Nuova Repubblica - anno II - n. 23 - 10 dicembre 1954
NUOVA REPUBBLICA' A chi arriva da Palermo, o per la strada cli mare o per l'altra alta della montagna, 11\ TCHIEST.ll . Il P.llRTil\lICD con l'anima dilatata dalla visio- ·DOVE llEGNANO I BANDITI ne ciel golfo, e passa sulla strada che attraversa la cittaclina per andare a Segesta e ad Erice, Partinico è, in privilegiata posi– zione, il centro di una zona in– tensamente coltivata, tra il feu- , do e il mare. allora aveva fatto. t educato ad uccidere, è persuaso di compie- Chi indugia anche per le strade tt · t ·co non re un a o gms o, eroi - più interne, tra i mucchi di im- gl' e ano dato cos'i Ja meda · 1 av v - mondizie che si accumulano per' glia d'argento?). giorni e giorni, cercando cli scan- fi Una seconda bomba. Mentre sare gli improvvisi getti dei ri 1uti, nota bambini spesso sporchi e sei- il commissario fi,1gge, il marc– vatici, fascie di lutto e storpi in sciallo si accascia gravemente fe– copia insolit,i: ma pensa che rito: sono le dieci di mattina e dove le vie si infossano buie, nei fino alle cinque del pomeriggio grossi sobborghi metropolitani, ri1:1arrà per terra a dissanguarsi la morte è maggiore. mentre il popolo intorno, almeno all'inizio, impedisce che qualcuno Alcuni sintomi - tra cui, eia- si avvicini a soccorrerlo. C'è in– moroso, il banditismo anche per- tanto chi brucia carte all'esat– ·durante - ci avevano forzato a toria (molti affermano che colo– considerare attentamente. Più ro cui seccava l'esattoria, non che parteciparvi i risultati di uno 1 certo poveri, avevano mosso a - studio compiuto, vi do alcune d' 1 fid c·a pe. cune persone I oro u 1 i- notizie per invitarvi ad una col- ché sviassero la furia del popolo laborazione : ché in pochi siamo, contro l'esattoria e l'ufficio ca– privatamente ci muoviamo tra tastale, distogliendolo dai pre– le due diffidenze più opposte, tra levamenti di frum.ento nelle loro una popolazione in tali condizioni . . case), mentre solo i cam, atti- che lo studiare, lo scrivere, invece t' cl li' d d I ng e lec ra 1 a o ore e sa u , - cli tentare ad ogni costo un aiu- cavano il ferito che chiedeva to immediato; ci pare spesso un . . acqua. « Gli avviavano 1 cam », lusso di cui si dovrebbe aver rimorso: Precede oli Finita la guerra - ancora pas– savano gli americani - « il pa– ne era una cosa schifosa, tremen– da la disoccupazione ». Molti si nutrivano per lungo tempo di carrube. Forte il « contrabban– do » di frumento dalle zone del feudo a Partinico. Il popolo insorge il 29 marzo '44: libera i carcerati e forma « squadre » (nelle quali pure so– no dei carabinieri; ma il coman– do dei carabinieri non funzio– na) che prelevano frumento nel– le case dei più ricchi. Il frumen– to avrebbe dovuto essere portato al mulino per aumentare a tutti la razione del pane. Il 30 marzo di mattina, più di mille persone si ammassano da– vanti l'esattoria: un grnppo at– tivo, cli un centinaio, è « dispo– sto a tutto» (da notare che si tratta di poverissimi, che niente hanno a che fare con l'esattoria e il ca~sto); gli altri sono vel– leitari e curiosi. Alcuni comincia– no a prelevare pacchi di incarta– menti buttandoli sulla strada per bruciarli. Interviene la polizia che per farsi largo comincia a sparare in alto. Ma un colpo uccide Pupillo, un giovane di– ciottenne. Alcuni sollevano il ca– davere e lo portano a casa gri– dando « yendichiamolo ». Nel– l'esattoria si rinchiudono il ma– resciallo dei carabinieri, il ma– resciallo di PS e alcuni carabi– nieri; tentano poi di fuggire dal– l'altra porta verso una lo~o ca– serma. Dalla massa, infuriata appena ' se ne accorge, si grida; « a mor– te ». Mentre « gli sbirri » scap– pano, uno dice: « chi sa buttare una bomba? ». Un'« guastatore» appena reduce dalla Jugoslavia grida « io, medaglia d'argento al valore!». Piglia una bomba a mano e la lancia. (Gli pare di continuare la guerra, come fino ridendo. « I cani randagi ci an- davano da soli ». Finalmente una vecchietta gli porta un po' d'acqua. Verso sera arriva un batta– glione di carabinieri e la folla si disperde, e sazia di crudeltà, e per il rimorso, e per la paura, e per le parole di un arciprete e le promesse magnifiche di un te.nen– te dei carabinieri. Il ferito è rac– colto. Pieni i pagliai nelle cam– pagne, durante la notte, di fug– giaschi che temono di essere ar– restati. Molti ne vengono arre– stati. Dopo un processo vengono condannati tre poveracci: 25 + 25+ 16 anni di galera. La ribellione da ora si va in– quadrando o in azione politica o, molto più facilmente e rapida– mente, in bande armate. I nuovi banditi trovano una giustifica– zione ideale nel separatismo. « Tenevano il passo». Vasta la fame. Coloro che nel moto di ribellione si erano mostrati più coraggiosi, vengono lusingati dal– la mafia : chi ruba bestiame e lascia a questa la percentuale è protetto; chi non riparte- le refur– tive o viene ucciso o denunciato alla polizia. La mafia si serve del banditismo in funzione politica : lo slogan è - se alle elezioni , vincono i nostri, le cose andran– no a posto e tutti gli ora fuori– legge saranno· liberi. Anzi, i più bravi avranno incarichi nella po– .Jizia. Concluse le elezioni, i ban– diti e tutti i loro parenti e amici si accorgono di essere stati il– lusi. Già nel 1893 il popolo aveva tentato di ribellarsi (rivoluzione dei Fasci). E chiara ci appare la situazione nel '60 quando leg– giamo in « Da Quarto al Vol– turno» dell'Abba: 18 Maggio, tra Parti,iico e Burgeto « Era meglio rompersi il pet- 10, ma varcare la montagna, scansare Partinico. Si saliva l'er– ta su cui sorge il villaggio, e il po' di vento che rinfrescava l'aria ci po_rtava già a ondate un fe– tore insopportabile. Appena in B anc cima, ci affacciammo alla vista della città, arsa in gran parte e fumante ancora dalle rovine. La colonna da noi battuta a 'Calatafimi si azzuffò con gli in– sorti di Partinico, gente eroica davvero. Incendiato il villaggio, i borbonici fecero strage di donne e di inermi di ogni età. Cada– veri di soldati e cli paesani, di cavalli e cani morti e squarciati fra quelli. Al nostro arrivo, le campane suonavano non so se a gloria o a furia; le case fuma– vano ancora; il popolo esultava fra quelle ruine; preti e frati gridavano frenetici evviva. Le donne si torcevano le braccia furenti e intorno a sette o otto morti, rigonfi e . bruciacchiati, molte fanciulle danzavano co– me forsennate a cerchio, tenen– dosi per le mani e cantando. Quei morti erano soldati. Il ge– nerale spronò tirando via e cal– candosi il cappello sugli occhi. Noi tutti dietro lui, assordati e scontenti. Ora siamo lontani, ma le campane suonano ancora. Sono le quattro e mezza. Vorrei sta- a cura di VINCENZO B RRUSO RODOLFO BRACCI DANILO DOLCI GIOVANNI PIERGALLINI MARGHERITA SALIMEI ANGELA SANA BONALDO ·VICHI notte si stesse , qui, fra questi oliveti, Non vorrei perdere di vista il golfo di Castellammare che, mentre il sole andrà sotto, dovrà parere chissà che para– diso di colori ». Con le squadre dei garibaldini, da Partinico molti partirono. Nel maggio del 1565 da un censimento risultò cile nella sola Palermo vi erano seicentoqua– rantacinque schiavi maschi di cui duecentoventotto da Palermo e gli altri provenienti dall'Africa, dall'Asia e dall'Europa. Parti– nico, quinto quartiere di eletta città, era succhiato eia una molti– tudine di tasse. Nella Pasqua del 1296 Federi– co II aveva fondato l'abbazia di S. Maria di Alto Fonte. Nel 1302, in occasione del suo matrimo– nio con la figlia di Carlo II, re di Napoli, adempì la promessa di fondare un monastero cister– cense sul: luogo. Parti.nico, quasi rasa a1 ·suolo; risorse col nuovo nome di Sala· di Partinico, in onore del capitana Sala che nel bosco vicino aveva sterminato « le feroci bande clibriganti ». Le ter– re erano amministrate dall'abate. Dal 1435 abati non furono più i frati ma « gentiluomini » che sfruttarono in ogni modo il lo– ro privilegio. Nel 1544 le im– poste superavano il prezzo del frumento, quasi :· il ricavato era impiegato alle fortificazioni cli Palermo in attesa di una inva– sione turca, capeggiata dall'im– peratore Solimano. Nel 1100 il normanno conte Ruggero, suc– cesso alla dominazione araba, « aveva concesso il territorio di Partinico a Rinaldo e Roberto Anenello ». Di prima si sa poco. Certo è che dal vicino monastero di Ciamba i monaci, temendo i banditi della zona, erano fug– giti a S. Martino delle Scale (portandosi un'urna funeraria romana). Qualche segno della presenza dei romani sul luogo, forse una volta stazione di posta. Pirati devono esserne venuti in ogni tempo in cerca di schia– vi; sulle alte coste ancora oggi stanno i ruderi delle torri di guardia. Come si campa Le 5959 famiglie (25258 abi– tanti alla fine del '53), ester– namente non molto dissimili, ad eccezione di 200 circa, si rag– gruppano in tre zone caratte– ristiche : una a sud, di cui Spine Sainte è il quartiere tipico e più triste (metà sono « industriali »: si industriano); una a nord-ovest verso via della Madonna ( « quar– tier generale dei fuorilegge »); e l'altra a nord-est verso i Mu– lin~(la zona della_più diffusa pro– stituzione). 10. 711 ettari di terra appar– tengono a questo comune: 15 di questi, « incolti sterili »; 565 a fichi d'India incolti; 87 a som– maco (abbandonati): 114 a pa– scolo. Rimangono 9.930 ha. di superficie arabile (e, di fatto, 9000 netti, ché 900 sono di Trap– peto.) Di questi, 2.420 sono a « seminativi semplici »; 225 a seminativi arborati; 672 irrigui di cui 190 ad agrumeto; 5.897 a vigneto; 624 ad uliveto; 62 a mandorleti. Questi 9.930 ha. di terra arabile sono divisi in 43.324 particelle catastali, di pro– prietà di 17.244 persone e preci– samente: 11.51? proprietari fino a 1/2 ha.; 4.796 da 1/2 ha. a 2; 740 da 2 ha. a 5; 138 da 5 ha. a IO· 52 da IO ha. a 50: Proprietà <; p~lverizzata »; spes– so più particelle appartengono ad una famiglia. Netto da tasse, conc1m1 e se– menti, il complessivo ricavo me– dio annuo dell'agricoltura è di 1.300.000.000 di lire, distribuito così : 122 milioni circa tra 52 proprietari; 117 tra 138 proprie– tari; 260 tra· 740 proprietari; 546 tra 4.796 proprietari (110.000 lire l'anno per ciasctlno, di me– dia); ed infine 255 milioni circa tra 11.518 proprietari (a testa circa 21.000 lire all'anno, 50 lire al giorno cioè). E la terra è, quasi, l'unica fonte. I braccianti lavorano, ora, per 1 500, 600, 650 lire al giorno, dieci ore circa, per la metà dell'anno. Spesso senza alc1.1Pl\. assicurazione e previdenza. 3 Commercio sopratutto interno. Mancano organizzazioni per spe– dire le primizie dove maggiore sarebbe il guadagno. Scarse o inesistenti, in effetto, le coope– rative. Manca una cantina so– ciale e ·un ufficio enologico : tal– volta si perde gran parte della produzione (un anno, quasi la metà) per quest'ultima lacuna. Vere industrie non ce n'è. So- lo .quattro aziende a tipo agri– colo-industriale. Una distilleria ha 30 operai fra caricatori e ope– rai fissi. I caricatori lavorano a cottimo a 70 lire l'ora circa, per se,iore al giorno; gli operai gua– dagnano 700 lire al giorno. Il lavoro delle vinacce dura da due mesi a due mesi e mezzo : così quello delle sanse. Quando il - costo del vino è basso e conviene sfruttare l'alcool, il lavoro è assi– curato per tutto l'anno; altri– menti inattività negli altri mesi. Il molino ha lavoro continuo. 50 operai tra caricatori (80 lire l'ora) e operai fissi (980 lire al giorno). Impianto moderno che produce circa 45 quintali di pa– sta al giorno. La saponeria ha sette operai che lavorano sal– tuariamente secondo i grassi a disposizione. Produzione limitata venduta localmente. La fabbrica cli conserve lavora solo nella sta– gione dei pomodori. Ha ·20 ope– rai, in genere donne. La produ– zione, limitata per causa dell'at– trezzatura inadatta a grandi quantità, viene quasi tutta ven– duta localmente. Scarsa l'attivi– tà artigiana e specializzata. Po– che donne ricamano e tessono guadagnando, per un'intera gior– nata, 250 e 300 lire al massimo. Con grande difficoltà si trova– no, per esempio, muratori di– sponibili. 'La campagna assorbirebbe con– tinuativamente circa 3.000 lavo– ratori; le industrie e tutti i vari servizi circa 1.000. Rimangono più di tre migliaia di persone a cui assicurare lavoro. Le orga– 'nizzazioni sindaçali svolgono una certa funzione tecnico-assisten– ziale. La Camera del Lavoro, do– po « vertenze », è riuscita anche a far salire la paga degli spazzini da 500 a 650 lire. Chi non ha lavoro « s'arrangia, s'industria ». Frequente la fame. Chi ce la fa, emigra. Molte case hanno pavimenti di terra. Tre o quattro figli in media per fa– miglia. Per lo più le abitazioni sono costituite da un unico lo– cale. C'è una locanda con cinque stanze e sette letti, poco frequen– tata. « S'avisse campato n'autra para d'anni Turiddu ! A la fac • eia di cu l'ammazzau! -Trasìano carabinieri, ordinavanu zabaglio– ni, bibite, birre. Bello... parlannu chiaru .... ci tinia tre f... ». Un'al- • tra locanda, sporca, ·è frequen– tata da venditori ambulanti. · Bar: uno. moderno, pèr gli «eleganti» e uno piccolissimo·in piazza. Una « casa del vino.» che vende anche bibite. Tre po– vere « dolcerie » e qualche ge– lataio. Il « Circolo dei ciwli » aveva fin'ora l'aristocrazia paesana: carte, dama, scacchi e bakarat. Nessuna attività culturale. Quattro o cinq1,1e « sale da bal– lo» fornite di licenza: ballano solo gli uomini pagando cinque lire per ballo, (co111i11ua)
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