Vittorio Sirianni investitore affamato, solo allora il decentramento diventerà qualcosa di più di un mito. E che cosa dire dei pericoli definiti « della diciottesima ora? ». Scrive Heller: « secondo l'etica della società occidentale lavorare sodo è bene. Per estensione lavorare più sodo di chiunque altro significa dunque essc:re migliori di chiunque altro. Poiché l'unica unità di 1nisura del lavoro di un dirigente è il tempo che vi dedica, il dirigente che lavora più di tutti non può che essere l'uomo che dedica più tempo al lavoro, l'uomo il cui sogno è di riuscire a lavorare diciotto ore al giorno ». Ma il direttore generale delle diciotto ore difficilmente ama lavorare da solo in un ufficio vuoto: ed ecco allora un plotone di persone che son costrette pur esse alle diciotto ore ma per ragioni assolutamente ingiustificabili. Razionalizzare il proprio tempo è fattore importante: ma chi vi riesce? In azienda il tempo è impiegato in modo strano. Uno di questi è la cosiddetta « nun1one ». Quasi tutti i dirigenti trascorrono buona parte delle loro ore lavorative in riunioni (come dicono, in tono impegnato, le loro segretarie). La semplice logica ci dice che quante più persone partecipano a una riunione: tanto meno efficiente è, in media, l'impiego del tempo di ciascuna persona. In genere parte del tempo viene impiegato non per discutere l'argomento sul tappeto, ma per mettere d'accordo i presenti. Ma non basta; un altro vizio tipico dei dirigenti è l'attitudine ad indorare la pillola, la tendenza a mentire, ma non con una menzogna deliberata, bensì attraverso una falsità endemica, costituzionale delle loro personalità. Una volta _. racconta Heller - ad un capo di una società del gruppo General Motor in Europa furono chieste delucidazioni sul pietoso andamento delle vendite del suo nuovo modello di giardinetta. « Secondo noi non va male - rispose - ha il 70% del suo mercato». Il «mercato» era stato definito in modo da escludere praticamente ogni altro veicolo a quattro ruote, eccettuati alcuni modelli di importazione. E il rischio? Chi vive l'alta direzione sa che una delle questioni più ossessive è quella che, appunto, si riferisce al rischio. Gli alti dirigenti lamentano la scarsa propensione a rischiare dei loro giovani, uomini politici ed azionisti vogliono dirigenti ricchi in modo che possano perinettersi di rischiare. È, insomma, una corsa al rischio. Ma perché? Quando è risaputo che quanto maggiore è il rischio, tanto minori sono i punti a favore di un ·certo progetto? Solo il più miope, vecchio imbecille del consiglio di amministrazione - ricorda Heller - approverà con entusiasmo iniziative senza il minimo margine di sicurezza. I dirigenti che corrono grandi rischi, checché ne pensino gli amanti del folclore, sono altrettanto pericolosi per una società di un ragioniere disonesto. I dirigenti, ci insegna Heller (e ne siamo convinti) dovrebbero sempre restare fedeli alla loro massima: in o~i ramo di attività non bisogna mai 110 BibliotecaGino Bianco
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