Nord e Sud - anno XX - n. 166 - ottobre 1973

, La 1narcia su Roma: consuntivo di una rievocazione del presidente, di scrollarsi di dosso un peso che non riusciva più a sopportare. Orbene il telegramma cui accenna il De Angelis è l'ultima di codeste invocazioni: e - si noti - in esso figura pure il nome di Marcello Soleri, che fu assolutamente estraneo alle mene fasciste intese a compromettere Giolitti, Facta, e non essi soltanto, ma pure Nitti, D'Annunzio, Salandra e fors'anche V.E. Orlando. E siamo così al secondo punto. Risponde a verità che Michele Bianchi, segretario del P.N.F., allo scopo di intorbidare le acque e gettare confusione nel campo di Agramante, tentò di trascinare pure Facta nel grande imbroglio, proponendogli la ricostituzione di un ministero da lui presieduto con la partecipazione dei fascisti; ma è altrettanto vero che Facta, a differenza degli altri personaggi sopra citati, fu l'unico a non abboccare all'amo. E di ciò abbiamo esplicita prova nei suoi telegrammi al re (App. A, n. 233, 242) e in una sua lettera alla moglie (n. 227) in data 25 ottobre, ove si legge: ... i fascisti mi mandarono a dire che essi sono dispos1 i a venire con me in un rimpasto e che sciolgono le squadre e che entrano nella legalità ecc. ecc. Tutto ciò mi lascia indifferente, perché io me ne vado. E poco appresso, nella stessa lettera: Ora io so che lo Zio (Giolitti) è disposto in qualunque modo e quindi aspetto soltanto la palla al balzo ... per balzare via. Non fu dunque Facta che piantò in asso Giolitti, ma fu Giolitti che piantò in asso Facta, facendosi abbindolare da Mussolini, il quale, col pretesto delle trattative sempre in corso e mai concluse, lo trattenne a Cavour, mentre assai più necessaria sarebbe stata la sua presenza a Roma. Alla luce di que~te circostanze, lo scrivente espresse l'opinione (pag. 588-589) che Giolitti avesse perduto la fede nelle possibilità del metodo liberale ad affrontare le esigenze delle masse popolari organizzate nel movimento operaio - socialista e cattolico - e· si fosse illuso di poter irrobustire l'anemico tronco della democrazia liberale con l'innesto fascista. Non si può negare che, se Giolitti aveva dovuto prendere atto del fallimento del ·metodo liberale - o, più propriamente, del suo metodo l_iberale - non per questo lo avesse rinnegato (e di ciò darà. una concreta prova nel 1924). Egli era tuttavia un uomo deluso che, all'ottantesimo anno della sua esistenza, vedeva crollare un mondo di valori, per i quali si era validamente battuto, sui 119 BibriotecaGino Bianco

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