Nuova Repubblica - anno IV - n. 4 - 22 gennaio 1956

(94) nuova repubblica !LUCIDELLARIBALTAI IL ROSSO E IL NERO I .L TITOLO dato dalla distribuzione italiana alla ver– ~ione cinematografica de ll rosso e il nero di Stendhal rispecchia inconsapevolmente lo spirito con cui la nostra censura ha sfigurato -il film di Autant-Lara. L'uomo e il diavolo non significa nulla, riflette solo un'antitesi di marca controriformistica ch'era lecito sperare tramontata. Il film segna del resto un caso Jìmite della significativa coincidenza cli interessi tra censura e noleggio; appena tenninata, già si sapeva che l'edizione italiana di quest'o– pP.ra, realizzata in coproduzione italo-francese, sarebbe stata profondamente alterata rispetto a quella francese, e il regi– sta lanciava un nobile appello contro le minacciate muti– lazioni (Cinema ·Nuovo n. 49, 25 dic. 1054). Come, da chi e in quale misura il film sia stato manomesso e ridotto nelle condizioni in cui circola nelle sale italiane, quale sia. il rnpporto tra meschini calcoli di programmazione da un lato · e incredibili crite,·i di conformismo confessionale dall'altro non è facile stabilire. Sta di fatto che il film, cosi come ora lo vediamo, è stato .decurtato di un terzo della sua 1ar– ghezza: la durata di tre OJ'ee mezza nell'edizione normale è l'idotta a poco più di due, i tagli complessivi assomm.imo à 1500 metri, corrispondenti a un'ora circa di proiezione. Discutibili i criteri del tornaconto commerciale: se si era avuto il coraggio di inAiggel'8 al pubblico le quattro ore di spettacolo di un polpettone come Via col vento, si poteva bene affrontare il passaggio integrale del film di Autant– Lal'a., che a parte .il suo valore artistico e culturale, mostra di possedere .una capacità di presa spettacolare tale da assicul'arne il successo anche sulla gran massa. del pub– blico. 1-,iù sottile e accurata (nel suo intento) l'opera della censura, che è riuscita a svisare radicalmente Ja trama e .il significato del celebre romanzo. Il rist1ltato principale è l'eliminazione ·dell'elemento più .tipico dello spirito stendha– liano, il senso della sto1·ia, cioè a dire .il l'8pporto c1·itico tra le vicende di Julien Sorel e i caratteri del suo tempo. Nel romanzo tale rappol'to si configura nel contrasto tra re1·cdità degli eroici ideali napoleonici e i vili costumi - sociati-succeduti all'età della 1,.lestaurnzione. Rjfacendosi allo stile lucido e secco doi moralisti sclteccnteschi (Cho– del'los da Laclos, più che Voltafre o Montesquieu), Sten– dhal concepì ia sua « Cl'onaca del 1830 > come un vasto panorama della società francese, nei suoi va1·i aspetti pro– vinciali, cittadin.i, religiosi, economici e morali. E riuscì a compiere il miracolo della saldatm·a tra la cultura pre e postrivoluzionaria, riversando nel ·suo ·stile utilitario e disa– dorno, da « codice napoleonico», una così viva forza di . ponet.razione ambientale e psicologica nell'ìndagare nessi 1 e · relazioni-determinanti per le caratteristiche del suo tempo, · da infondere alla puntualità della sua «cronaca» valore · assoluto di «storia». L'inquietudine preromantica di Sorel, · impasto di generosità e di istintiva avversione per le strut- ture sociali entro le quali è costretto a destreggiarsi con una continua ipocrisia, è il prodotto dell'attrito tra urta · delusa ambizione napoleonica e supe:rumana, e il mondo · autoritario e paternalistico uscito dal Congresso di Viemù~. La decrepitezza e l'assurdità di una società organizzata sn basi già condannate e travolte, e pure illusa d,i una sua · impossibile vitalità., sono l'9J3sunto fondamentale del capo• , lavoro di Stendhal. Eppure non· si tratta di un romanzo . a tesi; straordinario vi è piuttòsto il senso critico, il giu- dizio puntuale e miracolosamente esatto per un conterp.– t,oraneo, sulle mene dei reaZionari e sugli int1·ighi degli <ultra», sulle polemiche tra giansenisti• e gesuiti, sulle contrastanti passioni che travagliano ]a Francia dopo 1a crisi de1la Rivoluzione e la gloria dell'Impero; e straordi- . na1·ia è la capacità di costruire i personaggi, concretamente inserendoli in una precisa. realtà storica, che sottintende i · p1·esupposti delle loro 1·eazioni p~icologiche, e nella quale i, impossibile discernere i dati reali da quelli fantastici. Nè · è il caso di insistere sull'attualità delle tesi stendhaliane, sOlo che all'aggettivo <liberale> si sostituisca un più . aggiornato valo1·e. Date le condizioni in cui abbiamo visto' il film, di.fticile è giudicarlo dal punto di vista della fedeltà al modello letterario.Per giustificare le contradd.izioni del carattere di Sorel e il suo delitto è necessario compt'endere i s.uòi rap– porti col mondo che lo circonda; e per capire questi rapporti el'a necessaria una anali$i approfondita della collusione tra preti e at·istocratici che aveva espresso e informato di sé la società della Restaura7,ione. Ora, nel film, questa descri– i,ione manca; ne è rimasto qualche suggerimento in spunti o accenni frammentari, privi di un legame e di uno svi– luppo organico. Gran parte dell'anticlericalismo di Sten– dhal è scomparso con )e sequenze amputate, o sopravvive solo nei suoi lati più innocui e ·superficiali, senza scoprirne Je ragioni storiche (la cotta indossata in furia sopra l'uni– forme; i seminaristi trotterellanti in fila lungo j muri con passo disordinato; ecc.). Monca quasi del tutto la descri– zione del seminario e del vescovado, manca la scena in cui 1a. signora de Renai scrive al marchese de La MOie, sotto la dettatura del parroco, la lettera che perderà Sorel. Autant-Lara ha cercato di risolvere l'arduo problema di tradurre per lo scbenno lo stile stendhaliano, imprimendo al suo film un ritmo piuttosto lento, che in più di un punto sembra cedere all'a !ÙonQtonia (come nell'abuso del (Ois. di Gag) (P~r tìrdiue <lel si11dnco Lauro . . rn,10 s/ttli a/J- b<flluli 1101/elempo 1111/i oli tilbui secolari di ".m, lllorica. J)Ìfl':ZQ IWJ)Olelallfl) Per il regno dei Savoia, contro il regno vegetale monologo interiore del protagonista). b'la all'infuori di questo rilievo, in contrasto con la nervosa asciuttezza e 1·apidità della prosa di Stendhal, la Yel'sione di Aubmt– Lara mo:;tra una cura fìne e minuziosa nella ricostrllzione degli ambienti e neJl'os:;ervazione dei tipi. li 'dissenso nasce semmai intorno ad alcuni fatti tecnici, che investono l'aspetto formale del film senza intaccarne il contenuto. Anzitutto semb1·R che Autant-Lara non abbia saputo trovare in questo film il linguaggio vigo1:oso e sin– tetico scopol'to in .Le diable au corps, il taglio incisivo dell'inquadratura (qui stemperato dal cinernascope) e il suo ~icnro equilibrio tra l'elemento Yisivo e quello sonoro. ln molte scene il parlato ha una prepondo1·an:-.a eccessiva, e tende a de(ormare, come per Sorel, lo s,·iluppo dinamico del per~onaggio. Poco consP.guentet ed ese1npio, J"idea di pone all'inizio del fìlm le sue dichiarazioni ni giu.rati, che suonano come un retorico atto d'aC'cwm alla societ.i~ piut– tosto che come la conclusione di nna presa di coscienza maturata nel COl'SÒ de!Je-viCénèle dranunaliche nanate lungo l'intel'O film. Perplessitù. suscita pure l'irnpiego del colore: il consenso che ottengono alcr,111i · toni, ora spenti ora. squillan 1 ~condo il variare della situazione (le scene nella camera della signora de RCnal, e altre in casa de La MOie, nella stanza di Matilde e nella biblioteca}. si alterna a frequenti ·concessioni a tinte facili e piacevoli, perfino frivole, specie negli esterni, tutti ricostruiti nei teatri di .Posa e p1·ivi d'aria e di luce naturale. L'impressione com– plessiva è quella che il rngista abbia dato un duplicato il– lustrotivo del romanzo, più che cercato di interpretarne un equivalente visivo. Esplicito, come in Senso, il richiamo a modelli figul'ativi dell'epoca: quadri, stampe e illustrazioni a colori; la silhouette di Matilde vestita di nero, sullo sfondo di toni fulvi, discesa da una te~la di I ngres. lì'orse il bianco e nero era pili adatto al chiaroscuro s~endhaliano. DEI TRE lNTERPRE'l:I principali, Gé1·ard Philippe, impegnato col personaggio più difficile, è il meno con– vincente. Ciò nt.Ìlla toglie alla bravina della sua interpre– tazione intelligente ed espressiva (forse nessun altro attore francese o italiano avrebbe potuto affrontare un personag– gio simile; e si sa che il film è stato realizzato solo perché il regista è riuscito a vincere le sue esitazioni; cfr. Cineml, Nuovo, J'!. 72, del I O dic. l 055, pag. 431) ; ma, a. parte una non perfetta corrispondeilza col tipo fisico di Sorel - Stendhal lo descrive mingherlino, ambiguo, pieno di scarti e scatti, corno li definisce il Valeri nell'introdu:-,ione alla sua. t~·aduzione del romanzo (Torino, Einaudi, 1952) - gìuoca anche in questo film il processo d'ingrossamento psicologico,' Faccentuazione nnilatei·ale del carattere, priva delle infinite sfumature e polivalen7.,e della narrazione let– teraria, che notavamo a proposito dei personaggi de Le amfohe,. attribuendone le cause alla specifica natura espressiva del cinema. La stessa tendenza alla semplifica– zione1 alla risoluzione su un registro monocorde, che can– cella i chiaroscuri e le complessità spirituali presenti nel romanzo, si nota nei due personaggi femminili delta signora de RCnal e di Matilde de La MOie, rispettivamente imper– sonate da Danielle Darrieux e Antonella Lualdi, che tut– tavia forn.iscono- in questo film forse le loro migliori inter– pretazioni. Le due storie d'amore, che nell'economia del rQmanzo occupano un posto secondario, in funzione dei pii:1 pressanti temi sociali Che all'autore premeva di porre nel loro giusto rilievo, appaiono nel film, per effetto dei tagli, spinte troppo in primo piano; e questo fatto incide sull'equilibrio e l'unità Psicologica di entrambi i personaggi. Il giudizio d'assieme rima1)e tuttavia· compromesso dalla. imponente manomissione operata ne11'edizione italiana, che risulta oscura e in più punti incomprensibile per chi non abbia letto il romanzo. Il vile conformismo gesuitico della nostra censura, che è giunta ·perfino a modificare le bat– tute dei dialoghi, non ha avuto riguardi per l'alta civiltà spirituale rivèlata dal film, è passato sopra agli accotdi di coproduzione italo-francese, ha dato vita a un episodio scancla.loso ·che disonora H cinema e la cultura italiani. LUDOVICO ZORZI 7 UNA SPIA E UN MAU'l'IHE TEMPO DI RIVOLTA di PIERO CALEFFI N EL 1929 calò a Milano da t·dine, e prese contatto c~onil gruppo O.L, un giovane sulla trentina. Si pre– sentava bene, possedeva. una Joquela vertiginosa, senibtav~ preso dalla smania di farç qualunque azione contro il regime fascista. Entrò in contatto con Ernesto Rossi e .Riccardo Bauer, esibendo lettere di presentazione di sicuri amici di Udine i quali peraltro sottacquero che il giovine presentato era stato squadrista. nel 1919-1020,. qt1ando d'altra parte era ancora. un l'agazzo. Professava l'avvocatura, aveva quath'o laul'ee. Una proronda cicatrice gli solcava la guancia destra; tre dita della mano destra gli ernn o state amputate in seguito a un infortunio deffin– fan:r.ia. A taluno appan·e un tipo an:,;ioso, smanioso, egoce·n– lrico, un estrove1·tito, e si fidava poco; ma si aveva molla voglia di rareJ di fare qualcosa, di diffondere Stampa clan– destina, di fare azioni dimostrative contro il regime, di tenere i contatti con i compagni emigrali in Svizzera e in Francia. Era un tempo di grandi illusioni, anche se la vec– chia ltalia aveva fatto perdere troppe occasioni ed era quasi totalmenle sconfitta, uo,;.,ini passati di là., nomini emigrati, uomini ridotti al silenzio. 1\fa i giovani d.i.GL si proponevano anzitutto di tener vivo nel popolo - cOl lol'O esempio animoso - l'ari1ore per la liberti\, lo Sl)'irito combattivo contro il regime di oppressione. 'Jn OL erano confluiti liberali, repubblicani, democratici geTlerici, ·soci'a– li1:,ti, tutti attratti da. questa esigen:r.a di azione, da questa neces~ità. di forrnare una pattuglia avan;,;ata che ·costi– tuis~e il primo nuclep della rivoluzione antifascista. J n .questo gruppo il giovine udinese venne aCcolt(! e il suo dinamismo e anchQ il suO ingegno venTlero messi alla prova. Ebbe contatti con quasi tutti i congiurati più at– tivi: Ro~si, Bauer, Paravelli, Ceva, Dn111iirni, Verntti, Ro– berto, Cantoni, Calace, Gentili, ecc. Nel 1930 Rossi e Ceva progettarono una clamorosa azio• ne dimostnltiva che doveva consistere nel far scoppiare delle bombe a, tempo nelle sedi delle Jntendenze di Fi– nanza di a.lcune città. Le bombe sarebbel'O dovute scop– piarP, di domenica 1 così da evitare vittime. L"azione avreb– be dovuto avere il significato di una prntcsta contro )a gravo~ità delle tasse. ]I giovine udinese, che si chiamava Carlo Del Re, volle essere della· partita; e quando Rossi e Ceva, scoraggiati eia talune circostanze i.nten·enute, deliberarono d1 rinun– ciare al progetto, buttando le bombe già preparate ne! fiume Brembo (la. preparazione era avvenuta a Bergamo iu un piccolo alloggio preso in affitto dal Rossi) il I?'el Re insistette molto, perché fosse almeno confe:r.ionata una bomba per l'azione dimostrativa a Milano. rochi giorni dopo, il 30 ottobre, il Rossi, il Ceva e molti altri di. GL vennero .arrnstali. I giornali diedero molto rilievo all'avvenimento: ~i trattava della repressiOne. non più dell'azione antifascista dei gruppi comunisti, ma di quella di un gruppo di intellettuali borghesi, i più fa– stidiosi e pericolosi perché sbloccavano la conclamata ade– sione totalitaria del medio ceto pili progl'8dito alla « rivo– luzione fascista».. Un severo esempio era necessario. Tutto il gmppo fu deferito al Tribun·a.Je speciale per la sicure7,za dello Stato. L'istruttoria fu. la.boriosa e puntò principalmente sul tentativo, da patte degli inquirenti, di Scoprirn un legame fra i progettati non compiuti attentati alle Jntendenze di Finanza e l'attentato contro il re in piazzale Giulio Cesare che· a Milano, nel 1928, aveva fatto molte vittime e i cui autori }a polizia non era mai 1·iu– scita a scoprire (o che aveva. scoperto ma non poteva per• seguire perché avrebbe con qnasi certezza dovuto arre– sta.re qua.lchf alto gerat·ca fascista di sentimenti pervica– ceme nte repubblicani.). Provata questa imputazione, il gruppo degli intellettuali di G L sarebbe stato tutto tra• scinato davanii al plotone di esecn?.ione: e fu ventura che contro l'infame' tel\tativo insorgesse la coscienza di scien– ziati e artisti cii tutta Europa i quali fecero tale baccano, con appelli e articòli sulla stampa mondiale, da intimidire il fascismo che allora tendeva a mantenere o a creare rap• porti di co1·dialità con gli Stati europei. La manovra avvolgente per ere.are la «confessione» dei più compromessi sul nesso fra l'attentato di piazzale Ciulio Cesare e Je progettate azioni contro le Jntendenze di Finanza 1 investì particolarmente Umberto Ceva, che a,·eva dato la sua opera di chimico per la. preparazioile delle bombe. Che avvenne durante i lunghi sribranti inter– rogatori ai quali il Ceva fu sottoposto? Certa.mente un atro• ce dubbio si insinuò nel suo ani1110 purissimo: il dubbio che un cornpagno lo avesse tradito, poiché i funzionati delFOVRA erano a conoscenza.· di ogni deutaglio della sua· azione e delle azioni degli alti·i. La polizia era andata a colpo sicuro a ripescare dal Brembo le bombe che vi erano state gettate; a colpo sicuro aveva tolto da un ri• postiglio dell'alloggio del Rossi una boccetta di inchiostro simpatico con Ja. quale i cospiratori tenevano Ja corri• spo.ndenza. con gli emigrati. A Ceva il pensiero del tradi• mento el'a ·insopportabile; e insopportabile era l'accusa mostruosa che si tentava. di costruire a suo danno, insop- . portabile il pensiero di finire Ja. sua breve vita dinanzi al plotone di esecuz.ione. Il suo-pensiel"O dominante è per

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