Giornale a più voci sviluppare l'obiettivo della navigazione interna intesa a stìn1olare, ove possibile quelle forze latenti, capaci di attivare processi economici dì scambio, di produzione e di consumo. Infatti le infrastrutture idroviarie, se opportunamente previste, possono consentire trasporti di prodotti a costi competitivi e provocare localizzazioni industriali lungo il loro percorso. E beninteso tale percorso non va identificato, come si è soliti fare, con il solco topografico dell'idrovia, ma va identificato anche, e soprattutto, con gli itinerari che attraverso il mare possono coJlegare le zone ricadenti nelle aree di influenza dei porti marittimi, sia italiani che esteri. Scaturisce da qui la possibilità di sviluppare con i moderni battelli fluvio-marittimi un traffico idroviario la cui entità sfugge ad ogni tentativo di previsione e però dà la certezza di una rinnovata validità, e più precisamente di una evoluzione, dei trasporti idroviari per il più naturale sfruttamento di essi attraverso i mari. La localizzazione in taluni punti cruciali della nostra penisola di porticanale, alla confluenza dello sbocco in mare delle vie navigabili interne, potrebbe contribuire al cennato decentramento industriale, a favore di aree depresse, e costituirebbe certamente una infrastruttura al passo con le moderne esigenze dei trasporti. Alla politica in atto di ammodernamento dei porti andrebbe, quindi, utilmente congiunta una politica di costntzione o di potenziamento di porti-canale. In Italia insieme alla necessità di più organici insediamenti industriali vi è un impellente bisogno di nuovi approdi, veramente efficienti ed a livello europeo. Difatti, in questi ultimi decenni due importanti eventi hanno modificato in modo sostanziale la fisionomia tradizionale dei porti: l'insediarr1ento nel loro ambito di grandi complessi, come le industrie di base, a ciglio di banchina; ed il progressivo gigantismo navale, in primo tempo limitato ai trasporti marittimi di greggio, oggi generalizzato per tutte le merci a mezzo delle navi porta containers, che ha portato ad una riduzione dei già relativa1nente bassi costi del trasporto marittimo. Il porto è una infrastruttura determinante per lo sviluppo economico di un Paese come il nostro, che ha un interscambio via mare molto alto. Ma gli aspetti più interessanti sono sicuramente quelli riguardanti la struttura fisica del porto e la sua posizione geografica nei confronti dei grandi mercati di consumo e di produzione del retroterra. Ovviamente la necessità di usare il porto come un luogo di stoccaggio delle merci in transito ha posto il problema dello spazio, sia in metri lineari di banchina che in metri quadrati di superficie: in proposito si calcola che l'area da acquisire per un terminal di media importanza sia di almeno 50 ettari. La mancanza di spazio è alla base della carenza dei porti italiani, in quanto tutti, ad eccezione di Venezia, Ravenna e Livorno, soffrono di questo problema; siamo, insomma, ben lontani dai 6 terminals per navi-containers del porto di Anversa e dei porti ugualmente attrezzati di Rotterdam, di Amburgo, di Brema. Ecco. quindi, l'importanza di coordinare lo sviluppo dei porti tradizionali e dei porti-canale, collegati alle idrovie: questi ultimi conseguirebbero il duplice scopo di alleggerire il traffico nei congestionati porti già esistenti e di consentire, se opportuna37
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