Nord e Sud - anno XX - n. 164-165 - ago.-set. 1973

Ricordo di Umberto Zanotti-Bianco e Meridionalisti, come di un infaticabile accentratore di lavoro, intimamente fiducioso, in definitiva, solo in se stesso. Ma forse egli stessò non si accorse mai di somigliare intimamente a quel maestro della sua giovinezza, nell'accentrare in sé ch'egli faceva quotidianamente tutta la vita dell'Associazione, con iniziative talvolta anche caparbiamente sostenute contro il consiglio di collaboratori improntato a ragionevolezza più modesta, con scelte che tutte dovevano passare attraverso lui e tutte portavano la sua impronta inequivocabile, con impostazioni sue tipiche che si imponevano all'istituzione: prima fra tutte quella sua vera e propria paura di burocratizzare l'Associazione, spinta fino al rifiuto di piccole forme di prassi abituale, che rispondeva all'ansia che l'azione cre ativa non urtasse e non si spegnesse in vuoti formalismi, che in essa i rapporti rimanessero sempre e in tutto rapporti viventi di uomo con uomo, con tutta la loro potenzialità di urti psicologici forse, certo con tutta la loro vivezza d'incontro. Dai suoi maestri, e anche, attingendo più lon tano, da quel Mazzini che fu la fonte della sua concezione morale, il cui v erbo etico egli trovò il modo di conciliare con i suoi ideali monarchici, d erivò in pari tempo un disprezzo e addirittura un autentico disgusto della politica nella sua forma non ideale, che non si identificasse cioè immediatamente con l'etica; e sarebbe facile seguire la costanza di questo a tteggiamento attraverso i documenti della sua resistenza alla prassi del governo fascista, attraverso lettere, articoli, discorsi, ove continuame nte risuona questa nota caratterizzante il suo atteggiamento, la distinzione insoluta di una opposizione fondata su motivi morali da quella fon data su motivi contingenti ed esteriori, di occasione politica. Così nella sua azione alla presidenza dell'Associazione Interessi del Mezzogiorno la paura di compromettere quest'ultima nelle beghe di una piccola pol itica contingente, fatta di compromessi o di cedimenti o di transazioni, lo dominò talmente da renderlo talvolta esitante perfino di fronte a fo rme d'attività in cui il sospetto di « far della politica » poteva sembrare prevenzione sterile o quasi pregiudizio. Nello stesso ten1po, questa p reoccupazione gli fu anche di stimolo· costante a tener lontana dall'Asso ciazione anche semplicemente l'ombra di quel che oggi, con termine o rmai abusato, si usa chiamare « discriminazione»: la lettera di una nobil-: donna di provincia che denunziasse la sospetta tendenza politica d i un collaboratore locale suscitava tutte le sue furie, pur se la parte pol itica chiamata in causa fosse da lui co~dialmente_ avversata; nei suoi rapp orti con chiunqu~, da qualsiasi gradino gerarchico, collaborasse agli s copi ch'egli si proponeva, non volle mai fosse presente se non quanto si rapportava alla generale ·missione nei confronti dell'umanità, senza r iduttive etichette di parte. 241 BibliotecaGino Bianco

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