Nord e Sud - anno XIX - n. 153 - settembre 1972

Girolanio Cotroneo ro »; anche a voler accettare tutto questo, dicevamo, resta aperto il problema di fondo: che cos'è la libertà politica? In un primo rnomento Plebe si limita a definirla negativamente: « La libertà politica - scrive infatti - è qualcosa di contrario e di avverso alla teoria e alla prassi della democrazia [ ...] ; sì da esser portati a dire che un'autentica libertà politica debba essere (in questo senso) antidemocratica ». E così ci siamo arrivati: la parola che fino a questo n1.omento probabilmente gli si strozzava in gola, Armando Plebe è finaln1ente riuscito a pronunciarla. Quale sia il contrario della « democrazia » è noto almeno fin dai tempi di Platone: perciò a questo punto non ci sono più dubbi (se mai finora ce ne siano stati) sul sistema politico proposto da Plebe in sostituzione di quello democratico-parlamentare. Ma il teorico della « nuova destra » non arriva al punto di esporre brutalmente la sua ultima convinzione. Perciò pone il problema in maniera più insinuante: lo si vede nel mon1ento in cui, dopo avere definito negativamente la libertà, passa a dare di essa una definizione positiva che vorrebbe essere, come abbiamo detto fin dall'inizio, la formula magica, il principio risolutivo di ogni controversia: « Un regime politico - scrive dunque Plebe - può dirsi libero se in esso i poteri sono affidati ai più competenti e se le sue decisioni legislative, giudiziarie, esecutive vengono prese in base a ragioni dettate dalla competenza, anziché in base a criteri ideologici che spesso mascherano dei rozzi giochi di potere ». Tutte le definizioni sono a questo punto superate, tutte le controversie risolte. Dopo secoli e secoli per merito di Armando Plebe sappiamo finalmente che «libertà» significa «competenza»: nient'altro. Si potrebbe a questo punto dire che, nonostante le citazioni erudite, l'autorevolezza dottrinaria che per lunghi tratti l'accompagna, il discorso di Plebe desinit in piscem, tanto sconfortante è questa conclusione. Sconfortante, ma subdola, come vedremo. Prima ancora, però, vale la pena rilevare l'infondatezza dello stesso rifed1nento storico-culturale sul quale egli la poggia. Cita infatti il Plebe una frase di Epitteto: « Chiunque abbia la volontà di essere libero, deve astenersi dal pretendere o dal rifiutare quello che non è di sua competenza pretendere o rifiutare ». Nonostante un ammiratore di Plebe abbia scritto sul Roma, in polemica con Alfredo Parente, che il teorico del neofascismo è talmente colto da leggere Aristotele in gr~co traducendolo simultaneamente in latino, la proposizione del celebre autore del Manuale è citata a sproposito. Per il filosofo stoico, infatti, il sustine et abstine non riguarda affatto la libertà politica: esso è un principio etico con il quale si vuole spingere 12

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