Nord e Sud - anno XX - n. 163 - luglio 1973

Maurizio Mis tri principio, ad esempio, si ispira il rapporto Werner 3 , nel quale degna di rilievo è l'affermazione di una stretta interdipendenza fra integrazione monetaria ed integrazione economica, e così facendo prende le n1osse dalle tesi dei cosiddetti « economisti » i quali sostengono la priorità. delle procedure economiche su quelle monetarie, contrariamente a quanto sostengono i cosiddetti « monetaristi ». Anche noi riteniamo operativamente corrette le tesi degli « economisti », per cui crediamo che il processo di integrazione monetaria europea possa concretamente progredire, ed essere coronato da successo, soltanto nella misura in cui progredisce il processo omologo di unificazione economica. Per questo motivo perde di credibilità una qualsivoglia politica monetaria che volendo legare, tra di loro, mediante le parità fisse, le diverse monete nazionali dei singoli paesi appartenenti alla Comunità, subordina a questo obiettivo altre e non meno importanti finalità. In fondo, i casi che si possono presentare sono soltanto due: o le economie dei singoli paesi comunitari hanno diversi tassi di crescita, ed allora i cambi riflettono momento per momento questi diversi rapporti, oppure le singole economie nazionali hanno uguali tassi di crescita, ed allora i ca1nbi, riflettendo tale costanza di rapporti, diventano di fatto fissi, anche se formalmente flessibili. Tra l'altro, l'unicità della moneta in un'area economica1nente integrata non è neutrale rispetto alla finalità di una crescita equilibrata di questa nei suoi diversi punti geografici e nei suoi specifici settori, in quanto proprio la compresenza di una moneta unica con una struttura economica non omogenea può favorire spinte squilibranti, che abbisognano di opportuni correttivi. Questi correttivi in uno stato nazionale si sostanziano nei trasferimenti netti di capitali che le autorità centrali attuano mediante una politica di incentivazioni economiche o, comunque, di stimolazione della domanda locale. L'introduzione nella prassi delle politiche economiche nazionali di tipi di interventi differenziati è di per sé il riconoscimento che l'esistenza in un'area statuale di un'unica moneta non favorisce necessariamente lo sviluppo equilibrato dell'economia dell'intero stato. Anzi, si potrebbe sostenere che questo obiettivo potrebbe meglio essere raggiunto dividendo lo stato nazionale in aree valutarie aventi monete diverse, dai cui reciproci aggiu,stamenti ci si potrebbe aspettare il mantenimento dell'equilibrio fra le diverse zone del paese. Questa potrebbe apparire, a prima vista, una 3 Cfr. Commissione delle Comunità Europee, Rapporto al Consiglio ed Commissione sulla realizzazione per fasi dell'unione economica nella Comunità, Bruxelles, 1970. 50 BibliotecaGino Bianco

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