Un'equazione sbagliata <lenze sostanzialmente eterogenee in un unico fenomeno, stabilendo nessi di causalità universale, per coordinare storiograficamente avvenimenti legati fra di loro soltanto in maniera particolare e contingente. Per venire al caso specifico da cui abbiamo preso le mosse, cioè alle interpretazioni contemporanee del fascismo, ci sembra che alcuni settori della nostra storiografia, invece di ristudiare a fondo la genesi del fascisn10, soprattutto alla luce della dinamica dei nuovi fascismi apparsi in quest'ultimo trentennio, - il che permetterebbe di meglio intendere il problema e di evitare tanti gravi errori politici -, abbia preso la strada di spiegarlo per via deterministica - e quindi aprioristica e astratta -, attraverso un'equazione non nuova in se stessa, ma che oggi sembra condizionare largamente la letteratura antifascista sul fascismo. Si tratta dell'equazione secondo la quale il fascismo non sarebbe altro che l'altra faccia del liberalismo, quella che quest'ultimo assumerebbe ogni qualvolta i detentori del privilegio economico trovano di fronte a sé una forza organizzata che minaccia di incidere, oltre i limiti della tollerabilità, quello stesso privilegio (sempre garantito, in via di principio, dal sistema liberale). Non vorremmo arrivare al punto di sostenere che questa è poco meno che una formula magica con la quale tutto si spiega (anche se certi storici la usano proprio come lex unica che spiega la genesi del fascismo, con la stessa certezza scientifica con cui si afferma che la legge di gravità regola il movimento dei corpi). Vorremmo invece tentare un discorso più ambizioso che, pur concedendo spazio ai sostenitùri di questa teoria, cerchi soprattutto di individuarne i limiti, almeno quelli più evidenti, riducendola così a spiegazione particolare della nascita di un certo tipo di fascismo in un certo paese (l'Italia, se si vuole), ma inidonea a essere assunta come legge u;niversale. Come prima si diceva, non si tratta di un'interpretazione nuova, ricollegandosi al celebre discorso del fascismo (italiano), visto non come « rivoluzione », bensì come «rivelazione» dell'autentico vòlto della borghesia cosiddetta liberale. Ma prima di avanzare i possibili argomenti contrari, è forse necessario un chiarimento preliminare riguardante le ragioni per cui' questa tesi - anche se mai dimenticata dagli storici italiani, particolarmente da quelli marxisti - abbia avuto proprio di recente un rilancio clamoroso: come dimostra il fatto che soltanto fra il gennaio e il maggio di quest'anno sono apparse ben tre opere diverse - un volume collettivo 11 Bibl_iotecaGino Bianco
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