Nord e Sud - anno XIX - n. 153 - settembre 1972

André V igarié mero con l'unico battello da scaricare; le operazioni sono in complesso più lente e molto più care, al punto che per limitare gli inconvenienti, si è portati a limitare il ricorso a questi sistemi continentali di circolazione, e collocare le industrie che utilizzano le materie prime e le fonti di energia ilnportate nel porto stesso, come si vedrà in seguito. Tuttavia l'utilizzazione degli oleodotti facilita molto il trasporto via terra dei prodotti liquidi, sebbene essi costino più cari di una grande petroliera: la messa a punto di tali oleodotti per i prodotti non liquidi, oggi allo studio, modificherebbe notevolmente le condizioni del transito; alcuni hanno già funzionato, sia pure a titolo sperimentale; ma attualmente, il collegamento tra i due settori di trasporto, marittin10 e terrestre, è assicurato in condizioni mediocri di ineguaglianza di costo e di potenza; e le conseguenze sono di grande importanza: conducono all'estendersi della funzione industriale dei porti. L'era delle l\tl.I.D.A. (maritime industrial development areas) e delle Z.I.P. (zone industriali portuali), sotto l'aspetto della grande estensione, è cominciata appena da una quindicina d'anni. La ragione principale va ricercata in questo: se si ubicano le fabbriche lungo le banchine portuali, si evita il costo elevato dei trasporti terrestri, e si ha la certezza di conservare il beneficio dei bassi prezzi offerti dal trasporto via mare grazie al gigantismo navale. L'Europa del Mercato Comune ha deliberatamente dato la sua preferenza alla soluzione delle industrie in riva al mare, e l'ampliamento della C.E.E. a dieci membri rinforza la pressione economica in tal senso, il che lascia pensare che l'evoluzione sia, alla scala di una generazione, irreversibile. I problemi tecnici sollevati dalla creazione di queste Z.I.P. sono stati studiati ovunque con grande attenzione: basti pensare alle ricerche condotte in Inghilterra intorno al National Ports Council. Il N.P.C., costituito tardi ( 1965) è stato influenzato, da questo punto di vista, dall'esperienza olandese del Botlek e dell'Europorto; ed anche, a quanto sembra, dal modello francese di organizzazione a Le Havre e Fos-Marsiglia. Si ta strada, quindi, una dottrina europea per quel che riguarda i problemi posti: criteri di scelta legati alla profondità degli accessi marittimi, cioè alla dimensione delle navi, soglia minima di spazio disponibile, di mano d'opera utilizzabile, combinazione dei tipi d'industrie da localizzare in riva al mare, ecc ... l\1a non è il caso di discuterne in questa sede. Basterà ricordare che attualmente l'estensione delle superfici portuali e l'organizzazione delle fasce litoranee si fanno essenzialmente in funzione delle zone industriali. Così, hanno in corso di sistemazione e di occupazione, o almeno in progetto già vicino alla realizzazione: Amburgo 4.500 ettari; Rotterdam 6.000 ha, ed il Pian Delta del governo olandese può ancora accre78

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