Antonino Laganà e opera formatrice di una coscienza di classe popolare rivolta verso l'universalizzazione. L'intellettuale respinge così ogni collusione con le classi dominanti - dalle quali, peraltro, viene anatemizzato - e, nella tensione di un'« autocritica perpetua », si costituisce « contro ogni potere - ivi compreso il potere politico che si esprime a mezzo dei partiti di massa e l'apparato della classe operaia - in custode dei fini storici perseguiti dalle masse». Il movimento emancipatorio pone in tal modo come obbiettivo di fondo una libertà che non si esaudsca nel puro ambito 'formale' della coscienza, n1.a la travalichi attingendone le 'volgari I condizioni materiali ed economiche, unico effettivo sostegno di una reale eguaglianza politica. La scissione tra riflessione e ricerca, esasperata nel mondo capitalistico del profitto, vendica la propria ' autocorruzione' partorendo la 'mostruosità 1 dell'intellettuale, la quale, a sua volta, tende ad annullarsi scuotendo le masse, oggettivamente rivoluzionarie, ma offuscate nella loro coscienza dai riflessi di una 'ideologia I che non appartiene loro - « le classi sfruttate, in effetti, non hanno bisogno di una ideologia ma della verità pratica sulla società» - e che non possono condividere; l'intellettuale non fa che ' risvegliare' con la sua opera uno 'spirito obbiettivo' che in nessun modo gli è dato 'creare', sì che il suo rispecchiamento delle intime esigenze della vita popolare non è che un primo passo su quella via della riconciliazione tra teoria e prass.i che si realizzerà in pieno « con l'avvento in un lontano futuro di una società di uomini liberi » Anche se lasciati in ombra, i temi sartriani del projet e della totalisation connettono, alle spalle, il discorso che lega la riflessione ai destini dell'emancipazione del genere umano, e la funzione dell'intellettuale - alla cui vocazione lo scrittore è chiamato per essenza, risolvendosi l'opera d'arte, da un lato, in « restituzione - sul piano del non-sapere - dell'essere in un mondo che ci schiaccia e, dall'altra, [in] affermazione vissuta della vita come valore assoluto ed esigenza di una libertà che si indirizzi a tutti gli altri » - alla liberazione dal dominio, rivelandosi, in un certo senso, 'strumenti' culturali di una 'teoria della rivoluzione' sulla quale in modo particolare ha insistito il filosofo francese in queste sue conferenze giapponesi; onde, in armonia col significato di fondo di questo suo appassionato plaidoyer, possiamo concludere - ancora una volta con Habermas - che « la via del processo sociale di formazione non è contrassegnata da nuove tecnologie, ma da gradi della riflessione attraverso i quali la dogmatica di forme superate di dominio e di ideologie viene dissolta, la pressione del quadro istituzionale sublimata e l'agire comunicativo liberato come comunicativo. È con ciò anticipato come fine di questo movimento l'organizzazione della società sull'esclusivo fondamento di una discussione libera dal dominio» (Conoscenza e interesse, Bari 1970). ANTONINO LAGANÀ 106 BibliotecaGino Bianco
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