Nord e Sud - anno XIX - n. 153 - settembre 1972

Luigi Compagna a subire la crescita dell'autorità monarchica, ed i vecchi corpi intermedi, ultime barriere della resistenza antiassolutistica, avevano finito con l'essere distrutti o comunque del tutto svuotati di peso politico. Al loro posto si era formata una fitta rete di strutture e di corpi amministrativi, che dirigeva la vita del paese fin nei minimi dettagli, soffocandola anche quando diceva di esercitare funzioni di modernizzazione: l'era rivoluzionaria e poi quella napoleonica non avevano affatto inventato queste strutture, ma si erano lin1itate a conservarle e magari a perfezionarle, dando nomi nuovi a realtà antiche, pretendendo di porre « su di un corpo servile, la testa della libertà ». Lo studio delle istituzioni del vecchio regime aveva mostrato a Tocqueville che, al di là della rottura apparente, esisteva, nella storia della rivoluzione francese, una continuità fondamentale, quella appunto dell'accentramento amministrativo. Di qui l'appassionata denuncia del malgoverno burocratico come possibile conseguenza del sistema politico democratico, di qui l'amaro presentimento di un nuovo dispotismo, frutto del compromesso tra centralismo amministrativo e sovranità popolare, di qui anche la profezia di un futuro perpetuamente oscillante tra la libertà democratica e la tirannide cesarista. Ma Tocqueville ha anche insegnato che nelle società democratiche sono presenti le forze che possono respingere le insidie del totalitarismo: da un lato la mobilità sociale, accresciuta dal processo d'industrializzazione, avrebbe ricreato una nuova dinamica ed avrebbe incessantemente alimentato di nuovi quadri la rappresentanza politica, dal'altro lato la scalata all'eguaglianza, se contenuta in un solco di « garanzie della libert~ », avrebbe rivelato in sé immense possibilità di giustizia, che la lotta politica doveva rendere attuali. Ecco perché Tocqueville poteva sentirsi, al termine del suo can1mino, nel brano che conclude « La Den1.ocrazia in America », pieno di timori, ma anche di « speranze ». Pieni di « timori », ma anche di « speranze », « senza illusioni ma senza rassegnazione», furono pure Pannunzio e de Caprariis, che, forti dello storicismo crociano, avevano trovato in Tocqueville il riferimento fondamentale per meditare sul « famoso e tormentato problema della compatibilità di liberalismo ed egualitarismo », per restituire al liberalismo contemporaneo la forza ideale e la capacità politica di guardare più in alto, di pensare più in grande, di rilanciare l'imperativo della liberità in una più moderna e più matura filosofia democratica. LUIGI COMPAGNA 94

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