Nord e Sud - anno XX - n. 164-165 - ago.-set. 1973

Ricordo di Umberto Zanotti-Bianco mente concitato, ansioso; ricorda l'ipersensibilità dolorosa di certe sue reazioni a frasi di per sé innocenti o a cose per altri adiafore. Ricorda i dialoghi con lui, nel suo studio, per riferirgli del risultato di un viaggio, dello stato di esecuzione di un progetto, sempre assai rapidi, perché egli voleva subito sapere l'essenziale, inquieto della realizzazione che, nella sua impazienza che aveva talvolta del fanciullesco, avrebbe voluto sempre vedere e toccare, cogliere immediata, vicina, tangibile. Nel. corso di questi dieci anni già passati dal giorno della sua morte (morì in clinica, in una notte -d'agosto, in seguito a una di quelle sue crisi improvvise delle quali, per precaria che fosse la sua situazione di paziente la cui vita era ormai affidata al cortisone, distrutte le glandole surrenali da affezione tubercolare, ci eravamo ormai tutti abituati a pensare che fossero sempre superabili dalla sua meravigliosa tempra; la notizia della sua morte ci colpì soprattutto di uno stupore indicibile), nel corso di questi duri anni di violenza contestatoria, ho pensato spesso alla forma di contestazione che gli fu propria, al carattere singolare che ebbe il suo costante rifiuto di « integrarsi ». Q u e s t a contestazione, egli l'avrebbe rifiutata con tutte le sue forze, contrario com'era alla violenza, contrario agli slogans, contrario soprattutto a quella alienazione di massa che le forme tumultuanti e assembleari della protesta degli anni più recenti hanno fatto propria, pur nella ripetuta e tutta verbale condanna di ogni forma di alienazione. Ma allora, negli anni cinquanta, passata la tempesta del fascismo che dal 1928 in poi aveva tolto all'Associazione ogni possibilità di esplicare un'azione pubblica di ampia portata, e più tardi aveva minacciato addirittura di sopprimerla, presa ch'egli ebbe in mano la direzione dell'ente con tutta una ricchezza di nuovi progetti (alcuni, nonostante la precarietà degli é:\pporti economici, se ne realizzarono: nuove scuole e asili, nuove biblioteche, l'istituto sanitario di Pizzo Calabro, istituzioni tutte che sopravvivono, anche se ormai alcune di esse affidate ad altri), quando si trovò di fronte a una società profondamente mutata, una società in cui per tanti aspetti il suo pionierismo eroico non si riconosceva, egli, a suo modo, la contestò; e non era, come da qualche parte si è insinuato e come sarebbe banalmente frettoloso supporre, una contestazione da liquidare con una formula, come puramente conservatrice. Erano gli anni in cui, così çome gli intellettuali si lascia~ vano facilmente affascinare dal mito della tecnologia, del primato delle scienze positive, dell'unificazione della cultura, dell'efficacia della diffusione parascientifica, tutto questo trovava· nelle masse, soprattutto in paesi uscenti a fatica da condizioni di sottosviluppo, il suo corrispettivo nel fascino dell'attualità, dell'organizzazione, delle forme brillanti di tecnicismo e consumismo; egli rifiutò sempre di piegarsi, e si piegò 239 BibliotecaGino Bianco

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