Argomenti mento della stipulazione dei patti) a regime repubblicano e democratico è tale da rientrare nella clausola rebus sic stantibus e da consentire la denuncia e l'estinzione dei Patti. Problema di altra natura e di complessa trattazione è quello se ottenuto l'annullamento dei Patti in vigore esista o meno l'obbligo delle parti di procedere bilateralmente ad una nuova pattuizione. Del problema ci limitiamo però a segnalare solamente l'esistenza, considerando che esso troppo ci discosterebbe dal tema prefisso. Per la medesima ragione non si può dedicare più di un accenno al caso (decisamente non raro) di clausole dei Patti in aperto e stridente contrasto con norme della Costituzione. In merito a ciò la dottrina più autorevole è concorde (e nella stessa linea si è recentemente pronunciata la Corte Costituzionale) nel sostenere, sulla scia di una tesi di Piero Calamandrei, una superiore « resistenza » delle norme costituzionali rispetto a quelle concordatarie che in caso di controversia non potrebbero fare a meno di cedere. D'altronde anche ammettendo la validità delle clausole di trattati internazionali, cui la Costituzione ex art. 11, riconosce efficacia derogatoria, resta fermo che, essa non va « oltre il punto in cui esse incidono sui diritti essenziali della persona umana, oppure sui supremi criteri informatori della struttura dello Stato; apparendo invocabile, nell'un caso e nell'altro, l'esigenza di quel minimo di unità e di omogeneità, insopprimibile in qualsiasi tipo di ordinamento giuridico » 18 • A dire il vero però, questo criterio di valutazione (accolto dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 30 del 1971) non manca di suscitare qualche perplessità, se si considera che in un regime di costituzione rigida il grado delle norme deve essere desunto non -dal loro contenuto ma dal particolare procedimento previsto per la loro approvazione. Come si è detto in precedenza, perduta la battaglia politica in Parlamento, l'opposizione al divorzio si è concentrata sul piano giuridico e, più precisamente, sulla presunta violazione che l'art. 2 della legge sul divorzio comporterebbe all'art. 7 della Costituzione, in relazione all'art. 34, primo e quarto comma, del Concordato. L'art. 34 (1° comma) del Concordato recita testualmente: « Lo stato italiano, volendo ridonare all'istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili ». In forza di questa clausùla si sostiene 19 che avendo lo 18 Mortati, Istituzioni di diritto pubblico cit., ·pag. 1385. 19 Per tutti: Ordinanze di remissione alla Corte Costituzionale del Tribunale di Siena in data 20 aprile 1971. 115
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