Nuova Repubblica - anno I - n. 7 - 5 aprile 1953

NUOVA REP~U~B~B~L~I~C~A_:_ ___ _ _____________ 7 ------------------------ NUOVIARGOMENTI un i.,uoto, ma Moravia e Carocci riempiono l'impegno dei.,e essere maggiore e più unitario ER « Nuovi Argomenti » la rivista P bimestrale diretta da Alberto Mo: ravia e Alberto Carocci, d1 cm e uscito il primo numero comprendente i - masi di Marzo e Aprile, un saluto con– venzionale sarebbe poco meno di una offesa; ché già il primo numero può offrire l'avvio a un denso contrappunto critico ove poi, seppure riserve e obie– zioni - marginali o fondamentali - superino la misura dei consensi, '.ne– vitabilmente si inserisce la partecipa– zione emotiva di chi vede aprirsi e gi– rare su cardini non troppo arrugginiti una porta, quando quasi tutto ormai sembrava chiuso e imbullonato nello squallore del conformismo .. E. quest~ perché scrittori e artisti italiani ~ di più di un nome caro si annuncia fin da oggi l'apporto - sembrano _final– mente uscire da un3 condizione d1 am– biguità O di relativo silenzio, proprio mentre il cielo è foschissimo su d1 no1. « Si direbbe (togliamo dalla presenta– zione} che gli scrittori e gli artisti ita– liani, sia per prudenza, sia per tatt1c~, sia per distrazione, abbiano messo m disparte l'esercizio della critica delle idee e dei problemi correnti, forse in attesa di avvenimenti definitivi, che pe– rò lo sospenderebbero, appunto, defi– nitivamente». E. venuta l'ora « di trat• tare gli argomenti nuovi o giunti .a maturazione dalla fine della guerra lll poi, in Italia ». Peraltro bisognerà por– re atten~ione, anzi questo vorrebbe e dovrebbe essere uno dei compiti prin– cipali della rivista, a « nuovi_ m~i di sensibilità », presentando scrittori an– che del tutto ignoti, ma che portino « l'accento inconfondibile dell'espe– rienza autentica>>. nosciuti, l'infinita l'infinita ma solo si molteplicità varietà del vuole credere al• della parola nel– mondo, come lo ,·edono le creature umane che sanno ama~lo e cercano di capirlo». Qui si tratta di un documento davvero inte– ressante e la chiusura riecheggia il lamento primordiale e jacoponico della madre straziata dalla perdita del figlio: « m"a povero a chi muore e la madre che è sola è vecchia l'unico figlio la perduto che lo teneva come un gio– iello». Il primo numero è dedicato a un'in– chiesta sull'arte e il comunismo, che continuerà anche nel prossimo; esso si apre con una serie di appunti di Mora– via, li comunismo fil polere e i pro– blemi del/'m·te; cui seguono /11trod11zio- 11eagli JCritti di eJleJica di Marx ed E11gel, di Georg Lukacs (che farà parte di un volume del, medesimo di prossima pubblicazione presso l'edi– tore Einaudi), Nota sul romr111is1110 e la pi1111ra di Sergio Solmi, Arte e comunismo di Nicola Chiaromonte. Il fascicolo si chiude con una storia del « Polite<::nico », la prima del genere, di Franco Fortini, il quale fu tra i redattori di quella generosa rivista e ora distribuisce varie e ricche osser– vazioni~ è da augurarsi che altri vo– gliano intervenire nel merito, even– tualmente correggendo o integrando. Cercare una unità ideologica è im– possibile; si passa dall'antimarxismo e antibolscevismo (formule approssimati– ve) di Moravia al marxismo di Lukac, al liberalismo di Sergio Solmi per il quale, malgrado tutto, « è proprio alla comprensione e alla capacità di sacri– ficio della borghesia che sono affidate le prossime sorti della libertà del mondo, tra cui quelle della cultura e dell'arte». E a pretenderla si chiederebbe troppo, o piuttosto nulla cioè ancora una chie– suola; ma verso una visione in largo modo unitaria dei problemi di fondo dovrà pur convergere lo sforzo della rivista, altrimenti negherà le sue am• bizioni in un « capriccio » ecletticheg– giante. ?\•foravia ci ha dato un saggio, sotto forma di appunti, talora molto viv:H .. i o addirittura scanzonati, condito qua e là di aforismi; quanto mai fermo il suo rifiuto del realismo socialista, posto sul medesimo piano dell'astrattismo (« ambedue infantili e impotenti ») con una motivazione larga e, in qual– che misura, originale. Ma egli fa tutt'uno cl, comunismo staliniano e di marxismo e quest'ultimo identifica col determinismo meccanicistico! perciò si batte più volte con argomenti futili o che avr-!;_bberoavuto un senso prima di Marx o possono Q ,•erlo oggi contro i deformatori; anche un non mar– xista, appena informato, avverte subito che il bersaglio è u11altro. A sentir ~foravia, il marxismo (non solo il comunismo al potere) pretende– rebbe un'arte completamente sociale, senza residui, specchio grossolano, frut• to della consapevolezza partitica dello scrittore, del poeta, dell'artista. Pre– tenderebbe, dunque, un'arte utile - cioè allora brutta, mancata - che si gingilli superficialmente con una tesi ed inalberi il vessillo di un program– ma di classe ecc. ecc.. La cosa stra– nissima è che, subito dopo, il saggio del Lukacs - a parte il fatto che risponde in modo chiaro ed efficace a taluni quesiti posti da Moravia - in– dica certe premesse fondamentali ed esplicite, in Marx ed Engels, del ma– terialismo storico e della relativa este– tica che invece Moravia accoglie nel– la forma deteriore dei cosidetti disce– poli; addirittura, lo studioso richiama gli argomenti di cui Marx si serviva per approfondire come per farsi inten– dere senza equivoci e che ora Moravia sembra far suoi contro Marx ! Si ve– da il problema della consapevolezza dell'artista nella significante posizione di Marx dinanzi allo scrittore da lui prediletto, Balzac, e l'altro, del– l'ineguaglianza di sviluppo nel cam– po dell'ideologie e pi4 ancora del– l'arte rispetto allo sviluppo genera– le della società, di cui Marx si rende– va benissimo conto, proprio perché egli studiava il processo storico nella sua complessità e COl)Cretezzadialettica e non stravolgeva le varie evoluzioni in una generalizzazione meccanicistica .. Si possono accentrare le obiezioni di Moravia in questi interrogativi: « Se l'arte è sovrastruttura, come mai riesce a sopravvivere alla struttura' Perché mai leggiamo ancora l'Iliade, sopra– struttura, a quanto si dice, del feuda– lesimo arcaico greco? E che ccis'è che garantisce vita eterna alla sovrastruttu– ra?». Bisognerebbe avvertire da una parte che l'Iliade (e la Commedia divina di Dante e la commedia umana di Balzac) non sarebbe stata se la storia e la realtà sociale non erano lì a premere, a sollecitare, a indirizzare la mente dell'artista, dall'altra che il sog– getto - una volta ricevuto sangue e respiro - ha fermato la vita, · tran– seunte, in una forma sensibile, non transeunte, ma oggettiva e universale. Questo significa che allora il conte– nuto serve a un bel nulla, dal momen– to che non produce, esso per sé, l'ope– ra d'arte? Ma appunto il contenuto, cioè la realtà storico-sociale, giustifi– ca il sorgere della forma ( senza di esso l'uomo, che dovrobbe obbedire a vacui fantasmi interiori, sarebbe inca– pace della stessa parola}, e allorché vi si obiettiva sensibilmente, si ha opera d'arte. Storicità e socialità dell'arte, della bellezza, ma al tempo stesso un fissarsi di questa, mentre la storia e la società mutano, ove il soggetto conqui– sti - ed è virtù di pochissimi indivi– dui - il massimo di totalità e di essenza umana, penetrando nel conti– nuo moto dialettico delle cose. Sicché, anche a distanza di secoli, il lettore avverte un piacere estetico; e il piacere vive per opera della forma in cui la storia è penetrata e ora rivissuta ma dall'alto, mediatamente, con l'animo di uno spettatore che assiste a una bat– taglia non sulla sua terra (ma che, per infiniti e sottilissimi fili, si riallac– cia al suo destino di uomo). ~ pur vero che, detto tutto ciò t per di più frettolosamente, si aprono altri problemi a non finire intorno ai quali il dibattito è grosso, ma fino a questo punto è impossibile non con– sentire e appigliarsi a fantasia interpe– trative. Lo spazio non ci permette di an– dar oltre nel nostro commento. Vo– gliamo ricordare ancora che la ri– vista ha nel suo programma un nutrito elenco di saggi e inchieste, insieme a opere narrative di alcuni fra i nostri · maggiori scrittori; si annuncia, fra l'altro, la continuazione (dopo il 194~) del Diario di Corrado Alvaro. Insomma - per quanto si possa aver a ridire - un atto di coraggio, di lealtà, di responsabilità: ne aveva– mo bisogno. lllUSEPPE )'A\'ATI Per il momento, si sono accolti Fran– co Lucentini ( inserito circa tre anni fa nella collana dei Ge110111), autore di un lungo racconto dal titolo « La porta », e Quinto Martini con sue personali «Memorie». Ma non ose– remmo parlare di nuovi modi di sensibilità, perché il primo si attarda a raccontare, in prima pe.rsona, l'affetto incestuoso tra un giovane ladruncolo e la sorella prostituta avanzando sem– pre più, man mano che procede _nel racconto con indubbia perizia tecni~a, verso una sorta di realismo magico J'oscuro significato (e fa il solito largo uso di << parolacce » cui molti sembrano affidare l'ufficio di un rinnovament~ realistico dopo tanto astrattizzare; qui, per esempio: « s'incazzò spavento~a– mente »), mentre il secondo descnve le esperienze della sua adoles~enza .al tempo dei primordi della « R1volu210- ne fascista » restando su un piano do– cumentaristico di limitato interesse (ci pare). Vi si aggiungono «_ Toten– tanz », una fantasia dai ton.1 grot· teschi e lugubri di Augus W1lson e, sotto la voce ; racro111iuo1101cit11i, presentata da Rocco ScoteUaro, « let– tera al figlio» di una casalinga lucana, Francesca Armento, che ha imparato ti mestiere di raccontare scrivendo le let· tere per gli altri. li presentatore _scri– ve: « Carlo Levi ha giustamente spiega– to l'in8uenza dell'ideofonema nell'am– bito delle· altre civilta '. La lingua luca– na, allo stato in cui è, ha dato una certa cadenza anche al suo « Cristo si è fermato a Eboli », perché quella lingua è la misura di tutto il paesag: gio, degli uomini e delle cose d1 quella regione. . . GIRARROSTO Perciò non si crede che sia da farsi luogo al discorso sul realismo, leggen– do qnesto e i mille altri racconti sco- Ca Settimanafilistea · Che la Settimana lncom /oJJe 1111 co11ce11/ralo di filis1eismo, 111fllg1uto, bolsa relorirf,, presunzione e stupidilà tipicamenle 110Jtra11e, che foSJe, cioè, lo s1,ecchio fedel,ssi1110 del/'/1,,li" 1,os– side111e, lo Ja/J6.f'fll1/0 ormai df1 Jempo e, purtroppo, a nostre J/Jese. Ma non arremmo mai i111111agim1/o che 1111nta bella rnssegnfl delle (Illil•ilà w1ziomdi (commenlflle, come è 11010, fldegualfl• men/e, da una pet1or11lfl t•oceimperù1/e) giungesse (1/ p,11110di s/rullare, in numierfl ri/111gnante vergog1101a, due dei falli più tmgici (ll 1 l'Cllllli in questi ultimi. mesi nel 11os11·0 paese: /' o miei• dio e il suicidio dei d11es/Jldemi roma– ni,· quando abbiamo visto, addirillura, ricoSlruire la JCena de/l'uccisio11e del prof. Modug110 e inquRdrare ron un giro di macchi11a la pozza di sa11gue laJCiata s111/' asfalto d"I corpo dello s111de111e suicida, fil so/ilo senso di fmtidio e di 11oiache la Settimana In– com ha' la pre,·ogati1•adi ispirarci si è sosliluilo, di colpo, 1111 sentime,110 di disg11s10e di 11111iliazio11e. Di fronte fl episodi che do,·rebbero suscilare 1111 senso di 1go111e11/o e 1pi11geretulli a 1111 se,·ero, doloroso esmne di coscienza, c'è del/" ge11te (p,·oprio 11ellecosiddet– te « ,fere respo11sabili ») che vede sol– lflll/Oil 111acf1bro della vicenda e subito si af/rella a d,1rlo i11pauo al pubblico, 1·icoslr11e11do i falli in t1111i i loro parti– colari. M" che amore della verità! che zelo dor11me11tario!Non .si po– trebbe, dav.ero, prete11dere di piit: l'aula, i ba11chi,il posJo dello s111derile omicida, la porla che si aprt al ttrmin, _della leziorie p,r lauiar passar, il profeuore, la sigaretla auesa per aria: la sigarella che rotola i11terra al colpe di pistola ... E queSlo bel q11adro, q11e– sla 111ag11ifùa ricostr11zio11e è o/feria, anzi imposta, a centinaia di migliaia di spetlatori, grandi e piuoli, in 1111/a /Jalia, quasi si 11oleJSe compensarli - poverelli! -- d',wer perduto lo spellt/• colo ·1 1 ero, quello in cui rotolò in lerrfl 11011 una sJgare/la,111a u11 i111eg,umte11r– ciso dal proprio f/l111mo.E poi ri .rtre– pila ro11troi f11111e1ti, Ji ador11a110 di 1111 velo ca11didiui1110 le opere d' arie «impudiche» (a cominciare dal Da•id co11foglia d, fico della Slessa Settimana lncom), si censurano co11i111edie o se ne proibiice la rappreuntazio11e! ci fare– mo sopra de//'iro11ia? Non ce 111 sentia– mo affa110 la voglia. L'inciviltà • il ,inismo meritano solo l'insulto. "cucin1me Di1io11rio t11c1bil1 Cortina: Cortina fumogena, Cor– tina d'Ampezzo, Cortina di ferro. Hanno tutte e tre in comune, sotto vari profili, una «mascherata». Una realtà di equilibri e squilibri, incon– tri e scontri - riconducibile su piani diversi eppur convergenti - ne può dare una legittima spiega_zione. Sono insomma più consanguinee di quanto pensi anche un osservatore minu– zioso. Se vogliamo definirle con una per– sonificazione, in termini di giornale a rotocalco, diremo che la prima è un vecchio tipo di donna crisi, dalle occhiate assassine, la seconda è la miss Portafoglio, portata ai fastigi della celebrità dagli umori climatici, in una età climaterica, la terza infi– ne è una stranissima « vamp » dal sex-appeal evanescente, una specie di Anna Pauker prima della defe– nestrazione. Pulce: il miglior modo per « met– tere una pulce nell'orecchio :> è di approvare una legge elettorale che, sotto la foglia di fico della democra– zia, mostri a chiare note di nascon– dere interessi pi\, o meno confessa– bili. Napoleone era costretto piò volte a far scampanellare il mignolo den– tro l'orecchio, ma non si trattava di un'azione di disturbo da parte di una pulce; tanto peggio per lui, che non poteva avvertire gli scricchiolii del suo « ahar », rimettendoci sempre in dignità con un gesto anti-Napoleone a cavallo. Gli italiani, al tempo dell'impero, avevano una pulce sotto l'ascella che li faceva scattare con il braccio fie– ramente proteso contro il ciclo e il balcone di Palazzo Venezia o l'alto– parlante di una rinomata ditta. Oggi i nostalgici hanno solo un pidocchio pollino utile a far venire la pelle d'oca o il brivido teologico della « crociata nazionale >, al canto del– l'inno dei... Lombardi. Sciopero: difficile darne una spie– gazione esauriente. t a singhiozzo, a scacchiera, di categoria o generale. Secondo il corporativismo cleri– cale e fascista, lo sciopero è un'ar– ma da accantonarsi, per . discutr– rc a tavolino con taluni signori chf' ti danno dei calci, sotto sotto, e tu buono nell'interesse supremo del pae– se. Per i comunisti invece lo sciopero è più che altro un pretesto valido ad agitare le masse, ne vengano o no dei miglioramenti sindacali (così ca– pita che lo sciopero sia un incidente sul mancato lavoro; da cui frut;ifi– cano i germi per un regime che as– sicura il perfetto orario dei treni, sim– bolo del cuore pulsante e generoso di tutto un popolo). LIBRI Il RII/ISTB Noti:iario Bibliografico Musi/e. Sol– lo gli auspici dei Servi:i Spettacolo ln/orma:ioni e Proprietà Intellettuale della Presiden:a dt:I Co11siglio dei Ali• nistri. t la più comJ)lcla e aggiornala Ri– vista bibliografica italiana. Si pubblica ogni mese e contiene un sunto breve e obictcivo di tutte le riviste culturali e di tutti i più im1>ortanti studi politici pubblicati in Italia, nonché: un Indice Bibliografico completo di tutti i libri che si stampano ogni mese, redatto in base alle « copie d'obbligo » consegna– te per Legge alla Presidenza del Con- 1i1lio, Direzione : Casella Postale 247 .. Ro-– ma. Abbonamento annuo: L. 1.500.

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