Nord e Sud - anno XIX - n. 153 - settembre 1972

Tullio d'Aponte gere all'unica conclusione logica che il tipo d'impostazione seguita dal discorso iniziale con1porta, e cioè che le aree chimiche dell'etilene diventino i poli d'attrazione della chimica fine. Ciò, ovviamente, non significa che con un colpo di bacchetta n1agica l'etilenodotto possa riuscire a recuperare all'industrializzazione chimica intensiva ambiti territoriali privi di altre infrastrutture generiche e specifiche; ma sarebbe oltremodo strano se, una volta che il Mezzogiorno avesse accettato di sostenere l'onere finanziario ed ecologico derivante dall'ubicazione dei centri di steam-cracker, la programmazione dovesse fallire nelle ulteriori azioni programmatiche di promozione della chimica fine e se gli ostacoli ad una politica meridionalista di quelle localizzazioni dovessero sopravanzare i vantaggi precostituiti con la realizzazione delle aree chimiche delle produzioni di base. In questo caso, sia i progetti speciali che i progetti pilota dovrebbero misurarsi con la loro stessa capacità di aderenza alle nuove realtà produttive che si vanno delineando nelle regioni meridionali e la politica degli incentivi dovrebbe essere ripensata in funzione di una consistente azione promozionale in favore della media e piccola industria. Perché bisogna armai convincersi che nella geografia dell'industria italiana le scelte meridionaliste dello sviluppo industriale sono la conseguenza di un'esigenza dell'economia nazionale e un correttivo alla congestione industriale del CentroNord: se nel Mezzogiorno si riesce a creare consistenti fattori agglomerativi per lo sviluppo industriale, ne~ resto del paese si potrà arrestare la tendenza alla degenerazione della concentrazione in forn1e patologiche di congestione. L'atteggiamento dei maggiori gruppi industriali del settore chimico di fronte alle azioni programmatiche promosse dal piano chimico destano vive preoccupazioni; non solo e non tanto per la mancata adesione alle maggiori novità contenute dal documento sul piano della cooperazione, quanto per l'interpretazione unilaterale del progetto che ciascun gruppo va sostenendo, impegnandosi in un braccio di ferro, con gli avversari e con il CIPE, inteso a spuntare considerevoli vantaggi finanziari dall'applicazione delle procedure d'incentivazione. Ma c'è di più: se per la SIR la sperimentata tecnica della formazione di innumerevoli società di comodo, capaci di far lucrare i più elevati coefficienti di finanzia1nento agevolato e di contributi a fondo perduto, è sempre riproponibile, per la MONTEDISON il piano chimico è ben qualcosa di più. Infatti, prigioniera di 20

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