Nuova Repubblica - anno I - n. 2 - 20 gennaio 1953

L. 36 llpocli&lono In al>bon&men\o poetale (Gruppo ll) In e• pagina a Bo■mer, D ea■o lllarty-'I'lllon Anno I • N. 2 QUINDICINALE POLITICO Firenze, 20 Gennaio 1953 ALPRED ROSIIIER: Il caso Marty•Tlllon (p. 2) · LUCIANOBOLIS: Organi della nuova Europa (p. 3) • GIACOIIIONOVENTA: Un socialista del Nord al eompagoJ dol Sud (p. 3) • IIIARIO GLIOZZI: Professori a Congresso (p. 6) • VITO PANDOLFI: Rl'l"olt& ln peri· !orla (p. 7) • ANDREA RAPISARDA: Lettere provlncloll (p. 8). DECISIONI -del Convegno di Bologna L'azione politica dei compagni usciti dal partito e l'estremo tentativo di quelli rimasti nel P.S.D.I. / Nel Convegno Nazionale della Sinistra del P.S.D.I. è stata ampia– mente dibattut.1 la situazione deter• minata dalle deliberazioni di carat- t tere disciplin ,re della direzione del Partito e dai più recenti avveni– menti politici. Tutti gli intervenuti sono stati concordi nel giudizio su questi fat– ti e hanno approvato l'operato del Comitato di torrente e dei com– pagni Deputati. - I rappresentanti delle Federazio- :1i, delle Sezioni e dei Gruppi che ,ono già usciti dal Partito hanno votato una dichiarazione relativa 0 Ile prospettive politiche e organiz– zative ch'essi intendono persegui- ·; per la corrente. di sinistra 11el Congreuo di Ge– nova: delibera110 di ricorrere al Comiglio Nazionale, chiede11do come condizio11e della perma11en– za o del rie11tro nel Partito dei moi aderenl i: 1) che .<ia definita la disci– plina del Partito sin q11i applica– la in modo incerto, contradditto– rio, parziale, e che - garantito pieno dil·illo di cittadinanza al pensiero della corrente - q11esla disciplina sitt applicata in modo rigorosamente imparziale, in alto 110n me110 che in bauo, verso la maggiora11za 11011me110 che verso la mi11ora11za; 2) che co11seg11enteme11/esi ri1111nciai provvedimenti discipli– nari adottati co1,.-o la corrente». Sommario RASSEGNE: It&lla, oggi (p. 4) • La quindicina parlamont&re (p. 4) • 15 giorni nel mondo cli P. Vlttorelll (p. 5) • Taccuino dell'Eeonomlst&, di U. Luzzatto (p. 5) • Olzlonnrln lasco i 1/~n\P~ tl. Jl:c';;;~l'ì:.~t "o i~I~ 'cl~"fr~P,i}lt;Jfof.;~~~Tti;ta'i~l:~m~:1.~/0~: IL SOGNO DI DE G.ASPERI DE GASPERI 1 << Confido nella tradizionale saggezza del Senato italiano>> (Dai giornali). (Diurno di Rudolo} I rappresentanti delle organizza. zioni di sinistra rimaste nel Par– tito hanno affermato da parte loro l'opportunità di compiere nel più breve termine un estremo tentativo diretto a ricostituire l'unità del Partito mediante la richiesta al Con– siglio Nazionale di ritirare i prov• vedimenti disciplinari ingiustamen– te adottati a carico della corrente. CARA ;VECCHIA EUROPA Ecco il testo della dichiarazione dei rappresentanti delle Federazio– ni, delle Sezioni e dei Gruppi già usciti dal Partito o che, a Bologna, hanno deciso di uscirne: « I rappresentanti delle Federa– zio11i, delle Sezioni e dei Gruppi del P.S.D.I., che hanno già abban– do11atoo deciso di abbandonare il Partito, riuniti a Conveg110 i11Bo– logna il 18 gennaio 1953, decido– no di costit11irsiin movime11to a11- 1011omo, e di partecipare alla lollfl elellorale per offrire alla classe la– voratrice e -il Paese 1m'alter11tttit·t1 di socialismo f111to11omo e democra– tico ». Ed ecco, d'altra parte, il testo della dichiarazione dei rappresen– tanti delle organizzazioni di si– nistra rimaste nel Partito : « I rappreunta11ti delle orga– nizzazioni di sinistra rimaste nel P.S.D.l. visto l'ordine del giorno 23 dicembre 1952 della Direzione del Partito,· riconf,rmalo l'indiriz– . o politiro espr,uo dalla ,orrtnlt Mario Vinciguerra ha dedicato alle nostre vicende un articolo sul M 1ssaggero del 7 gennaio. Non proprio e non soltanto alle nostre vicende di socialdemocratici < dissi– denti », com'egli dice, ma più in ge– nerale al fenomeno che si manifesta in tutti i raggruppamenti democra• tici italiani, di minoranze insofferen~ ti dello schieramento tradizionale alla ricerca di una via nuova, com: una e famiglia di elezione di in~dat– tabili e malcontenti >. e Questi cena– coli - egli continua - testimoniano di un tormento interiore che va esa– minato con riguardosa attenzione, e collocato ad un certo posto della vita pubblica contemporanea >. Per cercare di interpretare codesto fenomeno, Vincigucrra ricorre a un parallelo storico. I Longobardi, scesi in Italia intorno al 580, cercavano di inserirsi nel contrasto fra l'Impe– ro d'Oriente e il Papato, per vol– gerlo a loro vantaggio e conquistare il permanente dominio sulla peni– sola. Ma, nel frattempo, gli Arabi si precipitavano, come lanciati da una catapulta, nel bacino mediterraneo e - spinti dal loro spirito guer– riero e dal loro fanatismo religioso - penetravano in Europa, minaccian– do di sommergerne la civiltà, finché la loro avanzata travolgente non fu arrestata a Poitiers da Carlo Mar– cello, nel 732. Da quel momento, cambiò la scena del mondo. I vin– citori degli Arabi, i Franchi, elimi– narono rapidamente dall'Italia a lun– go contestata e Bizantini e Longo– bardi, e raggiunsero un più defini– tivo assetto europeo, attraverso < la alleanza fra il potere laico di Carlo e il potere religioso del Papa >. I Lonrobardi sparivano perch6 erano fuori della storia. Il problema del tempo, infatti, era la salvezza o la scomparsa della civiltà cristiana da– vanti all'avanzata dell'Islam. Le for– ze che non si inserirono in questo problema, come i Longobardi, ven– nero sacrificate a quelle che lo af. frontarono e lo risolsero, i Franchi. Chi,_ nel mondo contemporaneo, non s'accorge che è nato un nuovo Islam, l'ideologia comunista incarna– ta nello stato russo, è fuori del mon– do, e sarà sommerso. Il problema di oggi è soltanto quello dello schie– ramento di difesa per salvare la ci– viltà occidentale dall'Oriente anlicri• stiano. Chi non lo vede, è sacrifi– cato perché si muove lungo linee superate dalla storia. Vinciguerra non porta fino alle estreme conseguenze il suo ragiona– mento. Ma sia permesso di farlo a noi. Per lui - è evidente - la ci• viltà occidentale e cristiana è tutto il bene, il mondo orientale e comu– nista è tutto il male. La millenaria lotta del Bene contro il Male è in– carnata, nella storia effettiva, nel conAitto che si agita sotto i nostri occhi, fra democrazia occidentale e totalitarismo sovietico. Vincigucrra non dice, ma lo fa chiaramente in– tendere, che solo una nuova Poitiers {forse, la guerra preventiva?) distrug– gerà il Male. Carlo Martello si ve– stirà, perché no?, da generale Eisen– hower, e ancora una volta l'in– treccio del potere laico con quello della Chiesa romana sarà la chiave e la salvezza del mondo. L'aspetto certamente più significa– tivo di questa posizione è il suo mi– sticismo da Controriforma. Il totali– tarismo non è combattuto come fe. nomeno storico degenerativo della democrazia moderna, che trova le sue radici in una profonda crisi spi– rituale del mondo con temporaneo e si manifesta non soltanto nelle forme tipiche della Russia bolscevica, ma anche in Italia e in Germania nei fascismi, e poi in Spagna, in Porto– gallo, in Argentina, in Egitto, ed è presente come possibile germe di corruzione negli stessi ordinamenti democratici più avanzati (come quel– lo americano), ma al contrario s'iden– tifica esclusivamente, apoditticamen– te nella manifestazione comunista, interpretata soltanto come fatto re• Jigioso, sicché essa e unicamente essa è il pericolo da eliminare, né im– porta se per distruggerlo si debba eventualmente decadere in non me– no deprecabili totalitarismi. Mi permetta l'amico Vinciguerra di ricordargli un altro parallelo sto– rico. Quando, dopo il Congresso di Vienna, i principi restaurati risali– ron·o sui loro troni, essi fecero conto che nulla fosse accaduto dall'89 in poi (e il Savoia fu tra i più coerenti sostenitori del puro e semplice ri– torno allo « status quo ante>). La Rivoluzione era degenerata in dit– tatura militare, e dietro la spada di Napoleone molto sangue era corso in Europa. Coi principi restaurati ritornava finalmente l'ordine, il be– nessere, la pace dei popoli nel ri– spetto della tradizione e della Chie– sa, nella cara vecchia Europa. Ma i fermenti di rinnovamento che ave– vano fatto la Rivoluzione, che erano fermenti veri di liberazione e di pro– greuo, né la dittatura napoleonica n~ la meschina visione dei principi restaurati avevano potuto spegnerli. Nel '48, quei fermenti esplodevano in tutta Europa nella rivoluzione di · libertà da cui nacquero gli stati de– mocratici del continente. Ho l'impressione che M. Vinci– guerra potrebb'essere un assai degno consigliere aulico di qualche prin– cipe restaurato del 1815. Egli è ne– mico dei totalitarismi, come lo sia– mo noi. Ma non sembra capace di scorgere che i fermenti europei da cui emerse il grande rivolgimento bolscevico non si sono esauriti sotto il peso del torbido stato totalitario del Kremlino, uscito dalla rivolu– zione d'ottobre. Quei fermenti sono ancora vivi nel corpo sociale di tut– to il mondo moderno. Essi esprimono l'esigenza che l'ordinamento liberale del secolo scorso si faccia capace di rappresentare le nuove classi sociali, affacciatesi alla storia politica degli ultimi cinquant'anni. Combattere - come noi facciamo - quel totalita– rismo non significa bendarsi gli oc– chi davanti alla realtà sociale che ci sta sotto. Significa piuttosto sforzo per interpretarla in tempo, per risol– verne i problemi nella democrazia, onde evitare ch'essi siano tagliati con la spada, con una nuova e più ter– ribile battaglia di Poitiers. Vinciguerra ci giudica degli e ar– retrati >, che < si trovano in una si– tuazione molto patetica, non dissi– mile da quella dei longobardi >. For– se siamo piuttosto degli e utopisti >. Ma certamente non siamo dei soste– nitori di una rinnovata alleanza di Chiesa e Impero, dell'c uno e l'al– tro sole >, per conservare immobile quanto più a lungo possibile una ci– viltà che per salvare i suoi valori deve sapeni rinnovare . T, C.

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