Giornale a più voci nell'evoluzione dei contratti di ricerca e di sfruttamento degli idrocarburi. Sotto questo profilo possiamo riscontrare un graduale ma costante rafforzamento della posizione contrattuale dei paesi produttori, e un ridimensionarsi delle pretese tradizionalmente acca1npate dalle compagnie. In tal modo, petrolio e gas naturale stanno cessando di essere una pura e semplice fonte di reddito per ristretti gruppi capitalistici occidentali e vanno sempre più diventando fattori di progresso in paesi dove la miseria e il sottosviluppo h~nno avuto finora carattere cronico. Il mercato petrolifero mondiale aveva assunto una configurazione abb::tstanza tipica: una sorta di parallelismo su basi oligopolistiche con, da una parte, le grandi imprese verticalmente integrate (dalla prospezione delle aree, alla produzione, al trasporto, alla raffinazione, alla distrjbuzione dei prodotti finiti) e, dall'altra, i centri di potere dei paesi produttori, del tutto irresponsabili nei riguardi delle masse che vivevano, e tuttora vivono, a livello di un'economia di sostentamento, completamente emarginati dal flusso di reddito che investe i loro paesi. In tale contesto si affermarono formule contrattuali rispondenti agli interessi esclusivi delle compagnie concessionarie. I primi contratti furono difatti intesi, dai gruppi interessati allo sfruttamento, alla stregua di strumenti che limitassero al minimo le interferenze del governo nelle varie attività, e riconoscessero loro il diritto di proprietà sui prodotti rinvenuti; allo Stato ospite veniva concessa una limitata contropartita finanziaria. Tali Stati, non avendo alcun peso politico od economico da far valere si limitavano ad agire in veste di semplici esattori fiscali, lasciando la massima libertà alle imprese, senza possibilità di « contingentamento» sulla produzione (dato che nessuna norma legava le compagnie all'osservanza di pratiche volte allo sviluppo ottimale dei giacimenti). Grazie a questa considerevole libertà dj movjmento - estesa su zone comprendenti a volte l'intero paese e per periodi molto lunghi - le compagnie petrolifere venivano a trovarsi in una posizione di « sovranità» quasi totale, mentre i paesi concedenti facevano da spettatori. Una simile impostazione, di carattere puramente mercantilistico, era chiaramente inadeguata ai tempi. La graduale presa di coscienza che ha accompagnato l'evoluzione politica delle nazioni interessate, ha portato man mano al logoramento di queste forme contrattuali di tipo semi-coloniale. Innanzitutto, è stato necessario scardinare la « cordiale intesa» che legava, e in molti casi lega ancora, le compagnie a monarchi o a tirannelli che si eran visti piovere dal cielo una ricchezza tanto cospicua quanto inaspettata. Quando dai primi contratti di concessione si passò al classico fifty-fifty (formula che è poi mutata dall'originario 50-50, al 60-40 e al 75-25) eravamo pur sempre nell'ambito di schemi inadeguati: le compagnie restavano estranee al contesto economico-sociale in cui operavano, senza sentirsi legate a questo da alcun obbligo. La questione, in realtà, non si esaurisce nel semplice incremento degli introiti fiscali. Per aggiornare la situazione: in alcuni casi c'è voluta la rivo43
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