Antonio Perna - Francesco .Haria Greco media annua) si deve soprattutto alla riduzione della forza di lavoro occupata, e solo in parte all'aumento del prodotto lordo. Per quanto concerne l'andamento futuro dell'economia agricola del Lazio, appare attendibile un ulteriore incremento della produzione lorda vendibile, con un ritmo che non si discosta troppo da quel massiccio intervento programmato nel settore dell'irrigazione, e quindi una prevedibile crescita di quelle produzioni che sono maggiormente lichieste dal mercato. Le ipotesi assunte comportano quindi, entro il 1985, il conseguimento di una parificazione del livello produttivo del lavoro agricolo ed extra-agricolo e ciò implica una cospicua riduzione dell'occupazione agricola della Regione di 73.000 unità pari a una media del 2,8% all'annb. Si tratta di un esodo rilevante se si tiene conto che il settore ha già fatto registrare nel recente passato un'elevatissima riduzione delle forze di lavoro occupate. Tale ulteriore esodo tuttavia non è da ritenersi irrealizzabile se si valutano le seguenti circostanze: nel periodo 1951-1970 il ritmo di esodo delle forze di lavoro occupate nel settore agricolo è risultato notevolmente superiore rispetto a quello previsto per il futuro (5,3% contro 2,8%); nel 1961, epoca dell'ultimo censimento demografico di cui abbiamo a disposizione i dati, 114.461 unità di popolazione attiva agricola, pari al 44% della complessiva forza di lavoro agricola regionale, aveva già superato il 45° anno di età. Ne consegue che il semplice processo di invecchiamento naturale fa prevedere un residuo di forze di lavoro agricolo nel 1980 pari a circa 115.000 unità, inferiore quindi rispetto alle 152.000 unità previste per Io stesso anno. Da ciò si può constatare che l'assunzione degli obiettivi proposti richiede l'immissione di nuove leve di lavoro nel settore agricolo pari a circa 37.000 unità, per sopperire alle perdite conseguenti al processo naturale di invecchiamento e inoltre l'immissione del contingente n~cessario per sostituire la forza di lavoro che si indirizzerà dall'agricoltura ai settori non agricoli. Si tratta quindi di un'ipotesi più che prudenziale che prevede la necessità di un rallentamento nel ritmo di esodo attuale della forza di lavoro agricola; rallentamento che è condizionato, oltre che dal prevedibile aumento delle possibilità di reddito, anche daIIa necessità di promuovere, nella campagna, condizioni di vita sociale 1nigliori delle attuali e di arricchire quel capitale fisso, civile ed ambientale, alla cui deficienza si possono attribuire le cause principali dell'attuale esodo deIIe forze di lavoro occupate in agricoltura. ANTONIO PERNA Gli accordi petroliferi La breve ma tormentata storia dei rapporti tra paesi detentori e paesi consumatori delle risorse petrolifere (o, più propriamente, fra Stati produttori e compagnie internazionali di dimensione oligopolistica) si compendia 42
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