Nord e Sud - anno XX - n. 167 - novembre 1973

Il « j' accuse» di Montanelli tivismo che, nei suoi presupposti ideali e nella sua capacità d'indagine, è comunque lontano da quella « psicosi d'accertamento », di cui ha dichiarato di soffrire Alberto Ronchey e che è una delle malattie più nobili del giornalismo anticonformista, di tradizione e vocazione pannunziana, continuamente nutrito ed arricchito dal peso dei « fatti » e dei « dati », ma che non per questo sente l'esigenza di salvarsi dal dubbio tragico del pensiero critico e di rifugiarsi nell'ambigua e semplicistica formula dell'« avalutatività », o de « i fatti separati dalle opinioni ». Gli inquinamenti del corporativismo e i luoghi comuni sull' oggettivismo hanno contribuito ad aggravare il malessere del giornalismo italiano non meno di quei « gruppi di pressione» e di quelle « concentrazioni » finanziarie o industriali che, per finalità estranee a quelle della scrupolosa informazione - e spesso anche della civile formazione - dell'opinione pubblica, si adoperano per controllare i giornali più diffusi. In questo senso si devono condi_videre i punti essenziali del j' accuse che Indro Montanelli ha rivolto alle più evidenti distorsioni sul modo d'intendere la professione giornalistica nel nostro paese, e che superano certamente l'arco della polemica, o se si vuole dell'insofferenza, del più famoso giornalista nei confronti del più famoso quotidiano nazionale. Analoghe a quelle di Montanelli sono d'altra parte alcune delle considerazioni di Jean-Louis Servan-Schreiber, nel suo stimolante e documentatissimo Il potere d'inforrnare. Su quello che sembra essere per esempio il problema capitale del nostro tempo, e cioè se i nuovissimi sistemi elettronici uccideranno definitivamente l'informazione scritta, Servan Schreiber pensa che« il solo elemento il cui avvenire non può essere messo in causa da qualsiasi novità tecnologica, il solo che resisterebbe all'eventuale abbandono delìa carta stampata come supporto materiale, resterà la qualità redazionale (contenuto, stile, presentazione). In grande maggioranza i padroni della stampa, non se ne sono ancora accorti e questa cecità costituisce il solo pericolo serio e globale che pesa sulla stampa». E la qualità redazionale - e qui il discorso meriterebbe di essere approfondito e sviluppato nel senso della qualità del direttore -· è appunto quella che, a giudizio di Montanelli, è oggi maggiormente esposta, con tutti i rischi di libertà che è facile immaginare, agli assalti convergenti del corporativismo e dell'oggettivismo imperanti. Ma se i rilievi di. Montanelli sono convincenti come diagnosi, lo sono un po' meno come prognosi: perché non si esce dalle anguste secche dell'oggettivismo promuovendo i lettori del giornale a 7 BibliotecaGino Bianco

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