La libertà « ridefinita» all'indifferenza verso le cose esteriori che non dipendono da noi (e sulle quali quindi siamo « incompetenti»), verso tutto ciò su cui la volontà umana non può influire, come per esempio la morte propria o quella dei familiari (è celebre l'invito a considerare la morte della moglie alla stregua della rottura di una pentola di coccio). La « con1petenza » di cui parla Epitteto non ha quindi il valore empirico-pragmatico che Plebe intende darle: il quale Plebe, inoltre, se è vero il suo stesso assunto circa la « competenza », dovrebbe essere assolutamente incompetente a parlare di libertà, visto che sia la prima che la seconda delle scelte politiche da lui compiute si sono rivolte verso quelle parti che della libertà (di quella vera, senza aggettivi) non sembrano proprio sentire l'esigenza. Ascoltiamo comunque la conclusione del suo discorso: « Un parlamento costituito fondamentalmente su base corporativa potrebbe essere una via per realizzare tale libertà politica: in esso le discussioni avverrebbero tra uomini che hanno effettiva conoscenza dei problemi che affrontano e che sono quindi in grado di stabilire coscientemente quali cose è opportuno che siano affidate alla libera decisione di un gruppo di cittadini e quali ad un altro ». Sentire avanzare nell'età della tecnologia un discorso così stantìo da uno studioso che talora ha pure mostrato una certa, anche se discutibile sempre, vivacità intellettuale, lascia un'impressione quasi penosa. Si comprende chiaran1ente che con queste affermazioni sulla « competenza », diventata ormai il suo cavallo di battaglia, Plebe vuole alin1entare il qualunquismo politico di un certo strato - culturalmente fra i più poveri - della nostra società, che ritiene tutti i mali d'Italia dovuti al fatto che il ministro della Sanità non sia un medico e quello dell'Istruzione un professore (ma di quale grado: universitario, medio, oppure elementare?). Ma c'è ancora dell'altro: la formula di Plebe « competenza uguale libertà» non è solo infondata, ma addirittura l'esatto contrario di quanto lascia intendere ai più sprovveduti. « Co1npetenza », infatti, può essere garanzia soltanto di « efficienza »: n1a « efficienza » è forse sinonimo di « libertà »? o non è spesso invece il contrario? Perché uno stato può benissimo essere efficiente (facendo viaggiare, ad esempio, « i treni in orario ») e al tempo stesso tirannico: anzi, è proprio in nome dell'efficienza che spesso si giustifica la tirannia, sotto la quale non si spreca il tempo in lunghi dibatti ti parlamentari, non si perdono ore lavorative a causa degli scioperi e così via. E non è finita, ché anzi « il veleno dell'argomento » appare soltanto adesso, rivelando in quella di Plebe un'autentica teoria 13
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