Girolamo Cotroneo che riecheggia anche in Gramsci, quando scrive che il modo d'essere del nuovo intellettuale sta « nel mescolarsi attivamente alla vita pratica, come costruttore, organizzatore, persuasore permanente » ); e lo rovescia senza rendersi conto che a monte della « trascrizione in bella copia », la « voce » della massa sarà sempre quella di colui , o di coloro che, a torto o a ragione non importa, credono di interpretarne l'autentica volontà: così il discorso ritorna ancora al punto di partenza, cioè all'intellettuale come « direttore di coscienza ». Altra interpretazione veramente rimarchevole è quella offerta da Franco Ferrarotti in una recente intervista rilasciata a « Il Globo », sulla quale vale davvero la pena indugiare. Il noto sociologo ha dunque detto: « Storicamente gli intellettuali sono s-empre stati uomini molto ricchi, sollevati dal bisogno di lavorare; coltivano le arti perché c'era qualcuno che coltivava la terra per loro ». Una banalità di tale portata era un pezzo che non la sentivamo più dir~; credevamo anzi, evidentemente illudendoci, che nessuno l'avrebbe mai più detta. Invece· Ferrarotti la dice ancora, non solo senza ricordarsi che la storia della nostra cultura conserva i nomi di François Villon, di Tommaso Campanella, di Benedetto Spinoza (o forse per Ferrarotti non sono intellettuali?) e di altri ancora, per i quali nessuno ha mai lavorato; ma addirittura lo dice senza pensare al rischio (ridicolo) di dover dare ragione del perché - se è « storicamente » vero che gli intellettuali siano stati coloro che, sollevati da impegni di lavoro, potevano dedicarsi agli otia, agli svaghi mentali - del perché allora « tutti » quelli che si dedicavano agli otia, mentre altri lavoravano per loro, non siano poi stati anch'essi degli intellettuali. Non contento di questa banalità, Ferrarotti ne ha poi aggiunta un'altra: dopo avere affermato che gli intellettuali non sono una classe (cosa su cui si può facilmente convenire), ha proseguito dicendo che essi si limitano a seguire « le classi sociali di appartenenza ». La validità « storica » di quest'ultima affermazione è tale e quale la precedente: se l'intellettuale come tale esiste, esiste proprio in quanto trascende le posizioni non solo sociali, ma anche culturali, di partenza; altrimenti sarà soltanto uno studioso, un professore, ma non un intellettuale dotato di capacità creativa. 1 fatto è che Ferrarotti, dopo avere dichiarato con grandissima umiltà di servirsi di Marx, « ma per superarlo », ripete poi uno fra i più consunti degli schemi marxiani, cioè quello secondo cui sarebbe la classe a determinare la coscienza (affermazio.~e questa largamente 8
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