Nord e Sud - anno XIX - n. 153 - settembre 1972

Luigi Compagna di un fatto, talvolta delle leggi, il più spesso di queste due cause assieme: ma, una volta che esiste, lo si può considerare esso stesso come la causa prima della n1aggior parte delle leggi, delle consuetudini e delle idee che regolano la vita delle nazioni; e ciò che nari è generato, è certamente rr1odificato da esso >,. Attento a guardare in prin10 luogo all'assetto sociale ed ai suoi mutan1enti, Tocqueville non sente per questo la necessità di rifugiarsi jn un qualunque schema deterministico che serva rnagari a spiegare in rigidi termini di causa ed effetto il rapporto tra cambiainento sociale e cambiamento istituzionale. All'avvento della den1ocrazia Tocqueville guarda senza alcuna pregiudiziale meccanicistica e tanto meno manicheistica, a differenza del de1nocraticismo più stretto di tanti dottrinari, che l'esperienza storica ha visto spesso prigionieri della loro acritica fiducia nelle « magnifiche sorti e progressive »; egli cerca invece di analizzare in tutte le sue componenti il processo, non certo lineare, ed anzi piuttosto complesso, che determina quella inarrestabile corsa verso l'eguaglianza delle condizioni. Questo processo Tocqueville lo considera un fatto ed in quanto tale non si pone il problema di definirlo giusto né ingiusto, ma si preoccupa soltanto di comprenderlo, se si vuole di storicizzarlo. Quello che invece gli appare come un compito etico-politico è l'instaurazione della democrazia politica liberale, più o meno realizzabile a seconda delle circostanze storiche, n1a comunque sempre proponibile, da chi, oggi come ieri, crede nella libertà. Come la sua accettazione della democrazia non si identifica mai nel valore assoluto che l'umanità dovrebbe raggiungere nel progresso o alla fine della sua storia, così la sua adesione al liberalis1no, co1ne ideale di vita morale, non coincide mai con le concrete attuazioni di esso ma sempre le trascende: non è tanto questione di stare a distinguere la libertà degli antichi e la libertà dei moderni come aveva insegnato Constant, 111asi tratta di andare avanti rivolgendo una scommessa verso il futuro, nella piena ma disincantata accettazione del nuovo. Assolutamente nuovo era per Tocqueville, nelle moderne società democratiche, un fattore che agiva da acceleratore del liveìlamento eguali tari o ed insieme da potenziale generatore di una nuova e temibile aristocrazia, un fattore che avrebbe reso le società democratiche più esposte alla minaccia, ma anche alla lusinga, del dispotismo: il processo di industrializzazione. Come ha finen1ente notato Raymond Aron 14 , Tocqueville, quando il processo di industrializzazione era soltanto agli inizi, molti anni prima di Marx, intuì i problemi dell'alienazione proletaria:, a mano a mano che l'operaio si specializzava e si concentrava in una data funzione del ciclo produttivo, e della nascita dell'aristocrazia 14 R. ARON, Dix-huit leçons sur la société industrielle, 1962, Gallimard. 92

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