Michele Ributti Stato demandato al diritto canonico la disciplina del matrimonio, che è per esso indissolubile, è venuto meno, con l'estensione del divorzio al matrimonio concordatario, all'impegno assunto di garantire la perma- ~enza degli effetti civili del vincolo contraÙo con rito religioso. Non avendo, inoltre, lo Stato provveduto a regolare il divorzio con la procedura di cui all'art. 138 Cost., era tenuto, se intendeva procedere con legge ordinaria, a concordarne i termini e i modi con la Santa Sede, ai sensi dell'art. 44 del Concordato. Orbene, a prescindere che la Costituente respinse decisamente di introdurre nel testo dell'art. 29 Cost. ogni accenno all'indissolubilità del matrimonio, non si vede come un simile impegno dello Stato si possa evincere dalla lezione dell'art. 34 Conc. Esso si limita infatti a riconoscere al matrimonio celebrato con rito religioso gli stessi effetti di quello regolato dalla legge civile. Il fatto che al tempo della stipulazione dei Patti, quest'ultima non contemplasse lo scioglimento del matrimonio è ben lungi da sottrarre allo Stato il diritto di modificarla come più ritiene opportuno. D'altra parte, molto tempo prima che la legge sul divorzio venisse approvata, un giurista di alta dottrina e di purissima fede cattolica, Arturo Carlo J emolo, confutò decisamente la tesi dell'impegno assunto dallo Stato, attraverso il Concordato, di mantenere indissolubile il mat1timonio. Osservava allora lo J emolo che « quelle parole » disciplinate dal diritto canonico, non possono tradursi nelle altre « aventi gli effetti e gli attributi del diritto canonico », giacché gli effetti sono invece, per espressa disposizione, quelli regolati dalla legge civile » 20 • La distinzione da tenere presente, implicfta già nel parere dello J e~ molo, è pertanto tra matrimonio come atto regolato dal diritto canonico e matrimonio come rapporto regolato dalle leggi civili: distinzione questa che si evince senza difficoltà dal testo dell'art. 34 Con. Non è mancato però chi, come il Gismondi, ha denunciato questa interpretazione come formalistica ed artificiosa « poiché l'indissolubilità è uno degli elementi costitutivi del matrimonio canonico e non un mero effetto » e ha sottolineato « che l'art. 34 ha operato un vero e proprio rinvio del diritto italiano al diritto della Chiesa». A queste argomentazioni ha replicato indirettamente la Corte Costituzionale con sentenza 5 luglio 1971 n. 169 dichiarando che l'accenno al « sacramento del matrimonio» perfettamente comprensibile in un atto bilaterale, di cui la Chiesa era una delle parti, « non implica affatto che, in questa sua figura e con le connesse caratteristiche di indissolubilità, esso sia stato altresì 20 Jemolo, voce «Divorzio», in Enciclopedia del Diritto, Vol. XII/, pag. 150. 116
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