Nuova Repubblica - anno I - n. 21 - 5 novembre 1953
L. 35 • In questo numero: Inchieste sul Mezzogiorno. - - - -- J'\p•ut.••. :-:, ,\•t. i11 :\h·•. po!ll, (ir rr-- ~!"O\'.\ 1!\d'r:~i;l.l\" \ à.S/5/5 Claudio Cesa . e/o BR.ndinelli . . . 4 via Chi8.r:uu., L i v o r n o - Anno I - N. 21 QUINDICINALE POLITICO Firenze - 5 novembre 1953 LUIGI ttOD.ELLI: 11 prolJlcma di Trieste e la federazione illirica (pngg. 1 o : ) - f.'nAXOO llOKA.NDI: La mafla del nord (pa~. ) - ANXA GAU0t'ALO: Un 1>0nte e una scuola. in Ca– labria (pag. : ) - :O:UO t'IXOCCIIIAIIO: Partiti, non clientele (pag. :.) - \'ICTOlt ALBA: li CrcmHno e la Ca~\ Rosadn (1m~. ) • A (UELIO PEX~A: Xessuna tregua agli a,·,·crsnri reli– ~iosl (pnj!:g. 4 e;,) - DA~ll,O DOL('I: lllnascc il bnnditismo (png. :) - JJA.LVJ:,'RO: 11 pro– blema del sud ò problema di OJini italiano (pag. : ) - L. I,.: Il secondo Congresso dcll'Eurepa all'Aja (pag. i) - KHANUt:Lt: t'ASTOICl~A: :\.lezzo milione di elettori hanno capito (png. 8) - . llARCELLA l'Jtl:'H'll'ATO: Per unn federazione (1mg. 8) - Fll,ll'l'O CALAMAI: L'esigenza. liberale (pag. 8) - (lll'LIO ALO:\'Zl: La lezione di )laomettq JJ (pag. O) - .IIAIIIOGANDINI: LR "LINER,, PELLR S ouo questa fonuula, si vuole intendere quella politica eco– noinica di risanamento 1110- netario, fondata sul pareggio del bilancio pubblico, che il rninistro Pella ha perseguito, sotto la guida di Einaudi, nei gabinetti De Ga– speri. Ma non ad essa Yoglituno <1ui riferirci, sebbene proprio in essa si possano rintracciare i prece– denti, e vorrenuuo dire i presup– posti, della nuova « linea Pclla », di quella più propriamente poli– tica, che il neo-Presidente comin– cia a sviluppare in una pratica di governo che si ri"ela non sap– piamo se più abile od a1nbigua. La caratterizzazione politica del governo, che Pella finge di Yoler rinviare, venendo incontro a quel– la esigenza <rualunquisticn tanto diffusa del « governo di sana an1- a1inistrazione », è già in realtà neHe cose, e ci sembra rh·elata, a chi abbia occhi per vedere, da tre episodi politici recenti: Trie– ste, la crisi di alcuni complessi in– dustriali metallurgici, la forma– zione della Corte Costituzionale. Jn questi tre episodi, nel modo in cui il governo ha preso posizione, ci sembra appunto di Yedere deli– nearsi quella nuova « linea PeJla », che il suo ideatore ha cercato fino– ra con tanta cura di rendere inaf– ferrabile ed impalpabile. La crisi triestina si è manifesta– ta, come si ricorderà, al n1on1en to in cui l'on. PelJa, per rispondere a certe parole, più o n1cno p~ovo– catorie, d'un'agenzia di stan1pa ju– goslava, delibera,,a, insieme col gen. Marras, una parziale n1obi– litazione alla frontiera orientale. Non entriamo qui nel merito del problen1a: tua vorren1n10 chiede– re: quella nutnifestazione n1ilitare era proprio obiettivamente neces– saria? o non era per caso parte d'un più an1pio programma di po– litica interna, diretto ad assicurare al governo certi appoggi, nel nto– mento in cui esso poteva temere dello stesso partito den1ocristiano? Questi nostri dubbi si sono ora rafforzali constatando il n1odo adottato da Pella per forzare gli alleati a rispettare la parola data, che è un modo tipicatnente na– zionalista: o voi ci date tutta la zona contestata, o noi ci ritiriamo dalla solidarietà atlantica cd eu– ropea! Lungi da noi, naturalmente, ogni volontù di esaltazione del Patto Atlantico e della C.E.D.: le nostre posizioni al riguardo sono sernpre state più che esplicite. Ma che il n1odo di su1>erare i peril.-oli della C.E.D. e dell'oltranzismo atlantico siano quelli n1innccia1i da Pella (chiusura nazionalistica del nostro pnese, rottura di quel tentativo di « europeizzazione » dell'Italia che è una ragione di esistenza per noi) francamente non ci sembra. La C.E.D. si supera con una rinnovata volontà di fede– razione politica europea; l'oltran– zismo atlantico con un rafforza– mento serio (e non fittizio) dei legami di solidarietà che legano l'Italia alla Francia e all'Inghil– terra soprattutto. Le vie seguite da Pella sono soltanto buone ad assicurare al suo go,·erno l'appo,r- gio, se del caso, delle più vccd1ie e stupide posizioni reazionarie, ,ruelle del nazionalisn10 (monar– chico, fascista o clericale che sia). La crisi dei con1plessi 111etallur– ~ici, che si trascina da tempo cd era recentcn1cnte esplosa nel caso della Terni, si è ora puntualizzata nell'altro caso della Pignone. Jn • tcrrnini marxisti, i- un lipo di crisi assolutan1ente insuperabile sul ter– reno di unu strullura capitalistica. L'inter\'ento statale non può quin– di essere concepito in tern1ini pa– ternalistici (per salz;are .aziende gettate in crisi dalla loro stessa natura, di aziende sorte e rese pro– spere dal regime protezionistico), ma soltanto in tern1ini strulturali, di politica economica che deter– mina, nell'interesse pubblico, la priorità degli invcstitnenti e garan– tisce la esecuzione dei piani. Chiu– so nell'intrinseca contraddizione di una politica che non vuole scon– tentare le masse ( col palese scopo d'indebolirne il potenziale d'urto) 111a vuole sostanzialmente raffor– zare le strutture capitalistiche, Pella ha affrontato il problema del Pignone con due provveditnenti altamente significativi e crudamen– te paternalisti ( così si risolve l'in– tervento statale in una politica eco– no1nica conte quella italiana!) : ritirando il passaporto a Marinut– ti, e insie111e facendo sganciare a favore della Snia-Viscosa alcuni 1niliardi in più per « salvare » la azienda. Col risultato iminediato che, subito dopo, la direzione si è 11uovan1ente irrigidita nelle trattative sindacali; che il contri– buente continua a pagare i risulta– ti della cattiva umn1inistr11zione, e degli appetiti egoistici, dei Ma– rinotti ed affini; e che si è creato un precedente nient'aff'atto rassi– curante in n1erito al problen1a del– la « libertù del passaporti> » ( cosa sono mai questi « doveri di soli– darietà sociale » a cui sarebbe ora subordinato il rilascio del passa– porto!?). Finaln1ente, in n1erito alla ele– zione dei giudici della Corte, la D.C. è stata costretta a svelare il suo giuoco, optando per il candi– dato n1onarchico anziché per quel– lo democratico, per , 1 endicarsi - dicono le cronache - della scarsa lealtà dei ' parenti ' nei suoi riguar– di. Mn in politica ' non ci si vendi– ca '; in politica si seguono Certe di– rettive. E par chiaro anche agli orbi che cosa significhi questa scelta, che non può avere un ca– rattere ePisodico, e che pone im– n1ediata111ente ai socialisti e ai de– mocratici dei problemi nuovi, che vanno accurata1nente esaniinati, an– che per non precipitare in un hnbelle e vano ' frontismo '. Li « linea » Pella comincia dun– que a precisarsi per quello che è: la linea della << restaurazione » della destra econo1nica italiana, di cui Pella - consulente dell'indu– stria biellese - è esponente non privo di ' souplesse' e di intel– ligenza. E non è da meravigliarsi se faccia parte di questo sviluppo l'annunciato rimpasto che, caso strano, colpirebbe Bresciani-Tur– roni, Salomone e Segni, cioè per l'appunto quegli uomini che, per una ragione o per l'ahru, rappre– sentano elementi di moderazione e di liberalismo ' classico '. Il discorso è particolarmente importante per Salomone, che sa– rebbe deciso a lasciare il governo per il definitivo insabbiamento che i suoi progetti di riforma agraria avrebbero subito, aUo sco- SOMMARIO <:omito a gomito (pag. 9) - .-l t1wfità di Mazzini (J)ag. !') - li'o(l/ir n•,·rh, (pag. IO). MAIUO ALBEltTINI: Una sinistra dcmonntica ;pag. IH) - A~GELO Sl'ADONI: ll centro di o~ni int&.5a (pag. 10) - PAOLO LEVI: Al di fuori dei partiti (pag. 10) - GUIDO •'liBIXI: Revi<iionc <·~ti– tuzlonale nella IV Repubblica (pag. le) - VGOVALElll: Un consenso (pag. 1,). ~EGl\'E: Ita 1 io, oggi: li ragazzo e l'ucc<'llino (pag. 6) - ~'l1arc11inl) del1';,eouo11 11 11"1: In– vestimenti pubblici e priYat1 1 di Otso LuzZATTO(pag 6) - l'ose di Fra11ci11:_ L'L farsa del– l'[ndocina (png. i) - Prrgine <li r11lf1,,a to11tt-1111>0N111e,1: !.a riformo. snnitnria m Jn~hiltcrra . cli .ISEURJN BE\',\" (!Il) (pogg. 11 e I~). ANCORA SULLA PROPOSTA DELLA VED. BATTISTI IL PROBLEMA DI TRIE e lafederazione illirica E RNESTA vedova Battisti, « la più privata delle cittadine», ci ha dato un esempio di saggezza ci– "ile. Mentre il Governo italiano sem– bra incoraggiare le chiassate per Trie– ste organizzate nelle vie dagli studenti e dagli studentelli (minorenni sottrat– ti alla tutela degli istituti scolastici con la connivenza di presidi, provveditori e ministro della P11bblica Istruzione), .!:mesta Battisti ha insegnato a medi– tare. Ha insegnato • fare ciò che gli italiani non fanne;. 1'\é il n ..tchiavclli– smo degli uni, né il realismo politico degli altri, né lo sloricismo fatalista di altri ancora può infatti aiutarci a uscire dalla impasse psicologica. Tutti sanno che lo stato d'animo collettivo può tra– sformarsi in una polveriera. Negli ado– lescenti questa oscura coscienza vive al– lo stato di sentimento atavico e li esalta come la lettura di un libro d'av– venture. Ne approfittano i mestatori e gli agenti provocatori. Lasciando alla diplomazia il com– pilo che le è proprio e al Governo la responsabilità della politica internazio– nale. qual' è la parola che sale dalla coscienza del Paese' Questa parola è quella che conta. Dobbiamo cercarla nel nostro stesso passato e non sulle lab– bra di adolescenti irresponsabili. li no– stro passato, la tradizione del Risorgi– mento, il ricordo delle nostre libertà comunali non ci dànno né l'attacco proditorio alla Francia, né la pugnalata alle reni della Grecia, né l'occupazione della Croazia a sostegno di Ante Pa– velic, con la corona donata a un prin• cipe di casa Savoia. Queste brigante– sche imprese in cui culminò il fascismo e di cui il popolo italiano fu stru– mento quasi sempre passivo entrano po di ' ridi1nensionure ' lu diretti– va politica del govcn10 alle peren– torie richieste degli agrari rneri– dionnli, rappresentati dal P.M.N. E non è a caso che sul bilancio dell'Agricoltura i deputati monnr– chici si siano astenuti, come per esprimere un monito. Forse non avevamo sbagliato, all'indomani del 7 giugno, a scri– "ere che quelle elezioni avevano significato il crollo dell'esperimen– to clericale, e del connesso perico– lo totalitario; ma che significavano anche l'avvento della destra eco– nomica tradiziona]e, col suo cor– teggio nazionalistico, protezioni– stico, burocratico, che tutti cono– scian10. Certo, situazione più chia- anch ·esse - purtroppo - nella storia d'Italia. Su di esse 111n1111 militari è imposto il silenzio. I giovani ne igno– rano l'infamia e i lutti; e non' ha torto Gaetano Salvemini quando dice di preferire negli alunni delle nostre scuole la più candida ignoranza sulla storia del fascismo e della resistenza ad un insegnamento controllato da un ministero clerico-fascista. Solo gli uomini che apparlengono alla generazione che tramonta e i gio– vani più perspicaci cominci:.no oggi a "eder chiaro in quella malattia di cre– scenza che fu il nazionalismo italiano fra le due guerre - il nazionalfasci– smo - e a risalire anche più indietro per ricercare nelle pieghe della storia dell'unità d'Italia i problemi irrisolti e le mascherature fallaci. La passione per le libertà civili e politiche, che aveva animato le generazioni del Risorgimen• to, fu sopraffatta dal culto idolatri– co della grandezza della patria, che invase il campo dei sentimenti onesti, qual'era quello dell'irredentismo. Ernesta Battisti, in un suo recente saggio Rievocand.; FranciJco Ferrer Guardia (Verona, 1952), ha fatto ri– vi\'ere « quel palpito generoso per la umanità» che Cesare Battisti « l'italia– no, apostolo fra i primissimi e il più efficace del socialismo nel Trentino » condivideva con Francisco Ferrer, il martire della reazione clericale spagno– la. « Predicare il bene e l'amore fra le genti; questa predicazione estrema ferrer ha consacrato col suo sangue » - scriveva Cesare Battisti che batterà lo stesso cammino e, fin d'allora, in– sorgeva contro l'Austria « in nome di quei principi - ricorda la vedova Er– nesta - che gli apparivano invece co- ra, vorrem1110 dire più massiccia: che esige però il massimo rigore d'idee e di propositi, la massima combatt.ività in tutti i settori del– la sinistra democratica italiana. e tempo di vedere negli oeclù la realtà, di non trastullarsi oltre · con le impossibili rinascite cen– triste e col liberalisn10 di maniera, di. determinare con coraggio il ter– reno su cui le autentiche istanze democratiche possono oggi difen– dersi. Si prepa- rano le condizioni non già d'un rin- K' novato fronu, po- Polare, ma di un fronU, socialiata e democratico. sì vivi e liberi nelJa sua Italia>>. Non per. la retorica di una patria grande, bolsa e proterva, ma per l'unfrersali– tà dei principi di libertà civile, morale e politica, per l'emancipazione del po– polo trentino oppresso « sotto i gioghi del pensiero», Cesare Battisti affron– tò consapevole e sicuro il cammino del martirio. Dalle cronache e dai giornali del tempo Ernesta Battisti ha ricavato i tratti di uno stato d'animo di cui cer– cheremmo in\·:tno il ricordo ntlla stt\– sa Storit1 d'Europa del Croce. « A Trieste si offre una prova dell'uni\'er– salità dei principi che legano e po– trebbero legare i popoli fra loro e dare, ad essi, una base di pace più sicura di quella di baionette o di ato– miche)>. Per la fucilazione di Ferrer martire ·della libertà di pensiero, ban: diere a lutto sono issate « non solo alle sedi dei circoli socialisla. libera– le e 1epubblicano (quesli due ultimi irredentisti per definizione) ma anche in quella degli operai slavi ». Meno di cinquant'anni fa il senti– menlo delle libertà civili e poli1iche - fatta eccezione della Germania - si estendeva ai rapporti fra i popoli in funzione della loro individualità na– zionale. Gli italiani del T,entino e gli slavi di Trieste combattevano la stessa lotta liberatrice ccnlro l'Impero d' Au– stria. Il senso di quella lotta era quello risorgimentale della predicazio– ne di Mazzini, che aveva scritto Je Lettere J/t1ve. Riscatto delle oazioni dalla soggezione ai dè;poti indigeni e stranieri per una libera confederazione dei popoli d'Europa. Questo sentimen– to, dopo due guerre mondiali, devasta– zioni e lut1i nei focolari, non è spen– to e può risorgere. Noi dobbiamo ri– prenderlo da una tradizione italiana di umanità, di equilibrio, di saggezza ci– vile: e predicarlo, se non per l'oggj, per il domani. Rispondendo su « Nuova Repubbli– ca» (5 e 20 ottobre) a quanti l'ave– vano richiamata « non senza rimpro– vero » al monito di Cesare Battisti (« Perduri la schiavitù di Trento, ma non sia vile la madre Italia», 13 maggio 19U), la vedova Ernesta scrive: « Riecheggiare ora pUiamente e sem– plicemente immutato quel monito è, scomparso l'impero austro-ungarico, un non senso. « Come cioè dimenticare gli effet1i duraturi della sopravvenuta politica in-
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