Maria Laura Gasparini fici che affrontano e deH'amor propno con cui li affrontano per migliorare la propria condizione umana. Abbiamo fatto questa breve, ma ci sembra ·necessaria premessa, come introduzione a quello che è il tema che ci apprestiamo a trattare: quello della difficile situazione e di conseguenza del problematico inserimento dell'emigrante meridionale nel Nord d'Italia. Un paese, questo Nord, di nebbie e di freddo, dove la gente non lega e ti fa pesare la differenza; un paese, questo Nord, troppo spesso amaro, e a volte perfino crudele., per quelli che vengono dal Sud. Cominciamo comunque col cercare di raffigurarcelo, questo emigrante, al suo arrivo in quella che sarà la sua nuova città, la sua nuova patria, dopo un viaggio estenuante durato molte e molte ore, da zone molto lontane. Da un treno molto lungo, con i vagoni di prima classe che sono pochi e mezzi vuoti, e stipatissimi invece quelli di seconda, scendono uomini e donne con grossi pacchi, valigie vecchie e lacerate, spesso di cartone e di fibra, con ]a roba che « straripa», legate con lo spago. A volte c'è qualcuno a riceverli: allora sono gesti da lontano, voci che si chiamano, abbracci. Il più delle volte, invece, non c'è nessuno che li accolga. Scendono, radunano la loro roba e si guardano attorno. Il viaggio, tanto lungo ed estenuante, ma pieno di speranze e di iHusioni, è finito; il treno è alle loro spalle; di fronte hanno una città che non conoscono, grande, rumorosa, perfetta nel suo ritmo, nel suo fragore che arriva fin sui binari. Loro sono soli, hanno un pezzo di carta sporco e spiegazzato in tasca o nel portafogli: l'indirizzo di un parente, di un conoscente. Un indirizzo di una via periferica, lontanissima dalla stazione. Attraversare tutta la città sarà per loro la seconda avventura, dopo quella del viaggio, di un viaggio che non avevano mai fatto, ma che avevano sen1pre sognato di fare, su di un treno che non avevano mai visto, D).a che aveva forse rappresentato per loro più o meno consciamente un miraggio di liberazione. Ed intanto lo sgomento, dentro di loro, comincia a crescere sempre di più. Prima di partire, infatti, sono stati a lungo incerti: si riunivano, discorrevano fra di loro, si raccontavano di quelli che erano già andati via e che mandavano rade notizie. E sognavano la fabbrica. La fabbrica ha un potere evocatore e un richiamo immenso. Non l'hanno mai vista, solo immaginata e, naturalmente, con i contorni e le rifiniture quasi fiabesche; la fabbrica è per loro qualcosa da amare, qualcosa che ti dà la vita, dalla quale dipende tutto. Per la fabbrica si può affrontare il viaggio, ,le nuove abitudini, le ostiHtà inevitabili degli abitanti di questi nuovi luoghi dove ci si trova, e forse, una forma di miseria più dura e cattiva di quella che hanno lasciiato. Appena arrivato, l'~migrante meridionale non sa ancora nulla o sa assai poco. Non chiediamoci cosa ci sia dentro di lui, cosa egli provi. È troppo facile dirlo, ricamarci sopra. Quello che conta è scoprire com.e per l'emigrato questo viaggio abbia un inizio totalmente irrazionale, disperato. Non conosce nulla, non sa nulla, non ha che una voglia dentro di sé: rompere i ponti con la miseria e la fame. Ed è da qui che ha inizio il suo viaggio, da questa disperata volontà di migliorare. 86
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