Nord e Sud - anno XIX - n. 155 - novembre 1972

Giornale a più voci della disoccupazione dei laureati in direzione « proletaria», non certo per sollevare la condizione operaia dal suo carico, ma unicamente per giustificare l'abbassamento del livello di mansioni e condizioni previste per i diplomati. La « concezione unitaria» della formazione giovanile maschera una sostanziale dequalificazione; l'integrazione della preparazione teorica con la pratica manuale vela il fatto che in termini propri ciò significa sminuire la mansione del diplomato senza migliorare quella dell'operaio. Si colma in parte la frattura esistente tra due strati di lavoratori per agevolarne un'altra tra i due strati superiori - diplomati/laureati. E che questa interpretazione non sia forzata è dimostrato dal fatto che gli autori della nota parlando delle proiezioni del mercato del lavoro in settori nuovi ridefiniscono molto attentamente il distacco tra livello di laurea (destinato a qualificare « quadri dirigenti e superiori ») e diploma ( « quadri intermedi, operatori »). Quale quadro emerge dalle proposte di soluzione ora esaminate? Gli esperti si n1uovono, ci sembra, su piani non coordinati, talvolta dando l'impressione di voler sfruttare l'esistenza del problema per considerazioni ed interessi puramente di « settore». S1 veda, ad esempio, da un lato il progetto CENSIS che - sulla base di alcune tendenze evolutive della struttura economica e dell'organizzazione interna alle unità produttive - riformula nuove politiche di istruzione, dall'altro le considerazioni di Frey (FORMEZ) che sembrano sfruttare il problema per rilanciare, sostanzialmente, la politica di assistenza e di incentivazione alle piccole e medie imprese nel Mezzogiorno, quasi quest'ultime avessero tratto dalla gravità del problema nuova linfa ed impulso per un rilancio del loro ruolo. È dietro a queste proposte tuttavia una comune propensione a non attribuire alla scuola la funzione di formare una massa specificamente qualificata bensì quella di formare una massa adattabile e disponibile alle continue modificazioni del processo produttivo. Continua in sostanza ad affermarsi una tendenza rneccanica e «neutrale» ad assegnare alla scuola il carattere di una variabile subordinata al processo di sviluppo. Che questo risponda a precise esigenze del capitale ci sembra fuor di dubbio. Ma deve rilevarsi altresì che questa variabile subordinata sta producendo delle contraddizioni parzialmente inattese cui il sistema non riesce a contrapporre un disegno unitario di soluzione. Chiariamo meglio il nostro pensiero. È pur vero che il sistema assegna oggi alla scuola nuove funzioni nell'ambito del suo n1olo di variabile subordinata al processo di sviluppo. La scuola s'avvia oggi ad assumere la funzione di « parcheggio » della forza-lavoro potenziale, di luogo in cui si impartisce una formazione di base volta ad assicurare la massima mobilità ed adattabilità della forza-lavoro, di istituzionalizzazione di condotte e modelli di mobilità verticale verso «l'alto» in un quadro generalmente illusorio ma funzionale alle pace sociale, di riproduzione della gerarchia dei ruoli e della collocazione di classe mediante un processo di selezione articolato e prolungato all'interno delle strutture formative. E ciò risponde, come bene è stato messo in risalto, ad esigenze dettate dal tipo di sviluppo attualmente in corso (prievalenza di imprese capitai-intensive, dipendenza sul piano tecnologico). 47

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