Nord e Sud - anno XIX - n. 153 - settembre 1972

I.a libertà « ridefinita » solo punto, l'idea di costituzione elaborata dal pensiero politico del sette e dell'ottocento non poteva certo essere assunta a segno e garanzia di libertà per tutti. Perciò, quando conviene alle sue tesi, Plebe non esita a utilizzare e accettare il discorso di Marx. Ma veniamo alla « libertà »: Plebe inizia il suo discorso con una capziosa distinzione fra libertà politica e libertà etica o psicologica. Come si vede qui ritornano gli « aggettivi » di comodo che servono per condurre il discorso alla conclusione voluta: per Plebe infatti è delle libertà « etiche » che le forze politiche si servono per giustificare la soppressione delle libertà « civili »; così, in virtù del concetto etico del « progresso » il terrorismo della Rivoluzione Francese « poté imperversare in nome della libertà »; e in virtt1 dell'astratto concetto dell'« egualitarismo » nei paesi sovietici si limita o elimina la libertà. Jl discorso potrebbe anche reggere: ma la critica di Plebe è così superficiale da renderlo vano anche quando si avvicina al vero. Infatti, pur citando frequentemente Hegel e in particolare la Fenomenologia dello Spirito trascura un punto fondamentale che si evince da quell'opera, soprattutto dalle pagine dedicate alle figure dell'Autocoscienza: cioè che la libertà non è soltanto il terminus ad quem di tutta la storia umana, ma coincide con la stessa ricerca della libertà. Che Hegel non abbia poi saputo trarre (o ha tratto in maniera inadeguata) tutte le conseguenze in1plicite nel risultato da lui stesso raggiunto, è un fatto certo: ma ciò non toglie ad esso nulla della sua validità. Ma è proprio su questo che Plebe preferisce sorvolare: perché allora dovrebbe ammettere che le idee di « progresso » e di « eguaglianza » (nei confronti delle quali sono state mosse critiche ben più acute e pertinenti che non quelle da lui proposte) se pur sono miti e entità metafisiche, nascono da bisogni e passioni morali e politiche che li configurano in quel modo: sciogliendoli dalle contingenze particolari che li alimentano, la critica li trasforma in aspirazioni reali, in incentivi concreti per il progredire etico-politico dell'uomo. Intorno ad essi, _invece, Armando Plebe preferisce esercitare una critica sbrigativa, ad effetto, liquidandoli con l'approssimativa definizione di concetti etico-metafisici della libertà, distinti dalla libertà stessa (che sarebbe invece, come vedremo, tutt'altro). Andiamo avanti: anche a voler dare per buona l'aggettivazione data da Plebe alla libertà; anche a volere ammettere che l'impulso etico sia qualcosa di diverso da quello politico (in quanto, come egli dice, « la libertà politica » dovrebbe avere « il solo scopo di permettere all'individuo di essere eticamente e psicologicamente libe11 BibliotecaGino Bianco

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