Nord e Sud - anno XX - n. 167 - novembre 1973

Antonino Laganà sitivistica della scienza - si ritrovano identificati nel medesimo concetto del 'dominio' e la « scienza sottomessa al particolarismo diviene un'ideologia»: così, procedendo sul filo di un discorso quasi analogo a quello sartriano, Habermas può legittimamente precisare che « in tal caso non viene più perseguito un consenso razionale dei cittadini sul dominio pratico dei loro destini. Al suo posto si presenta il tentativo di ottenere tecnicamente la disposizione sulla storia, in modo non pratico e non storico, sotto forma di un'amministrazione perfezionata della « società», per cui « la potenza sociale delle scienze viene ridotta alla disposizione tecnica: le scienze non vengono più considerate come una potenzialità di agire illuminato» e « al posto di un'emancipazione tramite il rischiaramento razionale si presenta l'istruzione a disporre su processi oggettivi e oggettivati » (Teoria e prassi nella società tecnologica, Bari, 1971). Ma se il tecnico rifiuta l'accertamento ideologico e positivistico ___s_i. trova, infatti, in una condizione sociale che glielo consente, visto che appartiene solo accidentalmente allà classe dominante, della quale, peraltro, prova sulle proprie carni la pressione mistificatrice e autoritaria ~ si trasforma eo ipso in intellettuale e ritrova nella sua coscienza dilacerata le medesime contraddizioni di cui soffre il corpo sociale: infatti, « se egli [il tecnico] costata il particolarismo della sua ideologia e non può rimanerne soddisfatto, se riconosce che ha interiorizzato in autocensura il principio di autorità, se, per rifiutare il suo disagio e la sua mutilazione, è costretto a mettere in questione l'ideologia che l'ha formato, se rifiuta di essere agente subalterno dell'egemonia ed il mezzo di fini che ignora o che gli è interdetto contestare, allora l'agente del sapere pratico diventa un mostro, cioè un intellettuale, che si occupa di ciò che non lo riguarda [ ...] e del quale gli altri dicono che si occupa di ciò che non lo riguarda ». Orbene, l'incresciosa 'situazione' in cui viene a trovarsi l'intellettuale - abbastanza impropriamente (e, comunque, con intenzione sotterraneamente reazionaria) definita da Ortega y Gasset, nel suo noto saggio su La ribellione delle masse, com.e « barbarie dello specialismo» - rispecchia nella tragicità soggettiva della coscienza il dramma oggettivo di una storia che procede-· o, eufemisticamente, ' progredisce ' ~ secondo scarti di oppressione determinati dal bagaglio tecnologico disponibile. In effetti, a Sartre è ben chiaro che « la scienza sa infine - per usare il non ancor logoro linguaggio di Bakunin -, allo:rché non è viziata dal dottrinarismo teologico, metafisico, politico o giuridico, o da meschino orgoglio, che il rispetto dell'uomo è la legge suprema dell'umanità, e che il grande, il vero scopo della storia, il solo legittimo, è l'umanizzazione e l'emancipazione, è la libertà reale, la prosperità di ciascun individuo vivente nella società» (Dio è lo Stato, Genova 1966). Ma questo 'sapere' della scienza - l'' autoriflessione' dello scienziato o specialista (il « tecnico del sapere pratico») - porta alla luce, come s'è visto, le insanabili contraddizioni che corrodono dall'interno un assetto sociale particolarista e classista, l'opposizione « tra la 104 BibliotecaGino Bianco

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