansone Carrasco, ca– muffatosi da Cavaliere della Luna Bianca, af– fronta per la seconda volta e abbatte Don Chi– sciotte, chiede a questo di giurare che ritorne– rà a casa. E Don Chisciotte accetta, e alla fine vera men te rinsavisce, nell'atto di umiltà che lo induce a riconoscersi per quel che è. In questa coscienza della propria follia passata e della propria povertà presente consistette la grandezza dell'uomo, che questa volta era il suo autore, come nella coscienza della propria miseria era per Pascal la grandezza dell'uomo in genere. Di fronte al mondo moderno, al mondo .del– la ragione e della tecnica, l'eroe del Medio Evo, l'ultima figura di eroe cristiano vien meno. Nasce l'eroe moderno o borghese, il navigatore, il pioniere, il mercante, l'imprenditore ricco di una sua maguanimità e non privo certo di una sua dura religione della coscienza. Ma la sintesi è rotta. L'eroe moderno spesso accetta la Bibbia co:i:nesuo libro, ma lo legge solo at– traverso una interpretazione scrupolosamente umana del'Antico Testamento. Il profumo del– l'aspirazione più alta della civiltà greco-roma– na, unito alla comprensione dell'altezza, del– l'ampiezza, della profondità del .disegno di Dio nella Chiesa di Cristo, non hanno più parte in una civiltà che si costruisce tutto, dapprima di fatto, poi anche in diritto, sotto il segno dell'immanentismo materialista. Con Don Chisciotte della Mancia muore la parte materiale della civiltà medioevale, quel– la -che uon poteva non morire, perchè mate– rialmente superata. Ma muore anche qualcosa di molto più alto, muore la congiunzione tra Chiesa e storia, tra Uomo Eterno e civiltà umana. Da allora nulla ha più coperto quel grande vuoto. FonTUNATO PASQUALINO Il mito della Dose Una parola almeno, a ricordo della Duse, in questo tempo che ha vi lo le celebrazioni della sua arte e della sua personalità. Si sono dette tante cose, e da chi ancora poté sen• tirla e conoscerla, e da -chi ha creduto alla sua grandezza attraverso il ricordo degli altri. Certamente non è immediatamente facile comprendere il mondo artistico di Eleonora Duse. Esso si venne costituendo nel clima sto– rico del secondo romanticismo, e la sua arte risentì, come era naturale, degli elementi cul-

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