Ernesto Mazzetti e Fabio Felicetti diversi dell'Ilva hanno raggiunto l'importo lordo di centosessantanove milioni, con un aumento di trentaquattro milioni rispetto al precedente esercizio ». È detto ancora che « a Bagnoli è: da tempo entrato in funzione il terzo altoforno, è stata decisa la costruzione di un quarto altoforno di grandi capacità, è· prossima la realizzazione della nuova acciaieria Thomas, sono ultimati tutti gli impianti accessori e i serv1z1 generali occorrenti per portare la produzione dello stabilimento ai previsti quantitativi di ghisa e acciaio ». Ma una nuova bufera si abbatte sul paese, sugli uomini, sulle cose, e tutto spazzerà via: la guerra. Dopo il 10 giugno '40 i giornali, ancor più che negli anni precedenti, sono lo specchio fedele di un regime che tutto nasconde, che fa tacere le ultiine voci libere, che considera la propaganda uno strumento di difesa e di consolidamento di strutture che ineluttabilmente mostrano profonde incrinature. La censura non consente di avere un quadro obiettivo della realtà, di cio che avviene dove si combatte, in Tunisia, nel deserto d'Africa. I quotidiani, elaborati ormai su uno schema fisso che non permette arbitrii, parlano a grandi titoli di « Cassala occupata », di « I-Iome fleet insufficiente a difendere la Gran Bretagna », di « Carosello di ferro e fuoco sulle difese aeronavali di Malta, violato rifugio della flotta britannica ». Con l'entusiasmo di chi ha vent'anni, ricordano oggi gli operai più anziani, alcuni tra i più giovani compagni dell'Ilva partirono volontari. Uno mandò agli amici un saluto e una fotografia, in cui appariva sorridendo, con casco e fucile in spalla. Non se n'è saputo più nulla: scomparso in Russia nel '43. E di molti altri compagni di lavoro non hanno avuto più notizie. Non solo al fronte, ma in ogni città, in ogni casa, in ogni fabbrica ciascuno combatté molto presto la sua aspra battaglia: a Napoli ebbero inizio i bombardamenti a tappeto sul porto, sugli impianti industriali, sugli obiettivi di « importanza 1nilitare e strategica ». Il più violento, quello che provocò più lutti e distruzioni, fu il bombardamento del 23 agosto 1943. I ricordi, nei momenti di terrore, restano vivi e presenti in chi, passato l'uragano, si considera un sopravvissuto. « Erano le 5,10 del mattino - racconta un ex operaio-: si era appena udito il suono roco della sirena d'allarme e il cielo era già coperto da una nube scintillante di aerei, che tutto pareva avvolgere ... Correm1no nel rifugio, eravamo un centinaio, addetti al turno di notte ... Dopo qualche attimo le esplosioni. .. I pali di sostegno del rifugio vibravano e lasciavano cadere dal soffitto pezzi di calcinacci... La porta di tanto in tanto si spalancava e una tromba d'aria pareva dovesse annientarci in un vortice irresistibile ... Restammo lì dentro forse un'ora, due, un'intera vita ... D'improvviso il 252
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