GIORNALE A PIU' VOCI I problemi della navigazione interna È lecito domandarsi all'inizio degli anni settanta se le idrovie entreranno a far parte decisamente della realtà italiana dei prossimi dieci anni, accanto ad altri più a.ff~rmati tipi di trasporto, quali quelli autostradali, aerei, ferroviari. Noi crediamo che alla domanda si potrà dare una risposta affermativa solo a condizione che per il prossimo decennio venga ampiamente ridimensionata la politica idroviaria italiana, fin qui perseguita, e venga abbandonata quella tradizionalistica visione che, da un lato, configura la nostra realtà idroviaria costituita dal solo « asse padano» e, dall'altro, vuol risolvere i nostri particolari problemi con lo stesso metodo adottato da altri Paesi, prettamente continentali. Da questi ultimi se possiamo trarre utili esempi per quanto attiene alla validità di molte infrastrutture già operanti non possiamo trarre indicazioni per le scelte programmatiche di fondo sulle quali impostare e sviluppare una politica idroviaria che in Italia deve tenere presente la specifica condizione di nazione peninsulare « troppo lunga e troppo esile», ove il Tirreno e l'Adriatico assolvono congenitamente una funzione di assi di sviluppo, o meglio di « assi di equilibrio » naturali. Tenuto conto, poi, che agli scambi con l'estero mirano oramai buona parte delle nostre grandi e medie industrie e considerando che ogni 10 tonnellate di merci esportate dall'Italia, circa 6 partono dai porti, e che ogni 10 tonnellate importate, 9 arrivano via mare, la validità del nostro sistema idroviario consisterà proprio nel raggiungimento di una soddisfacente coordinazione dei seguenti tre elementi: porti, idrovie, industrie. Bisogna, inoltre, rilevare che in questi ultimi tempi si vanno intensificando le istanze di gruppi politici e di operatori economici per la realizzazione di idrovie alcune di antica altre di recente concezione. Queste istanze non solo si rivelano basate su una visione unilaterale dei problemi idroviari, ma si esprimono in entusiastiche affermazioni di principio che non tengono conto di quegli indispensabili elementi di politica economica che soli possono giustificare, nel momento attuale, l'impegno di decine ed anche di centinaia di miliardi in opere idroviarie. Così i maggiori ostacoli _alle possibili realizzazioni in questo settore sono posti proprio da coloro che con le loro istanze particolaristiche si affannano a battere il chiodo dell'asse idroviario settentrionale e delle sue ramificazioni, tanto che l'asse continua a rimanere affossato per tutta la sua lunghezza e buona parte dei suoi rami. Se andiamo un poco indietro negli anni possiamo notare come il decreto ministeriale del 6 Novembre 1931 comprendeva ben 75 linee idroviarie per un totale di 4.245 chilometri. Come è evidente si era giunti a concepire una rete navigabile invero notevole, a beneficio di tutte le regioni: il che sta a significare che anche i corsi d'acqua più torrentizi e tortuosi furono considerati suscettibili di un'utile navigazione. In quell'epoca si dovette confidare in un 33 BibliotecaGino Bianco
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