Nuova Repubblica - anno IV - n. 44 - 28 ottobre 1956

8 ni::-ti. rurtroppo non si è saputo distinguere nella scelt.a fra la tensione reale dei dipinti di quel tempo, e l'incl'tc l'ipetizione dei più recenti, con il risultato di una con– fu~ione che non giova certo alla memoria del pittore che fu, se non grande, artista almeno di indubbia emi– nente personalità. Della « generazione di mezzo> tede– sca sono presenti a Venezia i pittori Fritz \Vinter, che rni semb1·a sostennto da una notorietà superiorn alfe sue possibilità reali, tuttavia notevolissime (sviluppatosi dal sunealismo di Klee ve1·te ora, tramite la le:r.ione spesso scopel'ta di "Eiartung, a ricerche di attualità e di pre– senza morale), e Ernst VVilhem Nay che tenta di svi– lnppare certe premesse di organizzazione cromatica tanto di ]{andinsky che di Delaunay. Il padiglione spagnolo è nntrjtissimo e testimonia di una notevole varietil di ricerche, dal naturalismo ~pesso assai piatto e tradizionale (che è prevalente} al– l'astratto (qui notevolj i giovani Cesar Manriqne e An– tonio Tapiés). }>rivi di reale importanza sono i pitto1·i Juan de Echavania (1875-1931), un piatto ed insigni– ficante naturalista, e J. Vaqnero Palacios (1900), troppo viziato dalla retoJ'ica dell'impervio e desolato paesaggio spagnolo. Interessa assai più la breve rievocazione del noto scultore Pablo Ga,·gallo (1881-!034). Gargallo è uno di quei fenomeni di grande 1:-ravura tecnica accop– piata ad nna inventività inesatll'ibile di trovate che fanno pensar·e alla « sorp1·esa » ed alla « meraviglia » del ba– rocco, e che sono tntt'altro che ra1'.i nella cnltnra spa– gnola. Conscio pe1· dii-etta espel'ien:1.a del cubism~, Gar– gallo ha risolto la sua scultura, fondamentalmente na– turalistica, in una sezionatura della visione secondo pro– fili e piani principali alternati ·a vuoti all11sivi: se ne ha 11na gioia della perfezione mtnnale, del manufatto, dell'originalità artigianale, anzichè la concreta proposi– zione di una problematica plastica. La Svizzera ha allestito uno dei padiglioni pili rap• presentativi della XXVIII Biennale, presentandoci esau– rientemente i suoi maggiori scultori non figurativi. Sono artisti, fra. i trenta ed i cinquanta anni, consapevoli in– teramente della moderna cultura _fìgmntiva europea: sa– rebbe facile. citare ora Picasso, ora Al'p, ora Monro, ora Rlee. ENRICO CRISPOLTI CRISI A SCULTURA ASTRATTA PIOMBINO (Dis. di Dino Boschi) <e Perché non parli? 11 MAGONA E CORNIGLIANO I 'TNTERESSANTE articolo di J'ietro Bianconi, pub– .J blicato sull'ultimo numero cli NR, mi sembra man– chi di qualcosa: della conclusione o, direi meglio, dell'indicazione di un'alternati:va. Non dice infatti cosa potrebbe e dovrebbe fare la Magona se fosse proprietà dello Stato o se fosse, addirittura, gestita dagli operai. In realtà, quando si definisce « sfida del marchese Riclolfi » la richiesta di qnesti di ottenere i semi-lavorati dalla C.ornigliano a prezzi ragionevoli 1 oppure di godere •di esenzioni fiscali o dogana]j, si afferma implicitamente •che la SocietiL dovrebbe poter vivere e prosperare anche senza questo agevolazioni. In altre parti de1l'articolo, poi, sembra quasi che Bianconi sostenga la possibilità, per la Magona, di continuare anche le lavorazioni « a caldo>. Ora, è vero che la lamiera a caldo è qualitativamente su– periore a quella prodotta a freddo, però i moderni grandi impianti di stampaggio e di taglio consentono di utiliz7.are senza difficoltà quest'ultima produzione, molto più con– veniente. La lamiera a caldo è solitamente impiegata per lavorazioni artigiane o della· piccola industria: cosl, ad esempio, nel settore automobilistico, tutti i grandi com– plessi (Fiat, Lancia, ecc.) impiegano la produzione a freddo, mentre utilizzano quella a caldo i carrozziel'i, per le macchine fuori serie. Ma quanta ne consumano? Sta di fatto che attualmente ~a Magona p?oduce in un mese, a caldo, un quantitativo di lamiere che il mer– cato assorbe in sei mesi. A parte ciò, il costo di produ– zione è superiore ai prezzi praticati sul mercato inter– nazionale, dato che i treni per la laminazione a caldo non sono stati .. r.i1:node1·nati: ma di questo si può far colpa alla Magona quando si sa che l'orientamento generale è indil'izzato verso la lavorazione a freddo? Quando la Magona pensò al rinnovamento dei pro– pri impianti considerò anche la possibifiti, di realizzare delle installazioni identiche a quelle della Cornigliano. Giustamente, però, il gove1·no si oppose alla concessione di fondi ERP a tale scopo, .ritenendo eccessivi, per il nostro paese, due complessi industriali di tal genere; e suggerì conseguentemente che l'impjanto di Piombino escludesse l':l-cciaieria ed i laminatoi < sbozzatori ~ e si limit~sse alla finitura dei coils (semilavorati) prodotti dalla stessa Comigliano. Ciò implicava una prima conse– guenza: posto che i vecchi impianti erano destinati a cessare perchè anti-economici, ed i nuovi, così limitati, non av1·ebbero potuto rnimpiegare tutti quanti i dipen– denti, occorreva preparare le condizioni pel'chè i lavoratori in soprannumero potessero essere rioccupati in altre atti– vità, così come anche p1·evisto, in teoria, dai piani della CECA dedicati al rinnovamento della siderurgia europea. El'a. questo un compito del governo, al quale non si prov– vide, ed ora se ne notano gli effetti. Inoltre, la soluzione cU cui sopra comportava la necessità di un accordo fra la Cornigliano e Ja Magona per cui la prima si impegnasse a fornfre i coils alla seconda a condizioni tali da consen– tire a quest'ultima di rivendere il prodotto finito al me– desimo prezzo al quale lo vende la stessa Cornigliano. Oggi questa· dichiara che non vi fu alcun accordo del ge~ nere mentre la :Magona sostiene di si; in ogni modo la cosa ha importanza solo al fine di stabilire eventuali 1·e– sponsabilità, colpo o leggerezze: quel che è certo che la Cornigliano ha dei grossi problemi di collocamento del prod~t:to finjto (e qui verrebbe in ballo tutto un discorso sulla CECA, troppo hmgo ora da farsi) ; pertanto ha pen– sato conveniente impedire che la Magona le facesse con– corren:,;a e si è messa a praticare, per i coils, dello quota– zioni che non 1·endono rimunerativa la loro trasformazione. Attualmente I~ Magona ha in funzione due treni di laminazione: uno da. 38 11 ed un altro da 48", ed avrebbe in propramma l'installaziÒnc di un terzo treno, con il quale la produzione di lamiera potrebbe raggiungere le 100.000 tonnellate annue; inoltre tale terzo treno consen– tirebbe il riassorbimento di un certo numero di operai (circa 200) rimasti senza htvoro per la cessazione delle lavorazioni a caldo. Il programma però non può realiz– zarsj se non interviene un accordo con la Comigliano op– pure se agevolazioni doganali non consentono di impor– tare dall'estero i coils a condizioni eque (al qual riguardo è da tener presente che la Cornigliano, attrezzata per pro– durre ai prezzi medi del mercato internazionale, può in– vece liberamente praticare quotazioni diverse perchè po– sta in condizioni di monopolio appunto dall'esistenza di notevoli protezioni doganali). e ERTANIENTE il problema più grave, in tutta la que- stione, è rappresentalo dagli operai che restano o ri– schiano di restare in futuro senza lavoro, ed a tal proposito chi sc1·ive tiene a dire che fu a suo tempo nettamente fa– vorevole alla salvezza del Pignone, contro quanti ne po– stula.vano la chinsnra. Ma salvare un'azienda signifìca operare in modo da farla divenire economicamente produt– tiva quando tale non ~- Non importa chi siano i padl'oni di una Società: se oggi infatti la Magona fosse dell'IRI avrebbe da risolvere i medesimi problemi, e non sarebbe cel'to una soluzione quella di 1netterli a tacere: perchè già. troppe sono le Società dell'TRI che lavorano in perdita, col risultato di gravare sul contribuente ed anche forse cli impedire un migliol'e utilizZo dei lavoratori impiegan• doli in lavori pubblici più produttivi. Con ciò non vogliamo naturalmente difendere i pa– dl'oni della Magona ed il capitalismo italiano; qui non tratta di discutere della vroprietà delle aziende siderur– giche italiane: si tratta invoce di stabilire che non è solo denunciando certe colpe che si risolvono ·alcuni pro– blemi vivi ed urgenti dell'economia italiana. Può Emit!-trsi a ciò chi si creda destinato ad una permanente o comun:. que molto lunga opposizione, pe1· cui non 1-i!ugge dalla demagogia; non certo, però, un socialismo che comi1ni a ·porsi concretamente sul piano dell'alternativa al governo della D.C.: un tale socialismo deve cominciare a pro– porsi noi termini effettivi il problema dell'industria ita– liana se non vorrà essere colto impreparato al momento opportuno. Ciò è tanto più necessario quanto più è vasto il programma di nazionalizzazioni o socializzazioni che qu0l soçialismo vorrà e dovrà realizzare. FRANCO RA VA' (154) f!Uova repubblica LA 'fHAGEDIA DI TEHUAZZANO P~4LLOTT() lj E VENIALI L E VOCl che corrono le sapete tutti, no? Dicono, i so– liti rompiscatole, che Santo Zennaro è salito con la scala nel momento in cui la maestra col pugnale aveva attaccato il pazzo, è saltato addosso a.I pazzo, l'ha disaml}lto e, rivoltella in pugno, è andato alla porta, ha spostato i banchi e aperto 11n varco:. in quella al'l'ivaron? le forze dell'ordine che, visto Si\nte Zennaro in tuta e con la rivoltella, gli scaricarono addosso i mitra, fulmi– nandolo. Dicono così, ma si tratterà dei soliti mezzi malti. Quello che inYecc dice il Corriere d'Informazio ne di lunedì 15 ottobre supera ampia'mente i limiti della paz:1.ia. Spo-. ravatc di farci credere di esser matti, miserabili frnte!li Snntato? Dilettanti. Leggete il Corriere. Com'è come non è, la pe ..izia necl'oscopica ha convinto il magi~t.rato a chiedere al questore « una nuova partico• lareggiata relazione sull\1.s~alto finale». Perqhò? Perchè s'è scopl"rto che oltre al pazzo e al fratello del pa,-.zo, pnro che qualcun altl'O nbbia sparnto contro Sante 7.enna ro. Chit Le maestre? I hambini? [I bidello? Pare di no. M.a chl allor(I.? Possibile che nessuno abbia spara.to? Quel vecchietto li1. sul davanzale. forse. Pe-rchè. insomma, tredici colpi addosso a Zennaro sono nn po' tantini. Tnoltre pare che alcml'i siano di calibro !} che, guarda caso. è quello del mitra e il mitra ce l'aveva solo la polizia. Ma sapete come fa il Corriere a dirlo! Ecco: « tra quelle (pallottole) rcpertate .ve ne sono sicu– ramente di calibro 7,G5 >, che è un modo come un altro per dire che ce n'erano anche delle altre. Be' sì, a nn certo punto bisogna dirlo, gli ha sparato anche la polizja, Oh che peso tolto dallo stomaco. Però non correte troppo: quando- la polizia ha sparato su Sante Zennaro (diamine, era in tuta come il fratello. del pazzo, chi poteva sapere che non e,ra il fratello del pazzo, noi veniamo di fuori, non siamo mica del posto), Sante Zennaro, dice il Corriere, era g-ià morto. Aveva già ric':\– vuto dai pazzi t1·e pallottole « mortali»: una gli ho. tra– passato il cervello, l'altra il collo e la nt1ca, la terza il cuore. A questo punto il morto ha spostato i banchi e ha aperto la pol'ta alla polizia la quale, spaventata dal fe– nomeno di un morto che sposta banchi e apre po1·to, gli ha scaricato addosso i mitra. Totale: altre sette pallot– tole, ma «veniali> stavolta (dato il regime; la 1.lattuta non è nostra e ce ne dorremo per tutta la vitaf:" di qtÌclle che non uccidono, perchè, infatti, era già morto. Ma se era già morto come ha. fatto a spostare i ban chi? Eroismo, dice il Corriere: « ... il sacrificio di Sante Zennaro divenne martirio, si sublimò: giil mo1:ibondo, egli trovò la volontà e l'energia per rimuovere alcuni banchi e spianare alla forza pubblica la strada per la salvezza dei bimbj » (corsivo nostro). E se era già morto, perchè scaricargli addosso pal– lottole, seppure «veniali»? Aveva la tuta, dice il Cor– riere ( non por antioperaismo, intendiamoci), e capireto: uno sa che un pazzo criminale indossa una tuta, vede un morto con la tuta e gli spara. Cosa c'è di strano? « Quan– do la porta fu sfondata, il p.rimo che apparve, purtroppo, fu l'agonizzante Sante Zennaro. El'a in tuta. Nessuno sa– peva, nessu90 poteva prevedere che ci fosse nella stanza un uomo di più, e per giunta così vestito »,• • « Scusi, maresciallo, com·e si fa a .scarico re il mitra!> - « Si fa così, figliolo; ·tanto, morto per morto .... >. Continua il Corriere: « Qualcuno potrebbe ancbc os– servare perchè mai fu proprio un civile e non un uomo della forza pubblica a entrare nell'aula attraverso la fine– stra>. Giù, appunto. Risposta del Corriere: « Non è corto . il coraggio che [~ceva clifotfo a polizia e carabinieri in quelle drammatiche circostanze ... ». Santo Zennaro: scusa se abbiamo fatto dello spirito snll'episodio che t'è costato Ja vitR, ma cere~ di perdo• narci. Il tuo eroismo servirà a tante cose: non semplice– mente a far aumentare la sorvegHanza al manicomio di Avel'sa, corno sostengono coloro cui dà fastidio vedere in giro la testimonianza delle proprie malefatte, ma a co– struire un ordine nuovo, in cui non trovino pos.to quelli che ti fanno spostare i banchi da morto, morire prima che ti sparino, p1·ende1· pallottole « veniali> a scopo di esercitazione. BURBA 111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111•11111111111111eu1111111111u111111111111111 ABBONATEVI, FATE ABBONARE A nuo~a repubblica 1.500 (annuo) 800 ( semest raie) 450 (trimestrale) 1111111111111(1u11111u111u11111111111111111111111u11111111m1111111111111111111111111111111111u11111111111111u1

RkJQdWJsaXNoZXIy