I nodi del liberalis1no posti della cultura liberale, fossero essi di estrazione illuministica o neoidealistica, furono investiti da aspre critiche se non da condanne globali. Tale gruppo di intellettuali, quindi, non ha avuto molto a che vedere con altri protagonisti del nostro dibattito politico e culturale che, pur appartenendo anagraficamente alla stessa generazione e pur avendo partecipato alla Resistenza, intesero l'impegno politico e culturale in termini di continuità. Anche in questo caso, questi intellettuali appartennero a tutte le formazioni politiche che hanno avuto la loro matrice nell'antifascismo, sì che sarebbe profondamente errato, a nostro avviso, dislocare l'antifascismo di rottura nel contesto di sinistra mentre i ron1antici di un antifascismo positivo e moderato avrebbero trovato il loro sbocco nei partiti di centro sia laico che cattolico. Quando parliamo, in realtà, di antifascismo dissacrante e di antifascismo romantico e moderato alludiamo a una dimensione psicologica che caratterizzò sia l'impegno degli uni che quello degli altri, prescindendo, quindi, dalla loro collocazione politica. Ora non c'è dubbio che con il tema delle garanzie della libertà sia i settatori dell'antifascisn10 di rottura che i depositari dell'antifascismo, per così dire, romantico dovessero fare i conti. E fare i conti con l'esigenza delle garanzie della libertà significava, in sostanza, verificare gli assunti illuministici, del tardo idealismo, oppure le varie aperture sperimentali che si potessero genericamente riportare a un comun-denominatore liberale. Maturava, quindi, la seconda linea di tendenza della cultura politica del dopoguerra: la linea dell'antifascismo costruttivo. Questo nuovo antifascismo positivo f: statalista doveva affrontare il tema dell'organizazzione istituzionale della vita pubblica. Venuto meno, infatti, il momento dell'appello sentimentale, della mozione degli affetti, aspettavano i problemi concreti della ricostruzione: e i problemi concreti della ricostruzione significavano, soprattutto l'esigenza della rifondazione di uno Stato costituzional-pluralista. L'eredità del pensiero liberale era, quindi, investita da tale importante teina. Ma le cose, a questo punto, lungi dal sen1plificarsi, diventavano più difficili. Una lunga quérelle, durata più di un trentennio, ha, infatti, diviso il nostro liberalismo sull'argomento dello Stato. La linea, così detta, degli etici, la linea Bertrando Spaventa - Giovanni Gentile, una traiettoria che finì per unire nazionalisti co1ne Alfredo Rocco a liberali eterodossi, con r1:ostalgie cattoliche, come l\!lario Missiroli, dopo aver sostenuto un liberalismo positivo e statalista, con un assorbente contenuto morale, suggerì, alla fine, la legittimazione etica dell'organizzazione to111
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