Editoriale alle pressioni dei fanfaniani, i,npazienti di introdurre la televisione a colori e favorevoli al sistenza francese. Perché è evidente che il governo, all'indomani della battaglia parlamentare sulle pensioni, e alla vigilia delle battaglie sindacali per il rinnovo dei contratti, non aveva proprio nessun interesse a sollevare « tempeste», e sia pure in « bicchieri d'acqua ». Se quindi il Presidente del Consiglio ha dovuto subire l'iniziativa del suo Ministro delle Poste e delle Telecornunicazioni, fanfaniano, si dovrebbe ritenere che dietro questo Nlinistro è schierata ed operante una forza condizionante. Si tratta ovviamente di Fanfani in persona, che potrebbe far cadere il governo di Andreotti quando e come lo volesse. Ma si tratta anche della Rai che sempre più palesemente opera come gruppo di pressione sulla classe politica; e che come tale è diventata forse, sotto certi aspetti, anche più invadente di quanto non lo fossero negli anni '50 i « padroni del vapore » di cui Ernesto Rossi andava scoprendo gli altarini. La Rai-TV è una « mela marcia », ha scritto Aldo Santini, documentando questa pesante affermazione (su «L'Europeo ») con precisi riferimenti allo « scandalo del monopolio», allo « scandalo della Sipra », allo « scandalo del colore » e alle responsabilità del direttore generale, Bernabei, « testa di ponte di una corrente della DC forte e dalle enormi ambizioni ». E Guido Bocella (che è uno pseudonimo di Antonio Duva) ha riferito sul «Mondo» della censura frnposta da Bernabei alla presa di posizione con la quale La Malfa ha minacciato di uscire dalla maggioranza se l'introduzione della TV a colori fosse diventata una decisione definitiva: episodio quanto mai significativo, testimonianza di un metodo che potrebbe estendersi, se non contrastato, ad altre e più gravi applicazioni. Comunque sia, è evidente che la Rai, mediante l'introduzione del colore, pensa di poter aumentare il canone e le entrate pubblicitarie, rin1arginando così le ferite al suo bilancio che sono la conseguenza di una gestione deplorevole, condannata dallo stesso Presidente dell'IRJ e a sua volta conseguenza di n1etodi politici non meno condannevoli. A questo proposito, non si possono non condividere le preoccupazioni per la parte della pubblicità accaparrata e accaparrabile dalla televisione rispetto a quella che ri1nane per i giornali e che, dopo l'int1·oduzione del colore, potrebbe risultare ulteriormente ridotta. Il problema della riforma viene quindi in prim.o piano ed esige un impegno lungimiranté da parte delle forze politiche. Pertanto condividiamo pienamente la richiesta dell'on. Granelli: non solo la « sospensione tassativa » della sperimentazione a colori dopo le Olimpiadi, ma· anche e soprattutto il rinvio di ogni decisìone per quanto riguarda l'introduzione del colore a dopo 5
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