Nuova Repubblica - anno II - n. 24 - 25 dicembre 1954
NUOVA R E PUR R I, I CA 9 VITA DI FABBRICA UNA POSIZIONE di • • r1nunc1a I modi per ottenere o/'i dipen– denti delle aziende una colla– borazione . sostanziale al piani produttivi ed economici stabiliti dai dirigenti sono tanti e se ne potrebbe fare un lungo _elenco. Elenco che ri– specchia e riproduce le fasi attra– verso cui è passato, nella sua storia, il movimento operaio. Tappe dolorose e sanguinose, che, dalla prima ri– voluzione industriale, hanno falciato vittime fra gli uomini e le donne, e i bambini soggetti alla dura legge capitalistica: tappe di lotte e di c.on– quiste dei lavoratori volte ad otte– nere il riconoscimento dei loro di– ritti umani, e di parte integrante dei processi produttivi. In queste vicende - che pur– troppo si devono ancora vwere - il concetto di collaborazione è venuto via via trasformandosi: da sottomis– sione pura che era è diventato ap– punto collaborazione. Questa parola oggi è più che mai discussa e con– troversa; nascono nuove teorie · che si propongono di porre le basi per una collaborazione più vera, e sen– tita. Le " relazioni umane " sono an– ch'esse una .fase di questa trasfor– mazione. Anche il sindacalismo deve quindi dare una sua interpretazione della nuova versione del rapporto di lavoro (relazioni umane): anzi, bisogna che se ne occupi di più, poiché senza un'efficace e rigorosa impostazione ideologica da parte dei lavoratori, sono possibili tutte le peggiori defor– mazioni del significato accettabile della collaborazione stessa. Vediamo dunque che cosa scrive Dino Buldrini su Conquiste del La– voro n. 38, Anno VII, giornale di battaglia della CISL: egli, dopo aver eseguito un'operazione di discrimi– nazione sulla libertà di scegliersi il proprio lavoro oppure accettare una ,lisciplltia coatta di tipo sovietico, si preoccupa di spiegare che al lavo– ratore " ... oggi come oggi non è ancora possibile scegliersi il proprio lavoro", ma che però gli "... è possibile adattarsi e, piano piano,_ca– pirlo, sublimar/o e infine superar- lo" .. Per otle11ere q1,csto ris,~!talo! a cui non bastano le sue forze, ... e necessario che qttalcuno lo aiuti, lo i11coraggi, lo ami. Chi lo comanda - e lo paga - potrebbe rendergli una vita di lavoro piacevole e re– ciprocamente utile". Ecco allora la "Scienza" (?) del– le relazioni umane intervenire come strumento di quell'amore. "Ogni po– sto direttivo è - o potrebbe esse– re - una cattedra; ogni banco di lavoro, ogni umana attività, è banco scolastico. Un fondamentale concetto pedagogico dice che, per educare qualcuno - sia esso bimbo o uomo maturo - occorre anzitutto che l'edu– catore lo innalzi ai propri occhi e a quelli del prossimo. La tanto discus– sa scie.nza delle relazioni umane sta tutta entro questo profondo concet– to. Innalzando l'Uomo-lavoratore, gli si darà la massima libertà ed auto– maticamente verrà a trovarsi in una soddisfacente adeguatezza delle sue mansioni .... In fondo, amando e aiu– tando, i «superiori» altro non fan– no che i,, propri interessi, ancora e sempre... . A questo linguaggio di • rinuncia - pubblicato su Conquiste del La– voro e con la massima e_uidenza tipo– grafica - sarebbe facile rispondere con un'altra interpretazione delle re– lazioni umane. Se non che, proprio per quel carattere di rinuncia, per la mancanza di solidarietà nei con– fronti della situazione in cui versano i lavoratori, è forse più giusto con– trapporgli uno. dei tanti fatti che accadono giornalmente nel mondo del lavoro. Fatto che illustra l'atteggia– mento " amoroso " e " incoraggian– te " di chi comanda e paga i lavo– ratori. Sotto il titolo "Pronto, sono an– cora vivo", ecco cosa scrive il 7 B della RIV: " La C./. aveva richiesto alla di– rezione di ovviare all'inconveniente grave che si verificava alla SIR, dove un operaio addetto ai forni restava solo durante il turno di notte, cosa che avrebbe potuto portare a dei seri inconvenienti in caso di malore o al– tro. La direzione ci studiò su un po' poi diede la sua risposta: « Quell'operaio telefoni ogni mez– zora ai sorveglianti i quali, se ve• tiranno passare più di questo tempo senza ricevere la telefonata, andran– no a vedere cosa gli sarà capitato»". Dopo questo - e tanti altri fatti simili - non è colpevole credere alle favole dell'amore? Non è in– ganno ignorare questi fatti? t. c. s. I GIOVANI NELLA SOCIETÀ L' ES I G E N Z .A fe,ler,allNtfl, Caro direttore, ho letto con piacere i due articoli pubblicati 11el numero 22 del suo giornale sotto la dubrica dal titolo "l giovani nella società". Considero nel complesso positivi i due articoli di Levi e di Bianconi, ma ho su di essi alcune considerazioni critiche da fare. Rilievo di minor conto, è quello dello scarso approfondimento, nel– l'analisi delle esistenti organizzazi'?ni giovanili fatta dal Bianconi, delle organizzazioni cattoliche o democri– stiane. Credo che non si possa dare ttn giudizio completo ed obiettivo sul valore . di queste organizzationi, basandosi sul regolamento ( e solo su questo) dei "lupetti" dell'asso– ciazione scoutistica. Ma quello che mi preme far ri– levare, è che nei due articoli non si fa sicura menzione, favorevole o critica, a una organizzazione giova– nile che io ritengo di importanza non secondaria: intendo parlare della Gioventù federalista europea. Anche i giovani federalisti si richiamano alla Resistenza e intendono operare 11el– l'ambito democratico, Diversi giovani federalisti apparteniono a partiti, , non mancano i giovani iscritti al– l'U.P., ma la loro appartenenza ai partiti, oltre alla fw1zio•ne di diffon– dere il federalismo nei -partiti stes– si, non ha che il significato di una adesione provvisoria e condizionata a programmi prestabiliti e tJttuati nell'ambito dello stato nazionale. I giovani federalisti pongono una di– versa problematica, e cercano diver– se soluzioni. Occorre poi non sottovalutare la importanza pratica dell'organizzazio– ne della Gioventi) federalista europea: non so quante altre associazioni po– litiche giovanili contino più di 700 aderenti in Torino, più di 30 gruppi in diverse località del Piemonte, una decina di centri-studio in funzione, un giornale che non deve subire l'« imbeccata» di nessun partito, co– me può rilevare dal numero di « Eu– ropa nuova~ che le spedisco. lo credo che la creazione e l'atti– vità di centri di giovani di U11ità po– polare sia senz'altro positiva per la vita politica italiana; ma credo che sia riecessario: 1) che i11 tali centri sia sempre tenuta presente, negli studi e ·nelle discussioni, l'esigenza del federalismo; 2) che i giovani di Unità popo– ./are entrino e partecipino alla vita della Gioventù federalista turopea. Saluti cordiali. LUCUNO HTI e G o s· o PAGI~E DI (;lJLTURL\ (;0l'1TEMPORL\~EL\ IL MOVIMENTO SINDACAL IN ITALIA V. Vi erano molte organizzazioni fatte di sindacalisti anarchici e di sindaca– listi che aderivano solo localmente; inoltre, dato il carattere anarco_ide del– le organizzazioni, Ja tenuta dei regi– stri non peccava di regolarità. Come in tutti i congressi, ma specialmente in quel congresso che si convocava per ]a creazione di un nuovo organismo nazionale dei cui aderenti non si co– .noscevano che le cifre denunciale da ogni singolo Ente, la verifica era dif– ficile e durò più giorni. Jntanto le discussioni continuavano, l"urto di tendenza si manifestava. I sin– dacalisti erano capitanati da Emanuele Branconi. Finita la verifica dei poteri, la maggioranza non accettò la cifra denunciata dai sindacalisti, escfudendo gran parte delle organizzazioni rappre– sentate cosicché, mentre i sindacalisti si credevano in maggioranza, finirono in minoranza. Em'anuele Branconi ac– cusò il congresso di truffa. Il giorno dopo, I O ottobre, Eugenio Guarico a nome dei sindacalisti lesse una dichiara– zione che i sindacalisti non partecipa– vano più al Congresso aprendo c_osì la scissione sindacale. la maggioranza passò alla proclamazione della Confe– derazione e alla compilazione dello Sta– tuto, dopo che talune Federazioni e Ca– mere del Lavoro, pur avendo votato per i sindacalisti, dichiararono di re– stare nella confederazione. Tra queste Ferrara e Gallarate. Si stabilì la sede a Torino e fu nominato Segretario generale Rinaldo Rigola, Segretario del– la Camera del Lavor_o cli Biella, un ope– raio scalpellino, reso quasi cieco da un infortunio sul lavoro, una spiccata figura anche nel movimento politico, aderente allora alla frazione intransi– gente, passato più tardi ai riformisti. Il Consiglio Direttivo fu composto di elementi federali e di Camere del La– voro; Ispettore Nazionale fu nomi– nat~ Ludovico D'Aragona, che poi, al ritiro di Rigola, divenn·e segretario generale e nel 1920, in occasione del– l'occupazione delle fabbriche, fu accu– sato di tradimento da Giuseppe Bensi, Segretario della Camera del Lavoro cli Milano. Come abbiamo osservato, nel movi– mento siodacale quasi tutti i diri'1enti e gli attivisti diventarono riformisti e ligi al Governo, qualunque esso foss<:, specie con Giolitti; e vi era un mo- . tivo: secondo loro, nel movimento sin– dacale gli attivisti dovevano curare non tanto la parte politica quanto il miglioramento economico dei lavoratori; altri invece consideravano il 111ovimen– to dal punto di vista della propria forza intrinseca, ricordando che la clas– se lavoratrice conquista solo quello che la sua forza sa ottenere, ·e che I, vittoria sarà conseguita solo il giorno in cui avrà conquistato il potere. Così ragionavano gli intransigenti. I rifor– misti non si curavano tanto di creare uno spirito rivoluzionario tra i lavo– ratori, quanto di migliorare le loro condizioni, creando cooperative. e de– dicandosi allo studio di programmi am– ministrativi comunali; mentre i rivo– luzionari, in quanto miravano alla con– quista dello Stato, poco si curavano del programma minimo e lasciavano che i riformisti si specializzassero nei pro– blemi amministrativi di modo che quan– do venne il momento che il ·Partito entrò nella lotta per la conquista dei comuni, trovò in essi 1 nei riformisti, gli uomini già preparati. Sorsero molte Cooperative di consumo, di lavoro, coo– perative grandiose quali !"alleanza coo– perativa di Torino, il Consorzio Coope– rativo di Reggio Emilia, la Coopera– tivà di Lavoro dei braccianti di Ra– venna e di Forlì e quel gioiello di Cooperativa di Molinella, sorto dal nulla per l'apostolato di Massarenti. Non è compito di chi scrive fare la storia del movimento cooperativo, ma è necessario segnalarlo per capire come mai il movimento sindacalista diventasse allora monopolio dei riformisti. I sin– dacati, le Cooperative erano rette da loro; i soci erano per loro natura riformisti, opportunisti; spesse volte per ragiolli di lavoro dovevano trattare di L. HEPOSSI coi Ministri, o percht loro datori di lavoro erano il Governo (vedi la Coo– perativa dei Braccianti) o i dipendenti dello StatÒ, o perché il Governo inter– veniva (richiesto o volontario), quale mediatore nelle controversie di lavoro. Se il Ministro era in buoni rapporti con i sindacalisti vedeva con occhio benevolo i sindacati, e così le Coop-:– rative, specie quelle di lavoro. I brac– cianti della Romagna e dell'Emilia era– no attrezzati per i lavori stradali e concorrevano alle gare per assumere appalti. Dovevano quindi essere conti– nuamente a contatto col Governo, qua– lunque fosse. Sia che ci fosse Giolitti o il conservatore Salandra, era neces– sità avere il Ministro favorevole. D'aJ. Ira parte se il Ministro li favoriva vole– va anche essere favorito. I riformisti premevano perehé qualunque fosse il Governo, si collaborasse; la pressione quindi sul gruppo parlamentare socia– lista, composto esso pure in maggio– ranza da riformisti, era costante. Mi ciò determinò continue e spesse volte violente discussioni nel Partito fra gli intransigenti e i riformisti, nel movi– mento sindacale tra i sindacalisti e gli anarchici i quali accusavano i rifor– misti di tradimento. Nascita dell'Unione Sindacale ltalian'a Dopo !"allontanamento dei sindaca– listi dal Congresso Confederale del La– voro, Parma diventò il centro del mo– vimento sindacalista ed ai primi di gennaio 1907 si istituì il Comi/alo della ResiJ1e11za che ben presto si tra– mutò in Unione Sindacale" Italia11a; ma. c?ntro la loro previsione, le organizza– zioni che vi aderirono arrivavano, come massimo, a raccogliere 150.000 membri çontro i 350.000 dei confederali, cifra che però nel lavoro di organizzazione diminuì. Il movimento sindacalista per differenziarsi dai riformisti e per di– mostrare la bontà della tattica ispirata all'azione .diretta, provocò continue agi- tazioni, tra i contàdini di preferenza. Sulle prime pareva che il movimento dovesse attecchire, le quote che si pa– gavano erano bassissime e spesse volte solo la tessera camerale era la quota. Nelle agitaziopi, si contava sopratutto sulla solidarietà di tutta la massa la– voratrice, pronti ad accusare di tradi– mento i riformisti se non scioperavano con loro e se non raccoglievano fondi per gli scioperi che facevano parte della loro organizzazione. Aderirono le Camere del Lavoro di Parma, Piacenza, Napoli, alcune Camere di Lavoro delle Puglie, aderì Bari di cui era Segre– tario Di Vittorio. Vi erano i sindaca– ti fuochisti e macchinisti, il personale viaggiante. 1 segretari erano Branconi e Castucci. la maggioranza non era di sindacalisti e di anarchici, ma subiva– no le direttive sindacaliste anche quelle camere del lavoro che avevano come Segretario un sindacalista, pur aderen– do esse alla Confederazione. Così la Camera del Lavoro di Gallarate, di cui era Segretario Belloni, e quella di Fer– rara, di cui era Segretario Michele Bianchi. li Consiglio direttivo della Camera del Lavoro di Milano, già di- _retta dai sindacalisti, nel 1906 fu ri– conquistato dai socialisti e confermò la sua adesione alla Confederazione. Colla loro attivissima propaganda, col– l'addossare tutte le colpe alla Confe– deraziont, i sindacalisti otte~ne.-o qual– che vittoria, ma furono pili numerose le sconfitte, dovute anche all'inespe– rienza dei dirigenti nelle trattative con la parte avversa. Sciopero agri'colo nel Parmense Nel 1907 veniva stipulato un con– cordato con l'Associazione Agricoltori di Parma, ma non veniva dagli agri; coltori rispettato. li 7 aprile 1908 ve– niva dichiarato lo sciopero dei brac– cianti della Provincia. La battaglia si manifestava subito acerrima. Gli agri– coltori si impegnavano a non cedere, rilasciando alla Associazione, diretta dal Comm. Lusignani, delle cambiali in bianco. l'associazione voleva la resa senza condizioni. La Camera del Lavoro era guitata dal sindacalista De Ambris. Egli , 1 oleva dimostrare attraverso quell:1 lotta la bontà dei metodi sindacalisti contro quelli riformisti. la battaglia già dicemmo si fece subito aspra. Gli agri– coltori ingaggiarono crumiri, la Ca– mera del Lavoro chiamò sul posto di– versi organizzatori sindacali, vennero Angelo Faggi, Fulvio Zocchi di Pia– cenza, Armando Borghi cli Bologna dell'Unione sindacale e il giovanissimo Filippo Corridoni, nobile figura di apo– stolo, amatissimo dai lavoratori di Mi– lano che lo vedevano sempre in pri– ma fila (ed erano più i giorni che pas– sava a S. Vittore che non le giornate di libertà). La Camera del Lavoro aper– se sottoscrizioni, istituì mense; i lavo– ratori di ogni zona, animati eia quella resistenza, non lesinarono gli aiuti. L1 ... lotta durava già da più cli tm mese, la miseria cresceva, entrarono in lotta anche i mungitori, vennero sostituii i dagli agricoltori e dai loro figli, ma non bastavano e le bestie doloravano e uzlavano. (conttnua)
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