Nord e Sud - anno XIX - n. 150 - giugno 1972

Tullio d'Aponte disporre di una rete di etilenodotti che, collegando tra loro i produttori, consentirebbe un approvvigionamento sicuro e continuo, anche in caso di fermo, a monte, di qualche impianto di cracking. Pertanto, la strategia del primo piano chimico può distinguersi in due diversi tempi, che potremmo definire delle cose da farsi e delle relative, auspicate, conseguenze. Evidentemente, se non si stabilisse uno stretto nesso di conseguenzialità tra le scelte ubicazionali della chimica di base e quelle della chimica fine, la stessa strategia del piano si ridurrebbe ad una mera esercitazione accademica. Perché è chiaro che la chimica dell'etilene, da sola, non potrebbe incidere che in misura modesta sulla ricomposizione degli squilibri territoriali, qualora la chimica manifatturiera, a più elevato valore· aggiunto e a più alta capacità di assorbimento della manodopera, non si diffondesse nel Mezzogiorno secondo quell'elevato tasso di agglomerazione che la presenza « attrezzata » di materia prima farebbe sperare. Non convince, quindi, né la casuale primogenitura del programma di promozione della chimica di base, né il silenzio che ancora oggi circonda il piano per la chimica fine, senza il quale è come se lo stesso piano chimico non esistesse. Infatti, se è vero, come sostengono gli uffici del Programma, che l'urgenza di predisporre un piano per l'etilene si giustifica con l'esigenza di evitare irrimediabili errori di localizzazione e porre un freno al rischio di vedere accresciuti i casi di impianti sottodimensionati (anche perché già esistevano richieste di autorizzazione per cospicui investimenti), è pur vero che proprio nel settore della chimica manifatturiera è altrettanto urgente mettere ordine, così come recenti episodi, legati alle vicende finanziarie e di gestione del maggiore complesso chimico italiano, stanno chiaramente a dimostrare. Purtroppo, allo stato attuale, l'Ispe ha ancora in corso di svolgimento le procedure preliminari necessarie all'elaborazione di un documento reso difficile dalla presenza di quasi cinquemila aziende operanti nei vari rami della chimica manifatturiera. Inoltre, per il settore farmaceutico tutto è fermo, negli uffici del Programma, dove non ci si nasconde una giustificata preoccupazione per gli impedimenti derivanti dal sempre più lento iter della riforma sanitaria. Sull'altro fronte, quello delle aziende, l'atteggiamento più allarmante viene dalla Montedison, che con un « pacchetto » particolarmente pesante di richieste, comunque le si consideri, pone un' onerosa ipoteca sullo stesso futuro del secondo piano chimico. Così, mentre il piano per la chimica di base rischia di perdere 26 BibliotecaGino Bianco

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