Nord e Sud - anno XX - n. 166 - ottobre 1973

Antonino Repaci quali aveva costruito e alla cui attuazione aveva dedicato il meglio delle sue impareggiabili energie. Il « filofascismo » di Giolitti, del quale tratta lo scrivente nel suo saggio, deve considerarsi lo sbocco di uno stato di necessità, al quale l'eminente statista non si adattò certamente con animo lieto. Accettò di trattare con Mussolini, perché questa soluzione gli apparve - erroneamente, a sommesso avviso di chi scrive - l'unica che potesse salvare il Paese dal caos, ma sicuramente non lo fece con entusiasmo - si direbbe anzi che lo fece con riluttanza, ove si consideri che in tutte le trattative non figura un solo rigo scritto di suo pugno. Ha quindi ragione il Salvatorelli di affermare che non vi fu « trattativa diretta formale ». L'altro documento degno di interesse - come si è detto sopra - è lo scritto di Dino Grandi, che fu uno dei protagonisti del 28 ottobre. In esso si trovano numerose le conferme di taluni risultati delle ricerche condotte dallo scrivente; e trattasi di conferme rilevanti perché di prima mano. Ma vi è anche una «novità» di non scarso rilievo: quella che si suol dire una « rivelazione ». Narra il Grandi che al convegno di Napoli, egli aveva presentato una relazione, depennata poi dagli atti ufficiali su consiglio di Mussolini. Di codesta relazione il Grandi offre, nel suo scritto attuale, soltanto un riassunto assai sintetico, ma più che sufficiente a metterne in luce la più autentica sostanza. Che è questa: Mi dichiaro contrario all'insurrezione e ne spiego i motivi. Addito i gravi pericoli che alla Nazione e al fascismo possono derivare da decisioni precipitose ... Nessun segno di approvazione, neppure quando preciso « la necessità di una nostra sempre più accentuata autonomia politica dai gruppi di destra, autonomia. resa necessaria dallo sviluppo della nostra attività sindacale e dalle nuove correnti popolari che al fascismo hanno aderito trasformazione interamente la fisionomia primitiva di minoranza solitaria e pugnace». Si è parlato di « fronda», di «congiura» del gruppo Grandi-De Vecchi-Federzoni. Questa affermazione risponde soltanto parzialmente alla realtà, poiché se è esatto che costoro miravano a determinare la crisi del ministero Facta per costituire un ministero presieduto da Antonio Salandra, è altrettanto esatto che questa soluzione faceva parte dei piani di Mussolini, il quale anzi - dopo avere intrapreso trattative col Salandra - si era rimesso ai «camerati» di Roma per tradurla in atto. L'unico dissenso fra Grandi e Mussolini sta - come ricorda 120 . Bib.liotec Gino Bianco

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