I resti del piano chi111ico luppo del settore condotte dagli stessi produttori. Poco male: se, nel gioco delle parti, tutti i protagonisti sono concordi nell'assegnazione dei ruoli, non importa se la regia si sia dovuta affaticare di più o di meno, sempre che la recita soddisfi! Accertata la rispondenza dei traguardi produttivi, anche se non sempre il riferimento temporale possa essere valido, specialmente nel breve periodo, c'è da chiedersi se la maggiore quantità di etilene necessaria al fabbisogno dell'industria manifatturiera entro il 1980 poteva essere totalmente, o in gran parte, acquistata all'estero. È questa un'ipotesi che va esaminata, anche se ovvie considerazioni di carattere economico generale, relative al significato strategico della libera disponibilità di materia prima, potrebbero far crollare qualsiasi perplessità e fugare definitivamente ogni dubbio. Senonché, l'Italia, già attualmente, nella chimica fine e nella parachimica, è fortemente tributaria dell'estero e soffre di una composizione molto sfavorevole della bilancia commerciale, per quanto attiene i rapporti di quantità e valore delle voci d'importazione ed esportazione dei prodotti chimici. Pertanto, dirigendo gli investimenti nei settori ad alto valore aggiunto delle produzioni, in cui oggi, almeno in parte, dipendiamo dai mercati esteri, si potrebbero realizzare consistenti vantaggi economici; e si potrebbe anche rafforzare, per te1npo, la struttura produttiva del settore chimico, proprio nei comparti ove maggiore è il ruolo svolto dalla competitività internazionale delle produzioni realizzate. Senonché, a parte il fatto che la struttura produttiva della chimica di base europea - sulla quale abbiamo riferito nel numero precedente di questa rivista - sembra maggiormente orientata in senso di gestione consortile degli etilenodotti, colleganti produttori ed utilizzatori, l'onerosità del trasporto e le difficoltà di stoccaggio dç!ll'etilene, sono fattori preminenti che, nelle ipotesi suggerite dall'Ufficio del Programma, impediscono assolutamente di pensare a mercati distanti. Proprio queste asserzioni, estremamente esplicite, contenute nel documento, e sulla validità delle quali farebbe bene a pronunciarsi l'economista dei trasporti e l'ingegnere industriale, mentre confermano la validità delle ipotesi di sviluppo degli steamcrackers, contribuiscono a delimitare i rischi di un difficile rap-. porto d'integrazione tra localizzazioni della chimica di base e attività n1anifatturiere. Perché, se l'antieconomicità del trasporto e le difficoltà di stoccaggio conducono alla logica delle aree chimiche interconnesse, non è concepibile che dall'ultimo anello della catena si eviti di giun19
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