Nuova Repubblica - anno III - n. 12 - 29 maggio 1955

nuova Comitato dirett., TRISTANO CODIGNOLA ( dirett. resp. ), PIERO Un numero L. 40. Estero L. 50. Un numero arretrato L. 50. CALEFFI,PAOLO VITTORELLI.Segret. di red., GIUSEPPE FAVATI. Abbonamenti,. annuo per Italia e Francia L. 1500, sem. L. 800, Direzione e redaz., Firenze, Piazza della Libertà 15, te!. 50-998. trim.· L. 450. Estero: L. 2000, 1100, 600, Sostenitore L. 10.000. Amministraz., Firenze, Piazza Indipendenza 29, te!. 483-207/8. CIC post. 5/6261, cla Nuova Italia•, Firenze. Gli abbonamenti de- Autorizz. del Tribunale di Firenze, n. 678 del 30 dicembre 1952. corrono dall'inizio del mese. Per pubblicità rivolgersi all'Ammi- _Pr_i n_t_e_d_._in_ll_a--ly--._S_t_. _T--i P--•-d e_«_L_a_N_a_zi_o_n_e_•;..• F i r_e_n_ze--._V.....;i a R__ ic; ;a. so;;_l_i 8;... ____ n __ i..;,st:;.r.:.az--i.=o:;,n•.:.·:....T a--r--iff.;,a: .;_, L:: . . 1..:5..;..0:.:.00 per i nserzion i di mm. 70 per colonna. 60 - ANNO JII - N. 12 ESCE ( Enti del tu.rismo e albergatori sono preoccupati· perché lo 0 sciopero degli insegnanti impedisce alle famiglie di pensare in tempo alla villeggiatura) LA DOMENICA SCIOPERO E TURISMO - Che esista veramente un problema della S<:uola? ~- « Nuova Repubblica » è settimanale politico e di cultura. Esce la domenica. Mànoscritti, fotografie e disegni, anche se non pubbli• cati, non si restituiscono. Diritti riservati per .tutti i pae,si. Ogni riproduzione, anche parziale, senza la citazione della fonte .è vie• tata. Il periodico viene inviato gratuitamente in saggio a chiunque ne faccia richiesta. Spedizione in a.bb9namento postale Gruppo Il. 29 MAGGIO 1955 -:.L. 40 (Dis. di, Dino Dose/ti) LA ''PREMINENZA,, DEI~LA SCUOLA Q UELLA TRA «FATTI» E «PAROLE» è l'antitesi più vecchia che i nostri linguaggi occidentali cono– scano. Come tutte le antitesi essa non ha vero senso se non in quanto è destinata a risolvérsi, a scomparire dopo essere stata posta - posta per necessità. Le parole, o sono principio e seme di azione, insomma azione o a.nche azione, o non sono più nemmeno parole, ma fiato, { lo.ws vocis. Un mio vecchio e spiritoso amico sosteneva con me, in un giorno dei nostri giovani anni, ·quando - beati noi - si andavano scoprendo le, cose ovvie, la sopraddetta ovvi'a teoria. E concluse dicendo con qoella ironia, che è l'unica buona, perchè autoironia: « le parole son fotti; tutt'al più .... diciamo .... fatti aerei». La parola come « fatto aereo» è la storia professata da' cento anni a questa parte (anche se non sempre nella stessa misura) dalla opinione pubblica italia.na cioè della bo1·ghesia dominante, dalla gente che ha « a ltro da pen– sare> e quindi anche dai governi, di fronte alla scuola. Gli elogi, i riconoscimenti dell'.: alta funzione >· non si contano, i trémol6 e le lagrime agli occhi· si sprecano, a ogni professore che va in pensione. Al che fa riscont1·0 il preoccupato orrore di ogni padre di famiglia, profes– sionista o industriale o rappresentante di commercio o bottegaio che veda il figlio, maschio, cedere alla lusinga involontaria (quasi sempre è così) di un maestro e avviarsi per la via della facoltà di lettere o di scienze. E, purtroppo, siamo noi stessi professori che ci preoccupiamo (ma nel fondo del cuore fors\l è un'altra cosa) quando scorgiamo nei nostri figli uno di questi segnì. Ora, per la pl'Ìma volta dopo più di trent'anni, par• rebbe che i professori avessero detto: basta coi « fatti aerei »; siano, sì, parole, ma parole vere che si concretino subito in fatti autentici. « Non vogliamo encomi », scrisse una volta su un muro un fante del '15-'18 che piacque a D'Annunzio (e se la citazione è troppo ambiziosa e d'altronde, non per la menzione di D'Annunzio, precisa• B1bhoteca Gino Bianco mente nel clima di « Nuova Repubblica» vogliano gli amici scusarmi). Questa volta ·1e parole erano quelle di un ordine del giorno votato dopo lunghe trattative, in aggiunta a.Ila legge delega, un ordine del giorno in cui sì riconosceva il valore «preminente» della funzione scolastica nella vita nazionale, in vista, evidentemente ed e ·pressamente, di un trattamento differenziato dei funzionari scolastici. Un tale ordine del giorno avrebbe voluto essere qualcosa di mezzo, un compromesso naturalmente, tra il « fatto aereo» cli cui sopra e il fatto palpabile di uno o più articoli di legge. Ma i compromessi non si fanno, e soprattutto non si fanno nel nostro astuto paese e in un clima politico di « tira a campà » se non con la speranza, da ambo le parti, di far prevale1·e totalmente l'uno o l'altro dei termini. Si ha l'impressione che il governo abbia talora sperato .di tene1·si fermo, ancora una volta, al primo polo della antitesi. Qui i> tutto il nodo della situazione attuale di agitazione dei professori. Quanto questa situazione sia grave, per i professori stessi,. non c'è bisogno cli dire. E' gii, stato detto, autore– volmente, sn queste stesse colonne. E il disagio della scuola non è quello soltanto di una vertenza sindacale, sia pur g't:ave e complessa, è un disagio di fondo, in cui si ,·iflette,· in un aspetto particolare, il disagio multiforme della vita italiana, la sua incertezza, la sua preoccupazione per il futuro, quel non potei· rendersi conto mai delle conseguenze possibili di ogni atto e dei suoi limiti cli con.– venienza .. Ma se, supera.ndo un .tale disagio, superando diver– sità profonde di opinioni, gli uomini della scuola uniti sono scesi in lotta, l'hanno fatto perch~, àl di là delle possibilità soltanto sindacali in un tert'eno mo1·ale e larga– mente politico, hanno sentito che bisognava rompere con una scossa vigorosa, che interessasse non pochi uffici, ma il paese tutte, qnesta rete di ste1·ili elogi e di parole non mantenute che da troppo tempo li paralizza. Lo hanno fatto perchè il riconoscimento economico dell'opera degli educa– tori fosse una buona volta espressione della lom concla– mata «dignità». La dignità degli fosegnanti è la parte essenziale e maggiore della dignità della scuola come istituzione così come - per passarn a un altro, necessa1·io e conne~so discorso -,- la « libertà degli insegnanti> è la parte essen– ziale di quella « libertà della scuola» che prop1-io in questi momenti si va cercando in affollati convegni (non è vero .on. Martino e on. 'l'reves?) per yie che non vi conducono. _E' sempre una questione di parole; questa volta non già di parole semo1tfatti, ma di parole che coprono fatti assai diversi dal significai.o delle parole. La ·scuola di stato, con tutti i suoi mali e difetti, se non è affatto « premi– nente> nella vita nazionale, ha almeno, ancora, un certo grado di «preminenza> sulle scuole di altro tipo, nella libertà dei suoi docenti, libertà forse insjdiata sporadica– mente da azioni capillari di dirigenti o da conformismo _di singoli, ma tuttavia .esistente in blocco e sicura perchè ancorata a uno stato giuridico, alla fissità delle cattedre e delle carriere, tutte cose che le scuole confessionali e di pa1·tito non possono e non potranno mai - costitutiva– mente - assicurare. Cli insegnanti delle scuole « legal– mente riconosciute » sono assunti e mantenuti in servi,.io ad arbitrio - ad nu.tum mi disse una volta il preside di un liceo vescovile - dell'autorità che gestisce la scuola. E chi pensa che que&-to stato di cose possa cambiare, anche se, per impossibile, la scuola di stato scomparisse e fosse ·sostituita dalla « scuola libera> o sogna o non è sincero. Gli insegnanti delle scuole d'Italia, tutti, compresi i ·cattolici, sanno che in questo momento si battono per raggiungere - senza preminenze verbali - una dignità che promuova e rinsaldi quella dignità che loro riconosce h\ legge, e in cui consiste tutta la loro vita. di educatori. ALESSANDRO SETTI

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