Regioni e finanziarie regionali capitale di rischio ed inoltre nel prestare assistenza tecnica, organizzativa ed amministrativa alle stesse imprese. È lecito dedurre che~ data l'identità dei fini, la differenziazione dei mezzi di dotazione non altrimenti si può spiegare se non in funzione della differenziazione delle esigenze rilevabili sul piano economicoproduttivo nell'ambito di ciascuna regione. Ossia, si deve ritenere che, se la Regione Umbria ha deciso di dotare la sua finanziaria di un capitale di sei miliardi, ciò è avvenuto perché le necessità attinenti alla crisi delle piccole e medie imprese industriali di quella regione sarebbero più gravi delle necessità rilevabili nella regione Calabria, la cui finanzi'aria, invece, è· previsto che sia dotata di un capitale di due miliardi. Non abbiamo difficoltà a riconoscere l'esistenza di profonde differenze fra Regione e Regione, dal punto di vista del sistema produttivo e conseguentemente con riferimento al grado di crisi della media e piccola industria propria di ciascuna Regione. Quello, però, che ci sembra poco attendibile è che, attraverso l'istituzione di una finanziaria con un capitale di circa cinque miliardi, si possa pensare di risolvere i problemi relativi alla grave crisi di struttura che attualmente attanaglia le piccole e medie industrie, soprattutto nelle Regioni meridionali, posto che la finanziaria regionale, lungi dall'essere concepita come strumento di assistenza alle aziende dissestate, debba essere assunta, se non come l'unico, come un importante strumento produttivo e promozionale, in grado di prevenire e far fronte alle crisi del settore. E il nostro dubbio riteniamo che acquisterebbe totale credibilità se lo si riferisse, in termini assolutamente concreti, alla situazione della Campania, ove risultano particolarmente gravi i tradizionali mali del Mezzogiorno, e dove - come è noto - i trecento miliardi spesi per l'Alfa-Sud sono serviti a ben poco 20 • 20 Basta seguire i notiziari della più moderata stampa locale per rendersi conto che la soluzione di certi problemi, in Campania più che altrove, non può essere ancora rinviata, magari in funzione dell'arrivo dall'alto dei soliti «interventi» miracolistici. A tutti i bene informati è noto, per esempio, che nella sola provincia di Napoli i disoccupati sono aumentati di oltre il 50% negli ultimi tre anni (essendo passati gli iscritti agli uffici di collocamento dai 70.000 del 1969 ai 108.000 del 1972) e che, d'altra parte, non sussistono se non scarsissime possibilità di assorbimento da parte d·el settore agricolo e dei servizi. · · In conseguenza di ciò, si postula da ogni parte la necessità che si faccia leva sul settore industriale, puntando prioritariamente sugli strumenti c.:apaci di rimuovere le strozzature del sistema. Talune indagini sono state eseguite e certi risultati oramai si conoscono. ·Si sa, per esempio, che la crisi di determinati settori produttivi tipici della Campania è conseguenza diretta di una peculiare sfasatura tra produzione e 73
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